Scusate se…

Roberto Beccantini17 giugno 2018Pubblicato in Per sport

Scusate se continuo a chiamarli contropiede e non ripartenze, scusate se mai e poi mai avrei immaginato che le nuvole del Messico potessero far prigioniero il cielo tedesco. E invece è successo, gol di Lozano (in contropiede manovrato) e poi quel catenaccio che non si chiama più così ma sempre catenaccio è, come la guerra non si chiama più guerra ma sempre guerra rimane.

Giù il sombrero davanti ai fanti di Osorio, perché quando si batte la squadra campione del Mondo, altro non resta. Ma attenti pure ai funerali anticipati, alle condanne sommarie: la Germania è sempre la Germania. Anche se, confesso, era da anni che non la vedevo così poco Germania, così lontana dai livelli sfiorati con Klinsmann e toccati sotto Loew.

Sembrava, la Cermania, la spiderina del Sorpasso in mano a Gassman e Trintignant, in balia dei venti e delle sgassate, leggerina, arrogantina, sbilanciatina. Lo schianto era ineluttabile. Herrera e Vela, Lozano e il Chicharito Hernandez l’hanno cucinata in velocità, tanto gli avversari si sporgevano dal davanzale, e se impieghi contemporaneamente Kroos, Khedira, Ozil, Draxler, Muller e Werner o segni o segnano. Metà scienza e metà riffa, il calcio non è poi tanto difficile da tradurre.

Non che Ochoa abbia dovuto fare miracoli. Il destino gli ha dato una mano nelle mischie, in certe barbe al palo, come si diceva una volta, ma ancora più del destino gli è sono state amiche le processioni dei bianchi, noiosissime, alla perenne caccia di un pertugio, di una scintilla, di un episodio.

Nel 2014 c’era Klose. Werner si farà, ma non lo è ancora. E Mario Gomez ha bisogno di gruzzoli, non di spiccioli. La punta di peso è un’arma. Come il contropiede. Che Hummels non ha mai arginato, abbandonato com’era. E non è che, uscito il mai entrato Khedira, la Germania abbia cambiato marcia. Era calata la ola messicana. E allora, catenaccio.

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