Noi italiani siamo proprio speciali. Vorremmo occupare le piazze e fare la rivoluzione senza nemmeno sporcarci il colletto della camicia. La lotta al razzismo è dura, sporca, cattiva. Sull’onda emotiva del caso Boateng (Busto Arsizio, gennaio scorso) si è passati dalla tolleranza mille alla tolleranza sotto zero, da un eccesso all’altro: un classico.
L’indignazione di Adriano Galliani contro i cori di discriminazione territoriale che hanno fatto chiudere San Siro (contro i cori, non contro i coristi), riassume e incarna l’eterno conflitto tra regole ed eccezioni. Maurizio Beretta, presidente-barboncino della Lega, ha subito opposto un fiero e sedegnato «sì, cambiamo la norma». E’ stata l’Uefa di Michel Platini a indicare la strada, ne sa qualcosa la Lazio. Giancarlo Abete, scopertosi suo malgrado competente, non poteva che adeguarsi.
A parole, la bussola è il rispetto. Nei fatti, la bussola diventa il tifo. Un film già visto. Ripeto: se si vuole esterpirae un cancro diffuso come il razzismo e i suoi derivati («Vesuvio lavali col fuoco»), bisogna accettare anche qualche «vittima», devi mettere in conto anche qualche sentenza al limite.
«Se cinquanta (ultrà ) si mettono d’accordo, uccidono il Milan», ha dichiarato Galliani, alludendo al potere di ricatto. Peccato che per anni siano stati i Milan e i club in generale a piegare quei poteri ai propri interessi di bottega, dentro e fuori campo. Una minoranza qua, una minoranza là : et voilà la maggioranza.
Non si può tornare indietro. Sarebbe peggio. Avanti col pugnetto duro, avanti con una polizia che becchi i facinorosi stadio per stadio (se sono solo cinquanta, che problema c’è?). Evviva i Giampaolo e tutti coloro che cacciano gli ultrà dagli spogliatoi.
Mi auguro che il nuovo confine non venga tracciato dall’udito dei dirigenti o dall’audio dei filmati. Fanno testo le orecchie degli ispettori federali. O sono «territoriali» anche quelle?
Gentile Salvadore, oportet ut scandala eveniant. Tutto già scritto, provo noia (e nausea) a notare come sia difficile rimorchiare e cambiare questa Costa Concordia di Paese. Teniamo duro!
Primario, lei sta travisando. E si sta pure infervorando. Contento lei…
Gentile Runner68, lo immagino. Grazie a lei per aver scelto questa Clinica.
gentile primario, assolutamente no infatti prima dell’articolo ho scritto: tutto come previsto.
Gentile Fabrizio, buon giorno. Caso per caso: dove c’è connivenza, colpirle duro. Dove c’è lotta alle ingerenze, appoggiarle. Il caso Brescia mi sembra significativo del potere che ancora certe schegge del tifo detengono perché si permette che lo detengano. E vogliamo parlare di Benevento ed Evacuo? Altra cosa, i cori: certo.
Non ci piace la legge (esagerata)? Cambiamola. La logica suggerisce di non farlo a stagione in corso, ma è già stato fatto qualcosa di simile nel 2001, su tutt’altro genere di argomento, avanti pure.
Scritto da Roberto Beccantini il 9 ottobre 2013 alle ore 12:33
Grazie Primario, sono onorato!
Gentile Little Lions, sul prezzo di Ogbonna concordo. Sul razzismo, tutti dovrebbero prendere esempio dalla Juventus che scelse – per sbaglio, ma scelse – i colori bianco e nero. Non bianco “o” nero. Bianco “e” nero. Ne sono orgoglioso.
Beck, ma concretamente che cosa dovrebbero fare le società contro costoro? Le società di calcio non hanno, come missione e competenze, quella di mantenere l’ordine pubblico o far rispettare le leggi. Che cosa si pretende che facciano? L’unica cosa che mi viene in mente è che, se vengono riconosciuti come autori del gesto i membri di un certo club, scatti una diffida e in seguito che la società neghi l’abbonamento a tutto quel club. A parte l’ingiustizia verso i tifosi normali appartenenti a quel club, la cosa non risolverebbe necessariamente il problema, perchè il facinoroso o il razzista si può abbonare anche individualmente. E allora cos’è che le società di calcio possono fare che la polizia non possa? In questa storia ci perdono solo le società e i tifosi normali, ci si indigna e si sanziona ma non mi è chiaro cosa ci si aspetta che Juve, Milan, Catania ecc. facciano.
In effetti Primario sta storia che anela di vivere a Kabul è un pò provocatoria! Potevo essere d’accordo con lei se diceva L’Avana…
Gentile Runner68, lei ha fotografato l’Italia. Sono orgoglioso di averla tra i miei Pazienti.