Non è mai troppo Tardiff

Roberto Beccantini9 maggio 2017Pubblicato in Per sport

Seconda finale in tre anni, la nona assoluta tra Coppa dei Campioni e Champions. Non è mai troppo Tardiff per riconoscere i meriti della Juventus (società, squadra) e di Allegri. Di quest’ultimo, soprattutto. Il cambio di modulo tra Fiorentina e Lazio fu decisivo. Non cambiò tutti, il tecnico: cambiò tutto.

Restava il Monaco, già battuto all’andata lungo l’asse Dani Alves-Higuain. Questa volta ha risolto l’asse Dani Alves-Mandzukic. Il brasiliano «chiude» le semifinali con tre assist e una volée d’alta scuola. Per un intero girone sembrava un turista. A Marassi, contro il Genoa, si ruppe un perone. Il profumo di Champions l’ha rigenerato. Potrebbe giocare mezzala, non solo ala.

Per settanta minuti, Juventus brillante e sciupona: saranno state almeno cinque le palle gol sprecate o salvate da Subasic. Il Monaco era partito benino, salvo allungarsi troppo e cedere porzioni esagerate di territorio. Il gol di Mbappé appartiene al pisolo che persino Omero, «quandoquidem», si concedeva.

Su tutti, Dani Alves e Mandzukic (occhio ai gomiti, però), poi Bonucci e Chiellini. Molto si è adontato, Higuain, per una «passeggiatina» di Glik, da prova tv, che avrebbe meritato il rosso. I derby non finiscono mai. In generale, salvo quell’inizio un po’ così e quel finale un po’ cosà, un altro pugno sul tavolo.

Ricapitolando: finalista di Champions (il 3 giugno), a un punto dal sesto scudetto consecutivo (domenica a Roma), finalista di Coppa Italia (mercoledì prossimo con la Lazio). Con il Real al Millennium stadium sarà un’altra storia, l’unica che rimarrà nella memoria, ma intanto Madama si gode il merito e il privilegio di esserci. E dal momento che, almeno per me, questa era e rimane meno forte di quella di Berlino – a centrocampo, in particolare – aver azzerato il gap tra pratiche domestiche e impegni esteri non sarà un’impresa ma rende l’idea: in Europa non è più diverso.

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