La Viola e la rosa

Roberto Beccantini21 settembre 2021Pubblicato in Per sport

Gran bella partita, al Franchi. Hanno vinto i più forti, da forti. Nel primo tempo, il gioco della Fiorentina. Nel secondo, i giocatori e le giocate dell’Inter. Italiano è un tecnico che rischia (Benassi terzino), che pressa, che ama il coro. La Viola sembrava una serra, non solo un fiore. Parate di Handanovic su Gonzalez e Vlahovic, gol di Sottil (dal lato debole, su cross teso dell’argentino, dall’altra sponda). Torreira radar di un aeroporto dal quale decollavano e atterravano tutti con sincronia e sinfonia. Prendete lo Spezia che surclassò il Milan e alzatelo: ecco.

Guarda che luna, si cantava e si sognava. Poi, è successo qualcosa. Inzaghino avrà alzato la voce – non lo so, immagino – e la Fiorentina, come scriveva il sommo Brera, a poco a poco è morta di sé medesima, del suo eretismo podistico.

L’Inter, d’improvviso, ha cambiato marcia. Pareggio di Darmian, su contropiede Calhanoglu-Barella. Sorpasso di Dzeko: di testa, su angolo. Occasioni vaganti come le pallottole dei vecchi western. Brozovic, non più asfissiato, riconquistava la cattedra. I cambi (Dumfries, soprattutto) portavano benzina, aggiungevano tritolo. L’equilibrio, godibile, veniva spezzato dalla standing ovation di Gonzalez all’arbitro. Rosso per cumulo. Fine delle trasmissioni: e Dazn, stavolta, non c’entra. Il 3-1 di Perisic, imbeccato da Gagliardini (un panchinaro, lui quoque) era nell’aria e nell’area.

L’Inter incassa un gol a partita ma ne segna quasi quattro (18). E’ solida: si sapeva. Ha trovato, credo, il gestore che saprà garantirle la pace dopo le «guerre» di Conte. La Fiorentina ha reclutato la guida che la porterà dentro il Louvre: magari non proprio sotto la Gioconda, ma neppure nelle cantine del museo, come nelle stagioni scorse, quando ci si salvava sul filo del filo, tra custodi distratti e turisti generosi.

Morale della favola: tra la Viola e la rosa, ha vinto la rosa. Dell’Inter.

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