Calcio verticale, però…

Roberto Beccantini7 dicembre 2019

Sembrava che Simone Inzaghi avesse letto l’intervista di Sconcerti ad Allegri: calcio verticale, contropiede. E così fu, pareggio di Luiz Felipe a parte (su assist di Luis Alberto, a difesa schierata, male). Nel merito: lancio di Luis Alberto, gran controllo e gran gol di Milinkovic-Savic (ciao De Ligt). Palla filtrante di Immobile a Correa, rigore, doppio miracolo di Szczesny su Ciro. Ripartenza, solo perché detesto le ripetizioni, da area ad area, 3-1 di Caicedo agli sgoccioli degli sgoccioli.

E il Sarrismo? E’ durato mezz’ora, come «Cierre». Juventus padrona del campo, Lazio ai paletti, Cristiano, Dybala e Bentancur in gran spolvero, protagonisti – non a caso, del gol del Marziano. Facile, da due passi: a patto che non si dimentichi l’azione, bella, tutta di prima. Strakosha ha salvato lo 0-2 su Cristiano e l’1-2 su Dybala, rimediando a un proprio errore.

L’ordalia l’hanno spaccata la staffetta tra Bentancur, sin lì il migliore, ed Emre Can, da lì il peggiore, e il giallo-poi-rosso via Var di Fabbri a Cuadrado. Era il 68’, si era ancora in parità. Chiara occasione da gol, fallo da ultimo uomo su Lazzari: poco da dire.

La Lazio non batteva la Juventus dal dicembre 2003, per la Juventus è la prima sconfitta stagionale. Palla al piede, il catechismo del «C’era Guevara» si coglie, e sono, spesso, pregevoli sensazioni. Palla agli altri, non ancora: o comunque, non appena il pressing scema, e l’avversario salta il centrocampo – un avversario, poi, con i piedi educati di Luis Alberto e Milinkovic-Savic – hai voglia di scappare indietro. In 15 partite, Madama ha già preso 15 reti: fate un po’ la media… D’accordo, bisogna passare dal bieco 1-0 al più panciuto 2-1 ma attenzione: più che i due punti dall’Inter e la fiammeggiante Lazio a tre, allarmano i tempi di apprendimento. Trenta minuti alla volta non bastano.

Poca voglia di circo

Roberto Beccantini6 dicembre 2019

Senza Dzeko, alla Roma mancava il centravanti. Eppure Conte non ha fatto una piega: un libero (De Vrij) e due stopperoni (Godin, Skriniar). Non aveva voglia di circo: capita. E così – non solo per questo, naturalmente – è finita zero a zero. Un risultato stitico, se pensiamo alle trombe della vigilia e al mio pronostico (2-1 per l’Inter). Ne è uscita una partita tattica, lenta, grigia, con Handanovic senza voto e la sua area desolatamente vuota, dal momento che tutti – Zaniolo (salvo una manciata di minuti), Mkhitaryan e Perotti – vi palleggiavano attorno.

Questa volta il «tutti per due» di Conte non è bastato. Hanno vinto Smalling e Mancini, hanno vinto, su entrambi i fronti, i Ciclopi delle difese. La panchina corta e l’ombra di Messi Sesto, chissà, possono aver annacquato l’hybris. Restano gli episodi, tutti pro Inter. Tre errori in uscita (di Veretout in avvio, poi di Perotti e Mirante) hanno spalancato la porta a Lukaku (gran risposta del portiere), Vecino e Brozovic. C’entra il pressing, oh yes, ma anche la mania di risalire la corrente palleggiando, sempre, cascasse il mondo.

Alla ripresa, finalmente, un’occasione «pulita»: ancora di Vecino, smarcato da Borja Valero, e sventata da Mirante, il vice Lopez (e che vice, rinvii a parte). Lukaku e Lau-Toro hanno sbattuto le ante contro il muro: e se non segnano loro, 18 reti in due, non è che il gol scorra, a fiumi, come lo champagne.

Gli spiccioli di Dzeko non potevano rovesciare la notte. Al tiki-taka della Roma sarebbe servito il Pellegrini sfacciato degli ultimi assist, non lo scolaretto odierno. Meglio Diawara, come distributore. In attesa di Lazio-Juventus, il pareggio sposta poco. La classifica dell’Inter continua a essere straordinaria, mentre Fonseca ha confermato che neppure lui stravede per il circo. Lucescu deve avergli fatto una testa così.

Il vizio e il portierino

Roberto Beccantini1 dicembre 2019

Il vizio dell’Avvocato era Omar Sivori, il vizio della Juventus è passare in vantaggio e distrarsi, il vizio di Sarri è non sostituire Cristiano quando lo meriterebbe, come oggi ((rigore a parte). E così il Sassuolo di De Zerbi, allenatore con le palle, si porta via, strameritati, i primi punti dallo Stadium. Lo fa con il gioco, nei limiti del possibile, e con le parate di Stefano Turati, classe 2001, terzo della lista. Lui contro Mister 700 e rotti gol: il calcio non è «solo» Golia, per fortuna. E il volo sulla punizione del Marziano sembrava proprio la fionda di Davide.

E’ ormai una costante, questa di specchiarsi. Il liscio di Emre Can, a porta vuota, era stato neutralizzato dalla lecca vagante di Bonucci. Il Sassuolo non ha fatto una piega, la Juventus sì. Splendido il pareggio di Boga, francesino di 22 anni, un dribbling da tenere d’occhio.

Alla ripresa, ci si aspettava il solito «Scansuolo», viceversa si è scansata Madama. Percentuali di responsabilità nel sorpasso di Caputo: Cuadrado 25%, De Ligt 35%, Buffon 40%. Ahi, Gigi. E ahi, De Ligt: tornato, d’improvviso, l’imbarazzante «campanilista» che fu (l’avesse trattenuta, quella palla, come l’ha trattenuto Kyriakopoulos in mischia).

E’ entrato Dybala, ma non al posto di «Cierre». Tridente, quindi. E’ poi uscito Higuain, che si era mangiato un gol: il Pipita, non Cristiano. Bernardeschi trequartista è un divieto di sosta, e se ogni volta cambi il trio di centrocampo, come faceva Allegri, ne risente la rotondità della pedalata: è un dettaglio fisiologico, non di circo o di refettorio.

Non sono bastati i numeri dei singoli, questa volta. L’ossessione Champions, si dirà: mi dicono che ci fosse anche in passato: nel passato recente, almeno. La Juventus rimane favorita e imbattuta, ma certi indizi cominciano a essere troppi. E sempre uguali.