Scritto da Riccardo Ricil
5 gennaio 2022 alle ore 08:11
Dal corriere della Sera (Marco Imarisio):
Qualcuno, compreso chi scrive, ci ha sperato fino all’ultimo. Nel colpo di teatro, nella rivelazione che gli avrebbe dato la grandezza che merita. Novak Djokovic è il più forte tennista di sempre. Lo dicono i numeri, le statistiche, i record sbriciolati, i confronti diretti con Roger Federer e Rafael Nadal. Eppure, sembra essere sempre un passo indietro rispetto agli altri due fenomeni. Nella considerazione generale, nella percezione della gente, soprattutto di chi con il tennis ha rapporti saltuari. Si tratta di una conseguenza del fatto di essere il terzo incomodo, e che incomodo, in quella che ci è stata venduta come la rivalità/amicizia più bella di sempre, di essere quindi considerato, a torto, una sorta di usurpatore, nonché di essere la persona che ha inflitto a Roger, il più amato, le sconfitte più cocenti e definitive, vedi alla voce Wimbledon 2019.
Le obiezioni sul suo comportamento, sul suo modo di essere, si sono sempre rivelate alla prova dei fatti velate da una sorta di odio/disprezzo portato dal tifo cieco per gli altri due, vissuti come una unità inscindibile. Ma certo, anche lui ci ha messo del suo per alimentare quest’onda di freddezza nei suoi confronti. E non parliamo degli atteggiamenti in campo, è un grande sportivo, ma fuori. Soprattutto negli ultimi due anni. Prima, erano fatti suoi. Se abbracciava gli alberi convinto di sfruttare il potere terapeutico del bosco, buon per lui. Se si affidava a una dieta così estrema da obbligare i parenti stretti a pregarlo in ginocchio per mangiare carne o pesce almeno una volta alla settimana, problemi suoi, che forse gli sono anche costati qualche Slam nel suo tormentato biennio 2016-2018.
Dopo marzo 2020 e l’inizio della pandemia che ancora stiamo vivendo, momento unico e speriamo irripetibile nella storia recente dell’umanità, quelli legati alla lotta contro il Covid sono problemi, rinunce e sacrifici che riguardano tutti, nessuno escluso. Neppure se è un campione. Djokovic si è sempre dichiarato contrario alla vaccinazione. Durante il primo lockdown si è avventurato in dirette social con una specie di guru convinto che questo sia un periodo eccitante, che il Parkinson sia causato dalla Coca Cola, e che basti seguire la memoria dell’acqua per guarire dall’infezione. Per tacere del tour di esibizione in Serbia, estate 2020, senza mascherine e senza alcun controllo, che ha provocato un focolaio del quale anche lui e la sua famiglia sostengono di essere stati vittime. Erano le prove ulteriori del fatto che Djokovic avrebbe bisogno soprattutto di un decente ufficio stampa e di avere intorno a sé qualcuno capace di consigliarlo meglio.
Ma tutti sapevano che prima o poi si sarebbe giunti alla resa dei conti. Quel momento è arrivato quando lo Stato di Victoria, dove tra 13 giorni comincerà il primo Slam dell’anno, quell’Australian Open che Djokovic ha vinto nove volte, ha imposto l’obbligo vaccinale per i partecipanti, così come per il pubblico che assisterà all’evento. Da allora, è cominciata il tormentone sulla presenza di Djokovic terminata oggi con l’annuncio del campione serbo che si sta imbarcando per l’Australia grazie a una «exemption-permission», non si capisce se di natura medica, da lui stesso richiesta. E così la telenovela-Djokovic è finita nel peggiore dei modi possibili. Con una eccezione, pare validata da due diverse commissioni mediche, così sostengono gli organizzatori dell’Australian Open, anche se è difficile pensare a grandi problemi di salute per l’attuale numero 1 del mondo, una specie di Dio della guerra traslato su un campo da tennis. È difficile levarsi dalla testa la sensazione che si tratti di un sotterfugio, per non privare il torneo della sua attrazione principale. Ma è facile immaginare quale sarà la reazione degli australiani, considerando che Melbourne è stata la città con il lockdown più lungo del mondo (262 giorni).
Nell’ultimo anno, i più forti tennisti del mondo, molti dei quali non certo fanatici sostenitori di Pfizer o Moderna, come la nutrita pattuglia russa, il tedesco Alexander Zverev e il greco Stefanos Tsitsipas, hanno accettato di vaccinarsi. Magari rimangono perplessi, in maniera del tutto legittima, ma l’hanno fatto. Così come lo fanno ogni giorno milioni di persone «normali» che si fanno iniettare la loro dose per mettere al sicuro se stessi e gli altri, per tornare a una vita il più normale possibile. Djokovic ha gettato al vento una magnifica occasione per vincere il suo Slam più bello. Sarebbe bastato non dire nulla, e scendere in campo, dando così la prova di essersi vaccinato. Una scelta del genere gli avrebbe restituito all’istante tutta quella credibilità e quell’affetto che lui per primo va cercando. Invece, si è scelta una strada molto ma molto tortuosa, nel migliore dei casi. E il campione serbo, rimanendo fedele alle sue convinzioni sballate, ha dato l’ennesima prova di non capire che il mondo non è più come prima. La pandemia non è un accidente di passaggio. Ci sta cambiando, lo ha già fatto. Non attraverso l’inoculazione di un vaccino, come pensano i No Vax. Semplicemente, tramite quel che stiamo vivendo e sopportando, in una condizione precaria che rende ancora più difficili da sopportare le «eccezioni» e i permessi ad personam. Forse in Australia vincerà il suo ennesimo trofeo, il ventunesimo Slam, ma che importa. Ci sono cose che contano più del risultato di una partita. Anche nel giudizio complessivo su un campione di tennis.
Scritto da Luca L.il
5 gennaio 2022 alle ore 02:35
12 ore prima?
Si fanno il tampone alle 3 del mattino?
E se si aggiungono altri positivi a quelli già tali?
Scendono in campo dirigenti e magazzinieri?
Vittorie 3 a 0 a tavolino?
Non si dovrebbe giocare.
Così come in altri ambiti si dovrebbe tornare allo Smart working
È che il sistema non ha date, non ha spazi, non ha tempi.
E quindi si gioca
La serie B si è fermata.
In Premier ne hanno rinviate 4 in un colpo solo.
Il basket si ferma pure.
Scritto da lucxil
5 gennaio 2022 alle ore 00:50
Luca, il problema non esiste.
Scendono in campo tutti coloro che hanno un tampone negativo effettuato 12 ore prima dell’inizio del match.
Scritto da DinoZoffil
5 gennaio 2022 alle ore 00:31
Se si rinvia dopodomani si rigioca a marzo,se va bene.13 disponibili e si giochi,ma seriamente.
Scritto da Bartokil
5 gennaio 2022 alle ore 00:24
Così come le aziende e le amministrazioni vanno avanti, come possono, nonostante abbia o tanti positivi, così dovrebbero fare anche le società che dopotutto hanno bisogno solo di trovare undici ragazzi per correre dietro a un pallone.
Se a una squadra mancano tanti giocatori, magari anche perché molti di questi non hanno fatto attenzione, peggio per lei. Come quando alcuni giocatori sono impegnati nelle partite delle loro nazionali in Sudamerica, ad esempio: lì nessuno si é sognato di rinviare delle gare da noi, mi pare.
Ma si sa: pa regolarità del campionato in Italia é esclusivamente funzione delle condizioni degli avversari della Juventus, specie a certe latitudini.
Scritto da Fabrizioil
5 gennaio 2022 alle ore 00:11
Comunque Insigne come un Giovinco qualsiasi.
La caratura quella è
Scritto da lucxil
5 gennaio 2022 alle ore 00:08
Mah
Più che altro il rischio è che si moltiplichino i contagi tra giocatori.
Non che si falsi il campionato
Roberto Beccantini è nato a Bologna il 20 dicembre 1950. Giornalista professionista dal giugno 1972. Ha scritto per La Stampa dal 1° febbraio 1992 al 31 agosto 2010. La carriera in pillole. Primi passi a Bologna, prime righe sul baseball. Poi, dal 20 agosto 1970: dieci anni a Torino, nella squadra di Tuttosport, con la quale debuttò come capo-rubrìca del basket; dal 1° marzo 1981, a Milano, dieci anni alla Gazzetta dello Sport, come responsabile del calcio internazionale.
https://www.ilnapolista.it/2022/01/la-asl-blocchera-il-napoli-non-ci-sono-le-condizioni-per-viaggiare/
…
Questi già lo danno per scontato e ci fanno sopra pure ironia. “Se non vince la Juve il problema è che vince un’altra”
Dal corriere della Sera (Marco Imarisio):
Qualcuno, compreso chi scrive, ci ha sperato fino all’ultimo. Nel colpo di teatro, nella rivelazione che gli avrebbe dato la grandezza che merita. Novak Djokovic è il più forte tennista di sempre. Lo dicono i numeri, le statistiche, i record sbriciolati, i confronti diretti con Roger Federer e Rafael Nadal. Eppure, sembra essere sempre un passo indietro rispetto agli altri due fenomeni. Nella considerazione generale, nella percezione della gente, soprattutto di chi con il tennis ha rapporti saltuari. Si tratta di una conseguenza del fatto di essere il terzo incomodo, e che incomodo, in quella che ci è stata venduta come la rivalità/amicizia più bella di sempre, di essere quindi considerato, a torto, una sorta di usurpatore, nonché di essere la persona che ha inflitto a Roger, il più amato, le sconfitte più cocenti e definitive, vedi alla voce Wimbledon 2019.
Le obiezioni sul suo comportamento, sul suo modo di essere, si sono sempre rivelate alla prova dei fatti velate da una sorta di odio/disprezzo portato dal tifo cieco per gli altri due, vissuti come una unità inscindibile. Ma certo, anche lui ci ha messo del suo per alimentare quest’onda di freddezza nei suoi confronti. E non parliamo degli atteggiamenti in campo, è un grande sportivo, ma fuori. Soprattutto negli ultimi due anni. Prima, erano fatti suoi. Se abbracciava gli alberi convinto di sfruttare il potere terapeutico del bosco, buon per lui. Se si affidava a una dieta così estrema da obbligare i parenti stretti a pregarlo in ginocchio per mangiare carne o pesce almeno una volta alla settimana, problemi suoi, che forse gli sono anche costati qualche Slam nel suo tormentato biennio 2016-2018.
Dopo marzo 2020 e l’inizio della pandemia che ancora stiamo vivendo, momento unico e speriamo irripetibile nella storia recente dell’umanità, quelli legati alla lotta contro il Covid sono problemi, rinunce e sacrifici che riguardano tutti, nessuno escluso. Neppure se è un campione. Djokovic si è sempre dichiarato contrario alla vaccinazione. Durante il primo lockdown si è avventurato in dirette social con una specie di guru convinto che questo sia un periodo eccitante, che il Parkinson sia causato dalla Coca Cola, e che basti seguire la memoria dell’acqua per guarire dall’infezione. Per tacere del tour di esibizione in Serbia, estate 2020, senza mascherine e senza alcun controllo, che ha provocato un focolaio del quale anche lui e la sua famiglia sostengono di essere stati vittime. Erano le prove ulteriori del fatto che Djokovic avrebbe bisogno soprattutto di un decente ufficio stampa e di avere intorno a sé qualcuno capace di consigliarlo meglio.
Ma tutti sapevano che prima o poi si sarebbe giunti alla resa dei conti. Quel momento è arrivato quando lo Stato di Victoria, dove tra 13 giorni comincerà il primo Slam dell’anno, quell’Australian Open che Djokovic ha vinto nove volte, ha imposto l’obbligo vaccinale per i partecipanti, così come per il pubblico che assisterà all’evento. Da allora, è cominciata il tormentone sulla presenza di Djokovic terminata oggi con l’annuncio del campione serbo che si sta imbarcando per l’Australia grazie a una «exemption-permission», non si capisce se di natura medica, da lui stesso richiesta. E così la telenovela-Djokovic è finita nel peggiore dei modi possibili. Con una eccezione, pare validata da due diverse commissioni mediche, così sostengono gli organizzatori dell’Australian Open, anche se è difficile pensare a grandi problemi di salute per l’attuale numero 1 del mondo, una specie di Dio della guerra traslato su un campo da tennis. È difficile levarsi dalla testa la sensazione che si tratti di un sotterfugio, per non privare il torneo della sua attrazione principale. Ma è facile immaginare quale sarà la reazione degli australiani, considerando che Melbourne è stata la città con il lockdown più lungo del mondo (262 giorni).
Nell’ultimo anno, i più forti tennisti del mondo, molti dei quali non certo fanatici sostenitori di Pfizer o Moderna, come la nutrita pattuglia russa, il tedesco Alexander Zverev e il greco Stefanos Tsitsipas, hanno accettato di vaccinarsi. Magari rimangono perplessi, in maniera del tutto legittima, ma l’hanno fatto. Così come lo fanno ogni giorno milioni di persone «normali» che si fanno iniettare la loro dose per mettere al sicuro se stessi e gli altri, per tornare a una vita il più normale possibile. Djokovic ha gettato al vento una magnifica occasione per vincere il suo Slam più bello. Sarebbe bastato non dire nulla, e scendere in campo, dando così la prova di essersi vaccinato. Una scelta del genere gli avrebbe restituito all’istante tutta quella credibilità e quell’affetto che lui per primo va cercando. Invece, si è scelta una strada molto ma molto tortuosa, nel migliore dei casi. E il campione serbo, rimanendo fedele alle sue convinzioni sballate, ha dato l’ennesima prova di non capire che il mondo non è più come prima. La pandemia non è un accidente di passaggio. Ci sta cambiando, lo ha già fatto. Non attraverso l’inoculazione di un vaccino, come pensano i No Vax. Semplicemente, tramite quel che stiamo vivendo e sopportando, in una condizione precaria che rende ancora più difficili da sopportare le «eccezioni» e i permessi ad personam. Forse in Australia vincerà il suo ennesimo trofeo, il ventunesimo Slam, ma che importa. Ci sono cose che contano più del risultato di una partita. Anche nel giudizio complessivo su un campione di tennis.
CI SIAMO!!!!
https://www.calciomercato.com/news/incredibile-juve-napoli-di-nuovo-a-rischio-per-covid-l-asl-decid-16416
“tutti gli animali sono uguali”
“Ma alcuni sono più uguali degli altri”
(Cit. George Orwell)
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E Novak Djokovic?
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https://www.oasport.it/2022/01/perche-novak-djokovic-puo-giocare-gli-australian-open-esenzione-medica-motivi-non-comunicati-scoppia-la-polemica/
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Scritto da Luca L. il 4 gennaio 2022 alle ore 13:43
12 ore prima?
Si fanno il tampone alle 3 del mattino?
E se si aggiungono altri positivi a quelli già tali?
Scendono in campo dirigenti e magazzinieri?
Vittorie 3 a 0 a tavolino?
Non si dovrebbe giocare.
Così come in altri ambiti si dovrebbe tornare allo Smart working
È che il sistema non ha date, non ha spazi, non ha tempi.
E quindi si gioca
La serie B si è fermata.
In Premier ne hanno rinviate 4 in un colpo solo.
Il basket si ferma pure.
Luca, il problema non esiste.
Scendono in campo tutti coloro che hanno un tampone negativo effettuato 12 ore prima dell’inizio del match.
Se si rinvia dopodomani si rigioca a marzo,se va bene.13 disponibili e si giochi,ma seriamente.
Così come le aziende e le amministrazioni vanno avanti, come possono, nonostante abbia o tanti positivi, così dovrebbero fare anche le società che dopotutto hanno bisogno solo di trovare undici ragazzi per correre dietro a un pallone.
Se a una squadra mancano tanti giocatori, magari anche perché molti di questi non hanno fatto attenzione, peggio per lei. Come quando alcuni giocatori sono impegnati nelle partite delle loro nazionali in Sudamerica, ad esempio: lì nessuno si é sognato di rinviare delle gare da noi, mi pare.
Ma si sa: pa regolarità del campionato in Italia é esclusivamente funzione delle condizioni degli avversari della Juventus, specie a certe latitudini.
Comunque Insigne come un Giovinco qualsiasi.
La caratura quella è
Mah
Più che altro il rischio è che si moltiplichino i contagi tra giocatori.
Non che si falsi il campionato