Drago Motta

Roberto Beccantini17 dicembre 2023

I giocatori contano di più – in caso contrario non si spiegherebbero i sei scudetti vinti da Milan (1) e Juventus (5) «senza allenatore» – ma lasciatemi spendere due parole su Thiago Motta, ribattezzato in epoca non sospetta «Drago» Motta. Il suo Bologna non tocca ancora – e forse non toccherà mai, vista la rosa – i picchi dello squadrone del Dottor Pedata che giocava «come si gioca in paradiso», ma come gioca, sorbole! Due a zero alla Roma, quarto posto in classifica, il Dall’Ara in stato delirante.

I triangoli verticali che hanno ispirato i gol di Moro e della ditta Kristensen-Ndoye appartengono al calcio che ci piace gustare. La forza delle idee al servizio della hybris agonistica. Calafiori centrale è pura adrenalina, e quando Arnautovic mollò gli ormeggi, i parenti, sul molo, sventolarono tristi fazzoletti. Viceversa, ecco Zirkzee: un Van Basten nei tocchi, nelle sponde, non ancora al momento dello sparo. Lunga è la strada, ma ha 22 anni, tempo al tempo. E poi i cingolati di Ferguson, gli strappi di Ndoye, la malizia di Freuler, l’effervescenza di Moro. Compreso Ravaglia, il portierino di riserva, provvidenziale su Belotti.

Per carità, togliere Lukaku e Dybala a quella mina parlante di Mou equivale a strappare il passamontagna ai leoni da tastiera, ma pure così, sul piano dei nomi, l’ordalia si annunciava – almeno a livello tecnico e tattico – equilibrata. Ed equilibrata in un certo senso lo è stata, a tratti persino caotica, isterica. Non appena, però, la manovra chiedeva ai piedi di salire, erano i piedi del Bologna a farla lievitare.

Per una volta – memori, forse, degli sgarbi passati: non pochi, non lievi – gli arbitri gli hanno offerto una piccola carezza, alludo al mancato rosso, per cumulo, a Beukema, verso il 60’, con il risultato già in ghiaccio. Motta lo ha subito sostituito. Alla morale della favola preferisco immaginare Sinisa e Civ. Bei passeroni.

L’avarizia non paga sempre

Roberto Beccantini15 dicembre 2023

L’avarizia ha pagato spesso. Non stavolta. L’avarizia di testa (il tecnico) e dei piedi (i giocatori). Marassi è arena che trasmette good vibrations. Qui, il Genoa di Gilardino aveva bloccato il Napoli sul 2-2 e strapazzato la Roma per 4-1. Non se la passa bene, ma in casa è sempre feroce. Lo dimostrerà.

La Juventus è una compagnia teatrale che Allegri porta in giro per il Paese, infliggendo ovunque la solita pièce. Senza Retegui, il Grifo. Senza Rabiot, Madama. Ricompare Miretti, un Miretti sfiorito. Il Genoa lascia palla agli altri. La Juventus preferisce che siano gli altri a scoprirsi. O a perderla. Come succede a Badelj, pressato da Vlahovic al 28’: tocco a Chiesa, Martinez lo travolge in uscita. Rigore. Visti gli errori del serbo, ci pensa Chiesa. In precedenza, da destra, l’ex Viola aveva crossato teso e Vlahovic aveva alzato da pochi metri. I grandi centravanti sanno fare meglio.

Ecco. Dal gol in poi, la Juventus si è ritirata rianimando, così, gli avversari. E’ il classico peccato (mortale) in cui incorre l’Allegrismo di ritorno. Puntare sulla solidità del muro, vivacchiare, giochicchiare, cercare il bis senza la garra che caratterizza gli eletti. Fermo restando il piattume nel mezzo. Locatelli compreso. Nella ripresa, Gila azzecca la mossa. Dentro una punta, Ekuban. Proprio lui smarca subito Gudmundsson, che ha fondato la carriera sul dribbling, e ciao corto muso.

Costretta, la Vecchia va all’attacco, ma ci va per dovere, non per piacere o conoscenza. Chiesa spreca un altro regalo del portiere, un coscia-braccio di Bani pomperà dibattiti, il Grifo fa la Juve, reticolati e baionette, Martinez salva d’istinto su Bremer, Malinovskyi rischia il rosso su Yildiz (perché sì, nel frattempo qualcuno si è ricordato del turco), lo schema Gatti miagola, la Juventus non fa coppe ma dal ritmo che ha imposto non si direbbe. Morale: non è sempre domenica (o venerdì).

E’ successo abbastanza

Roberto Beccantini13 dicembre 2023

Brividoni di Champions. Paris Saint-Qatar agli ottavi (per un pelo, chiamiamolo così), Milan in Europa League, Newcastle fuori. Poteva succedere di tutto, è successo abbastanza. Lo «spareggio» del St James’ Park ci regala due partite in una: nel primo tempo, «gazze» ventre a terra, fra la «parata» di Tomori e il gran gol di Joelinton. Poco Diavolo, spesso in bambola sul piano fisico, Leao (al rientro) una mezza occasione e stop, Giroud accerchiato, Loftus-Cheek, Musah e Reijnders soverchiati. Morale della favola (o favola della morale): Livramento, Joelinton e Gordon una spanna sopra todos. Voce dal loggione: Pioli out.

Nella ripresa, la squadra di Howe cala, gli avversari crescono. I rumors da Dortmund offrono benzina a garretti sfatti. Pareggia Pulisic in mischia, fin lì uno dei meno peggio, Maignan e la traversa negano il sorpasso a Bruno Guimaraes, Laeo coglie il palo in contropiede, Pioli azzecca i cambi e, sempre in contropiede, Chukwueze ribalta la notte su azione Jovic-Okafor. Non ho capito, in compenso, l’uscita di Gordon. Il Newcastle, spompato, ci prova per onor di orgoglio, e così facendo si scopre, propizia brecce gustose. L’ordalia è diventata una roulette russa, a chi il colpo fatale? Ci va vicino Tomori, altro legno, ma ormai siamo agli sgoccioli degli sgoccioli, Newcastle-Milan 1-2. Voce dai salotti: Pioli on fire. Anche se dalle semifinali di Champions al ricovero presso una delle «figliastre», proprio la stessa cosa non dovrebbe essere. Resta il rimpianto, soprattutto, dello 0-0 dell’andata, quando molti furono gli sprechi. Voce dal cortile: visto che scossa Ibra «senior advisor»? A Milano si dice: «va a ciapà i ratt».

** Atletico-Lazio 2-0. Aveva la pancia piena, il Sarrismo. Il Cholismo, no. Griezmann in avvio, Samuel Lino alla distanza. Rari, per Immobile e Luis Alberto, i momenti di gloria. Lazio seconda, dunque, come Inter e Napoli. Non è un miracolo, ma non era scontato.