Una minsuvalenzina

Roberto Beccantini27 ottobre 2021Pubblicato in Per sport

E’ la terza botta, una minusvalenza che farà rumore. La solita Juventus, non più baciata dagli episodi, prigioniera del suo fumo. Mai aveva vinto l’Empoli allo Stadium, mai il Sassuolo. E’ storia, signori. La 200a. panchina di Allegri è un tappeto di chiodi: alcuni li mette il capo, agli altri pensano i dipendenti. Se può giocare sugli avversari, passi. Ma se deve far gioco, mamma mia. E l’anima, che era di ferro, sembra di coccio.

Per carità, di questi tempi soffrono tutti, o quasi, penso al Milan di martedì con il Toro, ma Madama è proprio grigia, è proprio tirchia. Sette minuti di pressing alto e poi, nisba. Sette fuorigioco, in un calcio che ormai lo ha abolito, significano essere pigri, Morata in testa. La ditta McKennie-Chiesa, a destra, alza polvere. Locatelli, ex di turno, palleggia tra rimpianti e (forse) rimorsi. A sinistra, l’infortunio di De Sciglio spalanca la sfida ad Alex Sandro. Ecco: il brasiliano e Rabiot, reduce da Covid, non ne azzeccano una. E da lì che parte in tromba Berardi per impegnare strenuamente Perin. E’ sempre da lì che si snoda l’azione della prima rete, bella e semplice: Berardi-Defrel-Frattesi (da tenere d’occhio).

E la Juventus? Un palo di Dybala, poco prima dello 0-1, e le solite processioni, senza un’idea sparata là in mezzo. Alla ripresa, Allegri rivolta l’assetto. Cuadrado era, una volta, il regista occulto. Una volta. Arthur qualcosa combina. La Juventus si scuote. A Kaio Jorge, Dionisi (complimenti) risponde con Scamacca. Il pareggio di McKennie – di testa, su punizione di Dybala – sembra un inizio. Invece no. Il 2-1 di Maxime Lopez, smarcato da Berardi, migliore in campo, suggella un contropiede che fustiga le squadre che pensano di essere grandi anche quando non lo sono più. E’ la resa ufficiale, già a fine ottobre. Ve la giro come una battuta: non resta che la Champions.

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