Il 12 dicembre 2001 ci lasciava Peppino Prisco. Sono passati dieci anni esatti. Ho avuto l’onore e il piacere di frequentarlo. Ricordo, subito dopo la scomparsa, gli striscioni a lui dedicati in molti stadi, con un rispetto prossimo alla complicità . Ne avrebbe sorriso, commosso e divertito. Avete letto bene: in molti stadi, non solo a casa Inter. L’avvocato Prisco è stato alpino astemio e interista oltre il midollo, innamorato pazzo di Meazza e di Ronaldo; aveva il dono, raro, dell’ironia. Non rideva degli altri: rideva con gli altri. Stile e stiletto, per usare un’immagine cara a Giovanni Arpino.
Dal cilindro della famigerata lattina di Moenchengladbach cavò fuori la ripetizione di una partita di Coppa dei Campioni che, sul campo, l’Inter aveva perso per sette a uno. Nel difendere Alvaro Recoba dal pasticciaccio brutto del passaporto falso, chiese clemenza alla corte per «manifesta pirlaggine» dell’imputato (obiezione, vostro onore). Sapeva, l’avvocato, del mio tifo per la Juventus e mi considerava un giornalista «pericolosissimo», perché – a volte – riconoscevo il furto ma non restituivo la refurtiva.
Prese parte alla campagna di Russia, tornandone vivo per miracolo, fu dirigente e, dal 1963, vice presidente dell’Inter. Detestava i certificati di santità o eroismo, gli piacevano i piccoli grandi peccati della carne che portano a battere la Juventus o vincere un derby su rigore inventato al novantacinquesimo. Il 10 dicembre avrebbe compiuto novant’anni. Sotto Natale, lo chiamavo per gli auguri. Mi rispondeva così: «Auguri anche a lei, e ai suoi cari. Tutti, tranne undici». Pausa. «In via eccezionale, date le circostanze e il clima di festa, anche a loro».
Lo immagino lassù, fra le nuvole, seduto con gli Agnelli attorno a un tavolo. Né della pace né della guerra.
Buongiorno Beck, un punto guadagnato o due persi?
Ma scusate, ma a questo mondo muoiono solo gli interisti? No perché a volte a leggere in giro, un leggero dubbio ti viene. E appunto, nel dubbio dico che é molto meglio essere juventini.
Troppa grazia Roberto, non merito tutta questa considerazione. E poi faccio il bravo perchè siamo a casa tua…..
E comunque se il blog fosse Mackisontrack non ci scriverebbe nessuno…. (tranne, forse, Riccardi Ric)
Ragazzi ,Prisco non era un amico era un “ottimo” nemico, ci avrebbe fatto la guerra . Ma aveva e avrebbe avuto stile e ironia e non è poco.
Luca, lo avevo capito. Non creda: quando parlo di un personaggio pubblico in termini sportivi, sbircio sempre, diciamo così, la sua “fedina”. Detesto i santi o gli erori honoris stampa. Tutto qui. Poi, è chiaro, lo sport è il territorio della mia caccia. Salvo crimini clamorosi o rumorosi.
Beck , il mio non era un tono polemico, ci mancherebbe che vado a fare il moralista.Sull fascino degli scandali della Prima repubblica e dintorni sarà che uno li vede da più lontano ma lo dicevo seriamente.
(non vorrà mettere Il Venerabile con il tenente colonello Auricchio).
Prisco per intenderci a me stava simpatico, la battuta che lei ha riportato ad esempio è bellissima.
Signor Axl Rose, la satira, l’ironia devono avere la lama affilata, sennò sono banalità . Non dimentichi che, come ho scritto, Prisco era un uomo di parte, e non ha mai negato di esserlo.
Beh, sig.Beccantini, la battuta sulla conta delle dita, dopo aver stretto la mano ad uno juventino, mi è sempre sembrata di dubbio gusto, specialmente fatta da chi aveva vissuto l’epopea di Moratti sr., ma de gustibus……………..
Era di parte, caro Laleggeccetera. Ma in un modo che, almeno per i mie gusti, non disturbava l’altra parte.
Lo conosceva così bene che non ha un idea ? Si sarebbe preso in giro da solo e non avrebbe ceduto di un millimetro. Alla fine è sempre un interista