E’ stata una finale come tante vinta da una squadra con una storia come poche: il Liverpool Football Club. Di solito, i gol-lampo le sbloccano. Il rigore di Salah l’ha invece imbottigliata. Troppo largo, il braccio di Sissoko, per invocare la clemenza del tocco sul petto. E così, dopo Sarri, anche Klopp si toglie l’etichetta di «divertente di insuccesso»: fra i rari galantuomini in circolazione, ci è rimasto il tempo.
Il Tottenham è cronaca, il Liverpool tradizione. La sentenza – obesa solo nello scarto – altro non ha fatto che ribadire il concetto: nove finali e sei Coppe dei Campioni-Champions League, i Reds; una finale, gli Spurs. Al Wanda c’erano pochi inglesi, in campo, ma molto all’inglese, paradossalmete, si è giocato. Lanci lunghi di qua, lanci lunghi di là . Immagino il caldo, le tre settimane di vuoto, la tensione: ho quasi rimpianto il secondo tempo di Chelsea-Arsenal.
Sono venuti a mancare i tenori: Firmino (sostituito poi da Origi, autore del 2-0: quando si dice il c…alcolo), Salah, Alli, Kane, Son, lo stesso Eriksen. Non Mané, però, il più vivo. Mi sono piaciuti, in compenso, i terzini: Alexander-Arnold e Robertson, Trippier e Rose. Non ha pagato, nelle scelte di Pochettino, il recupero di Kane: non solo perché Matip e Van Dijk se lo sono messi in tasca, ma soprattutto perché è costato l’esclusione di Lucas Moura, l’eroe di Amsterdam. Troppo tardi, Llorente.
Le «belle» sono spesso brutte, ed è il gioco, non un semplice gioco di parole. Come, pure in assenza di miracoli, si è colta con mano la differenza tra il Karius di Kiev e l’Alisson di Madrid. Da Sarri a Klopp è stata la stagione delle tute, non solo delle rimonte.
E adesso, scusatemi. You’ll never walk alone neppure voi, cari pazienti, così posso andare.
https://www.tuttosport.com/news/calcio/calcio-estero/premier-league/2019/06/06-57702218/il_manchester_city_contro_l_inchiesta_uefa_presentato_ricorso_al_tas/
Ossia il city
ha fatto appello per una sentenza
non ancora pubblicata
questo è veramente clamoroso
Ah se ripenso COME abbiamo perso ad Atene ed a Manchester, (giusto per citarne due a caso,con due allenatori diversi) ancora mi mordo i gomiti. E ripenso pure COME il Barca di Cruyff perse la finale contro il Milan, giustappunto.
Il punto non e’averne perse 7, il punto e’COME le ha perse.
Il punto non e’cruyff vince una sola coppa,e’COME l’ha vinta.dopo quella coppa li sono iniziati trent’anni di calcio barca che sono diventati immortalità .
e poi è vero, ogni squadra ha il proprio dna. E’ limitativo, come fa Beck, e non solo lui, interpretarlo come tarato, predisposto, tendente a vincere il campionato. “fabbrica di scudetti”. La Juve dai primi anni *70 ha sempre avuto anche ambizioni europee, respiro europeo. Quarta quanto a finali coppa campioni champions disputate (poi la storia di ogni singola finale la conosciamo), prima a vincere tutte e tre le competizioni, una fra le poche ad averle vinte tutte. Questo con i vari allenatori, presidenti, gestioni che si sono succedute, mantenendo più o meno sempre medesimo dna. Quel che è mancato sono giusto quelle maledette sette finali….sette singole partite
E cosi’ Ilicic vuole alzare i tacchi dall’isola felice Atalanta.
discorso vecchio. Tutti si ricordano dell’Olanda anche se non vinse, ma tutti ricordano l’Ajax, della quale quella Olanda era diretta emanazione, che vinse e rivinse e parecchio. Non lo so, che sia Sarri od ancor più Guardiola comunque gli andrà concesso tempo. Giusto per curiosità sono andato a controllare. Cruyff arrivò al nel 1988/1989, vinse la champions, una, nel 1992, in finale contro la Samp….
Le epoche le segnano i visionari,quelli che partoriscono idee non quelli che speculano su quelle altrui.
Brand inteso come marchio di fabbrica.come immortalità .
Beh Sacchi perse la finale del mondiale o almeno non la vinse.
Sacchi ha vinto tutte le finali europee .e internazionali. Capello no.
è cosi importante il brand? Posso capire il visionario romantico sognatore Beck che vorrebe vedere una Juve “segnare un’epoca”, che tanto di vittorie, dice lui, ne ha già viste tante. Però poi quando si parla di “brand” tutto questo romanticismo scompare. Tra la “storia” e le “vittorie”, dovessi scegliere, bah, potrei capire chi preferirebbe la “storia” (che mica significa non vincere, anzi), ma tra il “brand” e le vittorie mi tengo ben strette le seconde.