Nel giorno in cui a Londra ci si sposa, a Torino si divorzia. Applausi e lacrime là, lacrime e applausi qua. Le «monarchie» hanno riti eterni. A 40 anni, Gigi Buffon lascia la Juventus (ma non il calcio, forse). E’ stato uno dei portieri più grandi di tutti i tempi, reattivo ed esplosivo; ha attraversato due secoli, ha cavalcato la laboriosa evoluzione del ruolo, è stato campione del Mondo con la Nazionale e nove volte campione d’Italia con la Juventus. Ha aggiornato il record d’imbattibilità (e molti altri), ha sfiorato l’Europeo e la Champions, perché in ogni Achille deve esserci per forza un tallone: piace alla storia.
Fuoriclasse assoluto in campo, più fuori che classe in privato (direttamente da Oscar Wilde: «Le follie sono le uniche cose che non si rimpiangono mai»). Sintesi mirabile della scuola inglese, che da noi si identificò in Dino Zoff, e della «fantasia» latina (penso, sempre in chiave italica, a Ricky Albertosi).
Ebbi la fortuna e il privilegio di vederlo esordire in Parma-Milan il 19 novembre del 1995. Aveva 17 anni. Come Zoff, si è arrampicato fino al secondo posto del Pallone d’oro. Quando si parla di portieri, la memoria corre a Lev Jascin, l’unico ad averlo conquistato, il «numero uno» con il quale ci confrontiamo per fissare classifiche, gerarchie, podi: erano altri tempi, e paragonare giocatori e squadre di epoche diverse non è mai facile, non è mai delicato (Gianni Clerici dixit).
Si arriva in fondo – emozionati, sfiniti – dopo aver saccheggiato tutti gli aggettivi e tutte le iperboli. Il problema è che in «fondo» arrivano anche loro, soprattutto loro: Alessandro Del Piero, Andrea Pirlo, Francesco Totti e adesso Buffon.
Dal 28 agosto 2001 e Juventus-Venezia 4-0 al 19 maggio 2018 e Juventus-Verona 2-1: gli auguro di trovare la sicurezza che ha sempre trasmesso alle sue squadre.
Oggi pranzo allo Stadium con dieci persone, cinque delle quali, dopo che al brindisi auguro alla Juventus un nuovo allenatore, mi dicono “Ma cosa dici! Quattro anni, doblete, due finali champions, la rava e la fava”. Questo all’antipasto.
Quando arriva la tagliata di manzo: “Minchia, però hai ragione”
E ora che succederà alla “fabbrica di scudetti ” della Juventus? In Italia la concorrenza davvero più credibile (Roma soprattutto per forse un cambio di mentalità degli ultimi mesi e Napoli dei chiagni e fotti ma che hanno giocato davvero bene, le milacinesi invece ormai non sai se fanno ridere o piangere) dovrebbe iniziare a capire come battersi non solo sul mercato ed economicamente ma anche a livello di organizzazione tecnica. L’emblema è stato l’anno più a rischio dei quattro finora gestiti da Allegri, ovvero quello della rincorsa dopo l’avvio disastroso, beh se lì non vince una Roma o un Napoli interrompendo l’egemonia dell’avversario, allora bisogna lavorare meglio. Noi pero’ da luglio prossimo saremmo ancora in mano a un non allenatore/gestore (era scontato che rimanesse e mi meraviglia leggere di chi sperava il contrario), che forse è più bravo a parlare in conferenza da cazzaro che non ad allenare giovani e insegnare modi credibili e godibili di vincere. Anche ieri in conferenza stampa, chapeau per l’accenno al riconoscimento dei meriti della Juventus in questo ennesimo scudetto, ma anche una serie di litanie copia incollate e da sfinimento (nostro). Preferisco non riferirmi a Marotta e il suo staff perché ci sono varie dinamiche da considerare, di certo ci aspetta un altro mercato che volente o nolente dovrà fare i conti con tante magagne ed equivoci (il portiere titolare quale sarebbe dopo 17 anni, il ruolo di Dybala, lo svecchiamento della difesa, il centrocampo potenzialmente da rifare quasi in toto, ecc.), però guardando al campo oggi, nel saluto ai grandi della vecchia guardia come Buffon e Lichtsteiner, ho avuto la netta sensazione che davvero stavolta sarebbe opportuna una nuova versione tecnica della Juventus, e ci sarebbe bisogno di un nuovo tipo di vero allenatore, mentre molti continuano a dire che di meglio oggi del livornese non c’è, per vari motivi e per come oggi la Juventus si colloca… e io puntualmente resto scettico e anche un po’ nauseato dallo spettacolo sul rettangolo verde che viene puntualmente offerto negli ultimi tempi. Quest’ultimo scudo è lampante di quello che penso da tempo: hanno molti più meriti determinanti il 9 o il 10 con i loro gol (seppure non abbiano disputato la loro migliore stagione) nei momenti chiave o altri singoli come per esempio Douglas Costa nel girone di ritorno, che non un allenatore sopravvalutato che percepisce uno stipendio immeritato, tra i vari esempi nella storia del calcio moderno. Concludo con due nomi di calciatori che spero siano i motori protagonisti di una specie di nuovo corso juventino: Bernardeschi e Bentancour.
-:))
Fabrizio sei un grande paraculo
Seru tituli
Bella finale.molto inglese soprattutto nel secondo tempo quando le squadre si sono allungate causa stanchezza.Conte lascia con due titoli in due anni,il rapporto con la dirigenza e’inesistente ma la maggior parte dei giocatori e la stragrande maggioranza dei tifosi sono con lui.oggi i blues hanno vinto con il cuore molto piu’che con la tattica o la tecnica.
Mourinho sera tituli.
Basta dire che malgrado il figlio si annoiasse Fabrizio ha fatto carte false per essere nello skybox oggi pomeriggio.
Scritto da Alemichel il 19 maggio 2018 alle ore 20:25
Qualsiasi cosa, per i figli ;-))
Per tutti quelli ch prevedono un calo di interessa per la juve parlano le immagini di piazza castello e via po.
Possiamo criticare JE AA Marotta Allegri Mandzukic e Kedira ma è avidente che abbiano ragione loro.
Basta dire che malgrado il figlio si annoiasse Fabrizio ha fatto carte false per essere nello skybox oggi pomeriggio.
Cari miei noi parliamo bene (ma?) ma razzoliamo male.
Infatti mi piacerebbe avere di nuovo l’abbonamento per il prossimo anno.
#MY7H
Lex incoppa d’olinghilterra la var cè ma quelli so stavano bevendo i fruttini.
Superciuk :-))
Lui era l’unico dei papabili a partire non convocato… vedremo!
Comunque devo dire che ho percepito un’aria tiepida per il bradipo, mentre la curva idolatra Manzo, a dimostrazione che non sempre essere costantemente presenti allo stadio significa capirci qualcosa.