Lo paro io

Roberto Beccantini30 giugno 2013

Cosa si può dire, sommando gli Europei alla Confederations Cup? Abbiamo una Nazionale che perde poco (2 sconfitte in 11 partite), ma non vince tantissimo (4 successi su 11). A un anno dal Mondiale, siamo nel gruppo dei migliori, dietro a spagnoli e brasiliani (in relazione, anche e soprattutto, al fattore campo di cui godranno). Siamo una squadra di carattere, difficile da masticare. Ci manca un Cavani: potrà diventarlo, sempre che si applichi, Balotelli.

Supplementari con le furie rosse, supplementari con gli uruguagi. Eravamo in formazione rimaneggiata (e alla fine pure in dieci: espulso Montolivo). Al posto del ct non avrei tolto Diamanti, ma sono dettagli. Se penso alla papera di Muslera, credo che con Buffon – anche «questo» Buffon, non certo al massimo – avrebbero vinto loro.

I rigori non sono una lotteria, per seducente che sia il termine. Sono un esercizio di freddezza, al di là della fatica che può condizionarli (o proprio per questo). Buffon è passato dallo 0 su 5 con la Spagna al 3 su 5 con l’Uruguay. Mi ha ricordato il Beccalossi di Inter-Slovan Bratislava, due rigori tirati due rigori sbagliati, e la celeberrima gag di Paolo Rossi. Da «Lo tiro io» a «Lo paro io». Scritto che Giaccherini, questa volta, se l’è sentita, probabilmente Forlan, recidivo, Caceres, Gargano (e, già che ci siamo, De Sciglio) avrebbero potuto angolare meglio le proprie traiettorie. Che scoperta, eh?

Gli azzurri hanno ritrovato De Rossi e non ancora El Shaarawy. La spedizione non ha aggiunto nulla di nuovo, né, dati i tempi molto stretti, avrebbe potuto. Prandelli ha cambiato un sacco di moduli, generando una confusione non sempre creativa. Dieci gol al passivo sono un’enormità. Voce dal fondo: e i dieci all’attivo, allora? E’ un bilancio strano, non da Italia. La base c’è. Manca non tanto la punta, quanto l’uomo di punta. Il Tomba della situazione.

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Fort Talamo

Roberto Beccantini28 giugno 2013

Vanno avanti quelli di Fort Talamo, le luci rosse di Del Bosque, i peccatori della vigilia. Hanno vinto per un rigore che Bonucci, e non il destino, ha calciato al diavolo, sei su sette contro sette su sette. L’Italia dei chierichetti è caduta in piedi dopo aver sprecato abbastanza nel primo tempo e aver rischiato una volta, una sola, fino ai supplementari. I pali di Giaccherini e di Xavi hanno mescolato gli estremi della nostra spedizione: di qua, il decisionismo del fante; di là, l’indecisionismo del capitano.

Prandelli-Stramaccioni, un modulo a partita, aveva scelto, per l’occasione, la difesa a tre. Well done, direbbero gli inglesi. Ben fatto. Inoltre: blocco Juve contro blocco Barcellona, torello noi e torello loro, una barba che non vi dico; e i pochi lampi, più nostri che loro (ma dal 90′ in poi, più loro che nostri).

Che bravo, De Rossi: sia al fianco di Pirlo, sia centrale al posto di Barzagli. E poi Candreva, Marchisio, Maggio, l’attaccante più pericoloso. Maggio, già: terzino «a quattro», un sassolino nella scarpa; esterno «a tre», una fionda. Voce dal popolo: con Balotelli avremmo vinto. Calma: Gilardino si è fatto un mazzo così, ha favorito incursioni ed escursioni, non so se Mario, dall’alto delle sue lune, avrebbe offerto le stesse sponde, la stessa profondità.

Ci manca, questo sì, un uomo d’area. Quello che era Gilardino, quello che potrà diventare Balotelli. E’ scomparso El Shaarawy, al quale il ct ha preferito addirittura i coriandoli di Giovinco. Lo schema a tre ha distribuito sicurezza, Xavi, Busquets, lo stesso Iniesta hanno girato in folle. Del Bosque ha ricavato da Jesus Nava, Mata e Javi Martinez (centravanti d’emergenza) più di quanto Prandelli abbia «estratto» dai suoi cambi.

Non una partita memorabile. Ritmi bassi, emozioni stitiche. E una Spagna che sembrava appena alzatasi dal letto. Sul serio.

Illegittima difesa

Roberto Beccantini22 giugno 2013

Al burlesque del mercato preferisco lo spogliarello di Brasile-Italia. Scarto esagerato, partita ossimoro. C’era una volta il muro di Berlino. Come non detto: otto gol subìti in tre partite, un paio dei quali sulla gobba di Buffon. Dopo il primo tempo: visto che disastro, senza Pirlo? Dopo la traversa di Maggio (sarebbe stato il 3-3): visto che reazione, anche senza Pirlo? Ancora: siamo stanchi, Prandelli dixit; per questo ne aveva cambiati cinque, ma la differenza tra primo e secondo tempo, agghiacciante, sorvola e ridicolizza persino questo dettaglio.

Neymar, finalmente: numeri da fuoriclasse, sì, ma pure tuffi da guitto. Il Brasile è stato più squadra, il ct ha ricavato ossigeno dai cambi (Giaccherini, Maggio). Col Giappone bastò sfilare una fetta di torta, questa volta no. Il laboratorio Italia continua a porgere «troppe» guance, soprattutto all’inizio. Prova ne sia l’incipit di Montolivo, disastroso al di là degli episodi e della sostituzione.

Anche quando si gioca per l’onore, Brasile-Italia resta un labirinto. Balotelli ha propiziato di tacco il gol di Giaccherini. Ha tirato poco, Mario, abbandonato com’era. Può essere che il passaggio dal 4-2-3-1 al 4-3-1-2 abbia contributo a dare la scossa. Il fatto che, finora, il più brillante sia stato proprio «Giaccherinho» suscita un sentimento che va dall’imbarazzo all’orgoglio (di chi, come Conte, l’aveva scelto e sostenuto). Spostando i suoi limiti, ha fissato un limite.

Mancavano Pirlo e De Rossi, mi aspettavo di più da Diamanti e Hernanes. La Nazionale del coraggio (?) sconta il decolleté zemaniano della fase difensiva (punizioni a parte). Senza mediani-lucchetti, Bonucci, Chiellini e Barzagli (con Messico e Giappone) hanno faticato a reggere il reparto. Di Buffon ho scritto: fa notizia solo in questi casi.