Allegramente Inzaghi

Roberto Beccantini22 dicembre 2019

Dal 3-1 dell’Olimpico al 3-1 di Riad non è che sia cambiato molto. Il 7 dicembre, la Lazio si impose in rimonta, questa volta dopo essere stata blandamente rimontata. E così la Supercoppa «torna» chez Lotito, vecchio marpione. Due indizi, in teoria, non dovrebbero fare ancora una prova, ma il calcio mica è una scienza. E questa Juventus, con tutto il rispetto, meno che mai.

Patti chiari. Inzaghino con la difesa a tre e un approccio allegriano: cauto, serpentesco. Sarri con l’idea cartesiana del torello e, in ossequio alle clangore delle edicole, il tridente subito. Complimenti… A proposito: si parli pure della triade juventina, a patto di non dimenticare il quadrilatero laziale, Luis Alberto e Milinkovic-Savic più Immobile e Correa.

Non felice, è permesso?, la scelta di De Sciglio, seduto da Lulic nell’azione che, via Milinkovic, porterà al «rigore in movimento» di Luis Alberto. Rincula, la Lazio, pronta a sorvolare il centrocampo pur di rifornire in fretta i suoi califfi. Se ne fotte del tiki taka, bada al sodo: ma chi si crede di essere? Madama, lei, avanza palleggiando, Cristiano fiuta il «sangue» delle finali e propizia il pareggio di Dybala nei dintorni del 45’, al primo (e forse unico) tiro nello specchio.

La Juventus del tridente dura un tempo. Higuain non si accende mai, Cierre si spegne, l’Omarino divaga. Pjanic e c. non pompano munizioni. La Lazio riprende coraggio. Simone toglie gli ammoniti (Luis Alberto, Lucas Leiva) e si affida a Parolo e Cataldi. Ricaverà molto più (da Cataldi, addirittura la punizione del suggello) di quanto «C’era Guevara» non riuscirà a spremere da Ramsey e Douglas Costa. L’ordalia la spezza Lulic, migliore in campo, di volée. Il rosso a Bentancur e i moccoli di Sarri sono un brutto segno dopo una bruttissima flessione. Non la prima. E se qualcuno parlerà di episodi, ricordate parate di Strakosha?

Apriti cielo

Roberto Beccantini18 dicembre 2019

Marassi non aveva ancora visto Cristiano. Eccolo. Un gol di testa, dal cielo, con uno stacco imperiale. Se il sinistro di Dybala ricordava le carezze di Federer, la schiacciata del Marziano mi ha rammentato gli schiaffi di Nadal.

Pagato il tributo all’incenso – quando ci vuole, ci vuole – veniamo al resto, un resto ancora grigio, in linea con l’andazzo del campionato. A cominciare dall’ennesima rimonta – parziale, questa volta – propiziata da Alex Sandro, autore degli assist all’Omarino e Cierre. Il brasiliano stava palleggiando giulivo con Dybala al limite dell’area (juventina), i doriani l’hanno scippato e Caprari ha sparato a colpo sicuro. Aveva cominciato Demiral, con le distrazioni (a proposito: che sceneggiata sul secondo giallo di Caprari, agli sgoccioli). Proprio quel Demiral a cui, fra Leverkusen e Udinese, avevamo sciolto fior di serenate.

La Juventus sarriana continua a rimbalzare fra la dottoressa Jekyll, palla al piede, a la signora Hyde, palla agli altri. Per carità, gli impegni sono tanti, e già domani si vola a Riad per la Supercoppa con la Lazio, l’unica ad averla battuta. Gli indizi però si accumulano e i record di Buffon (647 partite in A, raggiunto Paolo Maldini) non aiutano a controllare il futuro.

La Sampdoria era decimata. Ranieri ha risparmiato Quagliarella e sguinzagliato Gabbiadini solo nel finale. Credo che abbia sofferto più l’idea che si era fatto della Juventus, che non la Juventus stessa. Soprattutto nella ripresa, «regalo» di Matuidi a parte.

E il Tridente? Sguainato all’inizio e poi, come una lama logora, ritirato nel fodero, da Higuain a Dybala. Il trasloco concettuale dall’1-0 al 2-1 equivale a un armadio pesantissimo: servirebbero centrocampisti più smagati e ispirati. Notati Ramsey e Douglas Costa: la primavera ruota attorno ai loro muscoli, alle loro lune.

Sorrisi & Messi

Roberto Beccantini16 dicembre 2019

Dagli ottavi in poi la Champions diventa un’altra cosa. Scompare il materasso dei gironi, subentra il cornicione dell’eliminazione (quasi) diretta. Un’altra storia, appunto. Ed è per questo che il sorteggio diventa un’allegra e ambigua lotteria. Con tutto il rispetto, perché se non diamo un peso ai valori non se ne esce, è andata benone alla Juventus, bene all’Atalanta, male al Napoli. Sarri ha pescato il Lione di Rudi Garcia, il violino che fu, un Lione incerottato e ottavo in classifica. Lo eliminò Conte nei quarti di Europa League, 1-0, 2-1. L’ha affrontato Allegri nei gruppi di Champions: 1-0 là, 1-1 allo Stadium.

Poteva andare peggio, naturalmente, molto peggio, fra Real e Mourinho. Si torna in campo a metà febbraio, linea al quiz Tridente sì-Tridente no: dite la vostra. I dentisti dell’Atalanta hanno beccato il Valencia, e pure loro sorridono, viste le «carie» evitate, dal Liverpool al Bayern. Gli spagnoli, ottavi in Liga, non più tardi di ieri sera hanno bloccato lo squadrone di Zizou. E occhio: nel girone hanno tenuto testa al Chelsea (1-0 a Stamford Bridge, 2-2 in casa) ed eliminato rocambolescamente i monelli dell’Ajax: 0-3 al Mestalla, 1-0 alla Cruijff Arena.

Il pegno di tante coccole l’ha pagato il Napoli di Gattuso. Con il Barcellona va sulla Luna, sempre un viaggio romantico ma a un prezzo, non di rado, fatale. Specialmente se i singoli non tornano a fare squadra. Messi Sesto non ha mai giocato al San Paolo. Il Barça di Guardiola batteva tutti e perdeva da pochi. Il Barça di Valverde può battere tutti ma perdere (anche) da molti: e persino dopo tre o quattro gol di vantaggio. Un piccolo indizio.
Ecco il mio borsino: Borussia Dortmund 30% Paris Sg 70%; Chelsea 45% Bayern 55%; Napoli 40% Barcellona 60%; Lione 40% Juventus 60%; Real Madrid 45% Manchester City 55%; Atletico Madrid 40% Liverpool 60%; Atalanta 45% Valencia 55%; Tottenham 55% Lipsia 45%.