Napoli, sempre Napoli

Roberto Beccantini21 febbraio 2023Pubblicato in Per sport

Dai gironi agli ottavi è come uscire da un giardino per entrare in una giungla. Serve il machete. Il Napoli lascia all’Eintracht il primo spicchio di notte, 15 minuti sì e no, poi lo mette a nanna. E’ Lobotka la bussola, e Lozano il braccio che la mostra. E così, 2-0 come venerdì, con il Sassuolo, e quarti in tasca. I primi della storia, sarebbero. Tra campionato e Champions, sempre lo stesso Napoli, sempre lo stesso Spalletti: fate pressing, non calcoli.

Già prima del gol rompi-ghiaccio, Lozano aveva colpito un palo e Trapp parato un rigore a Kvara, rigore che Osimhen aveva strappato, di forza, alla pedata sbadigliante di Buta. Emblematica l’azione che spariglia il mazzo. Lobotka recupera palla, lancio verticale per il messicano, cross radente, tap-in del nigeriano sul secondo palo. Auf wiedersehen.

Napoli padrone, con Meret disoccupato e Kim sultano del forte. Detentori dell’ultima Europa League e sesti in Bundesliga, i tedeschi ci hanno provato, ma Glasner non è Aladino e, con Goetze e Kolo Muani accerchiati, ciao lampada. Il rosso al francese ha sepolto una partita già defunta, e comunque suggellata dal sinistro del capitano (Di Lorenzo) su tacco del georgiano, poi murato dall’eroico Trapp a un passo dal tris.

Velocità di crociera, alta. Turbolenze, ridotte al minimo. Lobotka, Kim, Lozano i più ficcanti. Osimhen è uno che sposta, fisicamente e letteralmente. Kvara, il dribbling fatto carne: e se, braccato e raddoppiato, ogni tanto fatica a districarsi, qualcuno lo «corriggerà». Direte: di fronte c’era l’Eintracht-avesse-detto. Cambiano gli avversari, non cambia il Napoli. E dal momento che il nostro campionato non gode proprio di capelliana reputazione, non mi sembra poco. In estate, non se lo filava nessuno. Oggi, gli si chiede la luna.Comunque. Dovunque. Resta un’anomalia, una mina vagante: sempre più mina e sempre meno vagante.

** Liverpool-Real Madrid 2-5. Questa, poi. Anfield resta un ruggente canto, non più un Colosseo vietato ai turisti. Non bastano, a Klopp, il tacco di Nunez e la paperissima di Courtois su Salah. I blancos si guardano attorno più sorpresi che depressi. Cercano una presa di corrente, la trovano, e allora via: stereo a tutto volume: Vinicius, gran fendente; ancora Vinicius (su paperissima di Alisson, stavolta); poi Militao di crapa, su parabola di Modric; quindi doppietta di Benzema, con un Gomez non proprio esente o innocente.

Ancelotti gongola. Asfaltare i Reds a casa loro è impresa riservata a pochi eletti. Ci teneva, il Real, a ricordare i guizzi di Amancio, l’ala destra di un Madrid che Francisco Gento faceva pendere, incredibilmente, a sinistra.

Il Liverpool attuale fa acqua in difesa perché il centrocampo non pompa e non filtra. E in attacco passare da Firmino-Mané a Gakpo-Nunez, bé, insomma, qualcosa vorrà pur dire. Rimangono le tracce di un’ordalia che, fra splendori e miserie, ci ha fatto toccare il cielo con un calcio. Quel cielo non più lontano da Napoli come avrei giurato ad agosto.

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