Hombre vertical

Roberto Beccantini24 aprile 2018Pubblicato in Per sport

A me piace questo calcio: verticale, essenziale. Lo straordinario calcio «parziale» di Klopp, che in Europa non ha mai vinto. Mi piace più del tiki-taka di Guardiola, che in Europa ha vinto e rivinto. Klopp tende a trasformare buoni giocatori in fenomeni. Guardiola è diventato un fenomeno «anche» per i fenomeni che aveva (Messi, Iniesta, Xavi).

Scritto che questa volta non sono stati episodi come al Nou Camp ma molto di più, il risultato di Anfield è un macigno al quale la Roma – come nel 1984 contro il Dundee United e come nei quarti con il Barcellona – dovrà rispondere con un altro 3-0. Non escludo che Di Francesco, celebrato per la difesa a tre anti-Messi, verrà sbranato per averla rifilata (all’inizio, almeno) al tridente leggero dei rossi: un disastro, Juan Jesus. Eppure la Roma si era alzata dai blocchi da squadra matura: controllo del traffico, traversa di Kolarov, avversari bloccati ai valichi. Piano piano, il Liverpool ha cambiato marcia, ha accentuato il pressing, ha estratto da ogni palla rubata furibondi contropiede. Un pacco di gol e la sensazione che potesse finire peggio, molto peggio.

La rinuncia a Salah, sul 5-0, è stata un segnale. Il Liverpool si è seduto, la Roma si è alzata: la rete di Dzeko e il rigore di Perotti hanno, così, fissato un tabellino strano, quasi una elemosina. Rimangono, nella memoria, le folate del Liverpool. Inimmaginabili, dalle nostre parti, per ritmo e precisione. Doppiette di Salah e Firmino (il secondo di testa, addirittura) e acuto di quella cicala impunita di Mané. You’ll never walk alone: per amore, per forza, per tutto.

Salah, parliamone. I due gol e i due assist portano il bottino stagionale a 43 e 13. La differenza l’ha scavata lui. Nella Roma era Cristiano Ronaldo fino al momento del tiro, poi si perdeva e tornava Salah. Klopp l’ha trasformato in uno spietato pistolero. Al Chelsea «sfuggì» persino a Mourinho. Nessuno è perfetto.

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