Buona Pasqua a tutti voi, gentilissimi Pazienti. Vicini e lontani, di qualsiasi fede, aggressivi o concilianti. In questo periodo di lunga e travagliata prigionia, sappiate che la Clinica continuerà a rimanere aperta 24 ore su 24. Affinché nessuno di voi si senta isolato. Questa piccola struttura nacque nel novembre del 2011 e chi la governa in nome e per conto del popolo non ha mai chiesto documenti, tessere o patenti prima di offrire le cure del caso, le terapie condivise o suggerite e solo raramente imposte. Se alzare bandiera bianca è segno di resa, sventolare il camice bianco, come da nove anni sta facendo tutto lo staff, è diventato simbolo di guerra (all’epidemia).
Mai ci sentirete dire «Se non hanno più passamontagna, che usino i foulard». Qui nessuno rimpiange Maria Antonietta, la femme fatale alla quale attribuirono la famigerata frase: «Se non hanno più pane, che mangino brioches». Qui, nel nostro piccolo, si cerca di garantirvi una degenza serena, al prezzo degli inevitabili eccessi che ogni nosocomio, suo malgrado, è costretto a tollerare, subire o infliggere.
La provocazione ha sempre incarnato il distintivo trascinante e dirimente della Clinica che intitolai a Cristiano Poster. Mia, nei vostri confronti; vostra, nei miei. Ma adesso non è il momento di abbuffarsi di Var, anche se l’ultima circolare dell’International Boar(dell) disegna fasi 2 e fasi 3 molto divertenti. Da un mese abbondante abbiamo trasformato gli arresti domiciliari in battiti resistenziali. Per la cronaca, e per la storia, sono fiero di poter dire che questo suggestivo laboratorio – grazie a voi e al vostro eclettismo epistolare – non ha mai tirato il virus al suo mulino. Il confronto è adrenalina; il consenso, oppio. Evviva l’adrenalina.
Barricati, ma non abbandonati. Sempre e comunque. E sappiate, come cantano ad Anfield, che non sarete mai soli. Buona Pasqua.
beh non direi che Ricolfi sia la voce più autorevole nella materia che stiamo affrontando. La sua “congettura” vale quella di chiunque altro. La scienza, anche statistica, sta dimostrando di non averci capito ancora molto.
o per carità. ok, Controordine, compagni. Tutti a cantare ” avanti popolo”. In fila indiana, ma distanziati di 1,88.
Stranamente, stranamente, la allarmante affermazione di Ricolfi (giusta o sbagliata che sia, io temo, per indizi raccolti qua e la, giusta) non è stata ripresa da nessun giornale, certamente non da quelli locali, tutti allineati e coperti dietro branca branca branca (leon leon leon). A proposito della spina dorsale della classe (?!?) giornalistica italiota. Prona al potente di turno. Sia esso Berlusca, Renzie o persino Guido Rossi (Biagi però alle puttanate della masnada di rossi si oppose, eh? altro che si oppose)..
Certo, rispetto all’altro sedicente governatore che ci ha il furinacci, questo qua che impazza tra il prosecco (altra brodaglia spacciata per nettare) con la gommina su quanto resta dei ricci può sembrare un drago, ma sempre di cialtronazzi arrangiati si tratta.
Questo però è uno di metodo. Le racconta bene e coerentemente. E il popolo (bue) beve beve e ancora beve. E si sente tutelato, protetto da chi almeno mostra (non dimostra) solerzia. E vedo che i grulli ci credono, pure.
Lo stesso Ricolfi parla di “congettura”. In questo momento le “congetture” servono giusto per stimolare funzioni …fisiologiche…al massimo. Servono dati certi, mappature, dati scientifici. E tamponi, soprattutto. A tal proposito mi auguro che la app “immuni” venne utilizzata dalla stragrande maggioranza della popolazione, quando sarà disponibile. E che sia disponibile celermente. Sarebbe uno strumento utilissimo per stroncare sul nascere le catene di contagio che ancora si creeranno.
sinceramente le “proiezioni” sul numero effettivo dei contagiati, o dei decessi, o su quante volte venga urinato in un giorno, mi lasciano indifferente. C’è da tener conto che ogni quotidiano, ogni testata televisiva, ogni sito DEVE riempire gli spazi con notizie sull’epidemia in corso. Ed ogni virologo ed ogni epidemiologo ha sta avendo il suo momento di ribalta e di visibilità. Esistono dati ufficiali, ivi compreso il numero dei tamponi effettuati, numero dei decessi e non si può prescindere da quelli.
https://www.adnkronos.com/fatti/cronaca/2020/04/10/ricolfi-morti-potrebbero-essere-mila_VXEWTmLi7SLwD30rEcQv0M.html
Per esempio, c’è chi non crede del tutto ai resoconti da brancaleone di taluni sedicenti governatori. in particolare di uno.
Se fossero veramente veri…
Quando leggo queste cose mi perplimo. Non so se sia vero, ma e’ indubbiamente vero che il Veneto abbia numeri in controtendenza, quindi ampiamente migliori, di Lombardia e Piemonte. E che abbia effettuTo un numero elevatissimo di tamponi (che è l’unico metodo per davvero capire la diffusione del contagio). Ma cazzo, se esiste un macchinario del genere che venga acquistato!!!!
” Il problema è che per effettuare più tamponi servono più reagenti, che non si creano dal giorno alla notte, spiegano ad Assodiagnostici. Ma c’è chi la soluzione l’ha trovata. Il Veneto ha acquistato una macchina a ultrasuoni che movimenta i liquidi aumentando di quattro volte la capacità di analisi dei tamponi utilizzando un quinto dei reagenti oggi necessari. Un investimento forse più utile di quello per i test sierologici di massa, che da quanto oramai chiarito da scienziati e Oms non darà mai la «patente di immunità» agognata da chi aspira a riprendere il lavoro.” (Da un articolo de La Stampa).
Eh ma vuoi mettere il tuttologo
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Ricevo, copioincollo e diffondo
https://it.businessinsider.com/giulio-tarro-coronavirus-non-e-ebola-il-vaccino-non-serve-la-sanita-e-crisi-per-colpa-di-chi-ha-dimezzato-le-terapie-intensive/?fbclid=IwAR22rCFzxO8pAE3FAmk6XNBJGuuk9vcJeDLpr_GE27GvjfrkLgqeGGxtxHM
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Giulio Tarro: “Coronavirus non è Ebola, il vaccino non serve. Sanità in crisi per colpa di chi ha dimezzato le terapie intensive”
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L’attesa per un vaccino contro il coronavirus potrebbe essere inutile: “Se il virus ha come sembra una variante cinese e una padana, sarà complicato averne uno che funziona in entrambi i casi esattamente come avviene per i vaccini antinfluenzali che non coprono tutto”.
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Giulio Tarro è un virologo di fama internazionale, discepolo di Albert Sabin – padre del vaccino contro la poliomelite – di cui ha diretto il laboratorio dopo la scomparsa. In Italia, invece, è molto discusso anche per i frequenti scontri a distanza con la star del web Roberto Burioni: “Non voglio fare polemica, ma è curioso – dice Tarro – che ancora si ascolti chi a inizio febbraio diceva che il rischio di contrarre il virus fosse zero perché in Italia non circolava, quando invece era già in giro da tempo”.
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La lotta al virus ha diviso gli esperti in fazioni con le parti che – spesso – tendono a screditarsi, ma Tarro, classe 1938, non sembra interessato alla voci:
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“Oggi ci si informa su internet, alla mia età e dall’alto della mia esperienza mi tengo alla larga. Ho isolato il vibrione del colera a Napoli, ho combattuto l’epidemia dell’Aids e ho sconfitto il male oscuro di Napoli, il virus respiratorio ‘sincinziale’ che provocava un’elevata mortalità nei bimbi da zero a due anni affetti da bronchiolite”. Primario in pensione dell’Ospedale Cotugno di Napoli – l’unico secondo Ernesto Burgio ad aver “protezioni adeguate per i medici” – è stato in prima linea contro tante influenze e per questo ricorda che “né per la prima Sars, né per la sindrome respiratoria del Medio Oriente sono stati preparati vaccini, si è fatto, invece, ricorso agli anticorpi dei soggetti guariti”.
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Come a dire che la chiave di volta per tornare verso la normalità è nella messa a punto di una terapia antivirale efficacie, “una cura che potrebbe arrivare anche per l’estate. Spero che la scienza e il caldo possano essere alleati. E confido che potremo andare a fare i bagni. Troppa gente parla del coronavirus senza avere il supporto dei dati scientifici e senza le giuste conoscenze”.
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Tarro è convinto che intorno al Covid-19 ci sia molta esagerazione perché pur essendo “un virus un po’ particolare, fortunatamente non ha la stessa mortalità della Sars e neppure della Mers che uccideva un malato su tre. Oggi non lottiamo contro l’Ebola, ma il nostro nemico è una malattia che non è letale per quasi il 96% degli infetti”.
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Sarebbero dunque una serie di concause ad aver mandato in crisi il sistema sanitario lombardo: “Il problema – prosegue il professore – è nel restante 4% che si è scatenato contemporaneamente. In pratica in meno di un mese abbiamo avuto gli stessi malati di influenza di un’intera stagione. Un’ondata a cui era impossibile far fronte a causa dei tagli alla sanità degli ultimi anni. Secondo l’Oms, tra il 1997 e il 2015 sono stati dimezzati i posti letto in terapia intensiva. E, peggio, non siamo stati abbastanza veloci a riparare i danni”.
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Secondo l’esperto l’Italia – e la Lombardia in particolare – ha perso troppo tempo tra la dichiarazione dello stato d’emergenza del 31 gennaio e l’attivazione di misure ad hoc per fronteggiare l’emergenza: “
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Perché quando abbiamo avuto le notizie dalla Cina, i francesi sono intervenuti subito sui posti in terapia intensiva e noi no? Abbiamo preferito bloccare i voli con la Cina: una misura davvero inutile. Per non parlare poi del caos mascherine. La verità è che all’inizio non le avevamo quindi si diceva che dovessero usarle sono medici e pazienti, poi siamo diventati produttori di mascherine e quindi diciamo che servono a tutti. E’ incredibile, bisognava dire a tutti subito di usarle e di mantenere le distanze, invece, è stato fatto un pasticcio dopo l’altro. Si voleva blindare la Lombardia come la Cina e poi si è permesso a migliaia di persone di migrare al sud… Francamente non si è capito quale sia stato l’approccio del governo e le misure di contenimento sono state prese in ritardo”.
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A non convincere l’esperto è anche la strategia di comunicazione:
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“L’allarme è fonte di stress e lo stress, paradossalmente, determina un calo delle difese immunologiche. Lo sanno tutti gli esperti, eppure ogni giorno assistiamo a questi inutili numeri che comunica la Protezione civile. Sono dati che non vogliono dire nulla: non conosciamo il numero preciso dei contagiati e di conseguenza ci ritroviamo di fronte a un tasso di mortalità altissimo. Se andiamo a vedere alcuni studi inglesi, però, scopriamo che gli infetti sarebbero molti di più: secondo uno studio dell’Università di Oxford addirittura il 60-64% dell’intera popolazione; per l’Imperial College almeno 6 milioni. Con queste stime il tasso di decessi si abbassa enormemente. Credo che arriveremo sotto l’1% come in Cina”.
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In attesa di un antivirale efficace, l’esperto fa tre ipotesi sulla fine dell’epidemia:
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“Potrebbe sparire completamente come la prima Sars; ricomparire come la Mers, ma in maniera regionalizzata o diventare stagionale come l’aviaria. Per questo serve una cura più che un vaccino. Il fatto che in Africa non attecchisca mi fa ben sperare in vista dell’estate”.
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Io credo in questo.
Il tuttologo se ne vada in Cermania