Il codice Pirlo

Roberto Beccantini17 giugno 2013

Non è il caso di brindare a champagne, ma l’Italia ha giocato e vinto di squadra. La Confederations Cup è un piccolo Mondiale che serve per mungere e distribuire quattrini: non ne avverti la curiosità fino a quando non scocca l’ora. Il Messico, poi, ci aveva sempre creato problemi, dall’1-1 del Mondiale 1994 all’1-1 del Mondiale 2002. Questa volta lo abbiamo controllato e/o dominato al di là dello scarto.

Prima degli Europei, Prandelli passò al 3-5-2. Dopo Praga e Haiti, ha scelto il 4-3-2-1. La vittoria di Rio mi ha ricordato il brillante pareggio con la Spagna. In compenso, ho trovato spaesato e fuori ruolo Marchisio (poca benzina? distrazioni mercantili?): lui, più di Giaccherini che, riserva di qua e con-titolare di là, sa riempire ormai ogni casella, terzino, punta esterna, mezzala, tornante.

La topica di Barzagli appartiene alle capriole del fato, visto il rendimento delle stagioni juventine. Solo la storia ci dirà se si tratta di un episodio, come penso, o, data l’età: 32 anni, di qualcosa di diverso. Ho molto apprezzato gli applausi ad Andrea Pirlo e Mario Balotelli. Cento partite con gol al Maracanà, Pirlo: mi auguro che Verratti, l’erede designato, sbocci in fretta. Ai Mondiali, il signor Righello ne avrà 35. Balotelli, da parte sua, fa reparto da solo. Se giochi con un centrocampo così tecnico, il centravanti diventa fionda o sasso a seconda del modo in cui si sviluppa l’azione.

Balotelli, per adesso, è tutto o niente. Deve crescere. Deve diventare più continuo. Nel gol, c’è l’arroganza di un fisico che impaurisce al punto da rendere imbranati persino gli avversari più scafati. Buttare via la maglia non ha senso. Butti via, piuttosto, certe asprezze del carattere, non tutte giustificabili. L’ovazione del tempio cancella ogni tipo di alibi. A Mario, a noi, a tutti.

Griglia canta

Roberto Beccantini12 giugno 2013

Prima di passare alla nuova stagione, lasciatemi liquidare la vecchia. Ecco qua il confronto tra le mie proiezioni d’agosto e l’ordine d’arrivo. E’ uno studio che porto avanti da anni sul «Guerin Sportivo». I pronostici sono orme in lotta rusticana con gli episodi. La competenza batte dove il tri-dente duole (a volte sì, a volte no). I miei sono stilati dopo il mercato estivo e prima della sessione invernale. Naturalmente, non tengono conto dei cambi di allenatore, positivi in alcuni casi, negativi o trascurabili in altri.

Ecco qua il confronto (in maiuscolo i piazzamenti azzeccati).

La mia classifica: 1) JUVENTUS, 2) NAPOLI, 3) Inter, 4) Roma, 5) Milan, 6) Lazio, 7) Udinese, 8) Fiorentina, 9) Sampdoria, 10) PARMA, 11) Genoa, 12) Catania, 13) Chievo, 14) Palermo, 15) ATALANTA, 16) Bologna, 17) Torino, 18) Cagliari, 19) SIENA, 20) PESCARA.

La classifica finale: 1) JUVENTUS, 2) NAPOLI, 3) Milan, 4), Fiorentina, 5) Udinese, 6) Roma, 7) Lazio, 8) Catania, 9) Inter, 10) PARMA, 11) Cagliari, 12) Chievo, 13) Bologna, 14) Sampdoria, 15) ATALANTA, 16) Torino, 17) Genoa, 18) Palermo, 19) SIENA, 20) PESCARA.

Nel dettaglio: ho azzeccato le prime due, Juventus-Napoli, e le ultime due, Siena-Pescara, il decimo posto del Parma, il quindicesimo dell’Atalanta. Ho sbagliato in pieno l’Inter, ho confuso le isole (Cagliari per Palermo), ho sottovalutato il Catania, ho sfiorato la Lazio e il Toro. Non immaginavo che la Fiorentina potesse contendere la zona Champions addirittura al Milan, né che l’Udinese sarebbe rimasta in Europa, anche se non più tra l’élite.

La griglia riassume il paesaggio, ma «nasconde» la profondità dei distacchi. Per fortuna.

Il venerdì del villaggio

Roberto Beccantini7 giugno 2013

Dal Tony Parker di Miami Heat-San Antonio Spurs al Mario Balotelli di Repubblica Ceca-Italia, passando per le quattro ore e trentasette minuti di Rafa Nadal contro Novak Djokovic. Il nesso è una forzatura mia, visto che non c’è. Comincio dal canestro di Parker (accento sulla e, alla francese). Mancava una manciata di centesimi ai ventiquattro secondi, aveva addosso un certo Lebron James. Ha palleggiato, è scivolato, si è rialzato, ha tirato. E’ stato il canestro che ha ucciso gara uno. Cogliere l’attimo, si dice in questi casi. Parker era caduto, è stato l’attimo a raccoglierlo. Che emozione, viverlo in diretta.

Poi la semifinale del Roland Garros. Chi scrive, è un seguace devoto di Roger Federer, il Platini del tennis. Di fronte a determinate cannonate, però, giù, il cappello. Dalla forza del destino al destino nella forza. Nadal era sotto, ha recuperato un break e crivellato Nole. Pensavo a com’è lo sport. A Miami, Parker inventava basket. A Parigi, sul più bello, Djokovic si è mangiato smash che sembravano rigori a porta vuota.

Praga, per concludere. Il migliore, Gigi Buffon. Il peggiore, Mario Balotelli. E questa volta, zero alibi: non un buu, non una provocazione, se non la marcatura appiccicosa che i rivali sempre gli dedicano. Brutta, bruttissima Italia. All’inizio, sei juventini, quattro milanisti, un romanista: un blocco più un blocchetto. Gambe molli, radar intasati. Di Giovinco non ricordo se sia stato in panchina nel primo tempo e abbia giocato il secondo, o viceversa.

In campo internazionale, le scorte non sempre sono ammesse. Moen, norvegese, ha trattato Balotelli come «uno dei ventidue». Morale: un giallo qui, un altro là. Fiscali? Non è questo il problema. Il problema è Balotelli, una bomba a mano che spesso esplode sull’obiettivo ma a volte scoppia in mano.