Paris soit qui mal y pense

Roberto Beccantini7 May 2025Pubblicato in Per sport

Il dado è tratto: sarà, dunque, Paris Saint Qatar-Inter la gran finale di Champions a Monaco, sabato 31 maggio. Già vincitori a Londra per 1-0, i bleu si sono ripetuti al Parco per 2-1. Fabian Ruiz di sinistro, Hakimi di destro, Bukayo Saka di rimpallo. In mezzo, un palo di Kvaratskhelia e un rigore per mani-comio «retroattivo» che Raya ha parato a Vitinha. Perché sì, dei portieri si parla sempre poco, ma contano. Dal Sommer-time di martedì a Donnarumma: scattante su Martinelli, eccezionale su Odegaard, acrobatico su Saka. Ma anche pollo in un’uscita bassa dal cui errore lo stesso Saka avrebbe potuto ricavare il due pari.

Non è stato il vulcano di San Siro. E’ stata un’ordalia di movimento, gli opliti di Arteta padroni per un quarto d’ora e gli avversari, con Dembélé ai domiciliari, ligi alle transizioni. Poi molto ping pong e un possesso abbastanza soffuso (45% a 55%). Senza attaccanti, l’Arsenal. Senza centravanti, il Paris. Luis Enrique li pesca di volta in volta dalle ali e dagli interni. Applica un calcio che assomiglia a una tappa ondulata, nessuna cima Coppi ma qua e là salite di pressing che possono spezzare il ritmo. Il suo Dumfries è l’ex Hakimi. Non ha né Thuram né Lautaro. Ha un centrocampo agile, di tocco, e una difesa che ruota attorno a Marquinhos. Il 4-3-3 di ordinanza, ad assetto variabile, poggia sugli incroci di Kvara, Doué (o Barcola) e «Dembappé» per togliere riferimenti ai rivali.

L’unico vero nove, Gonçalo Ramos, parte di solito dalla panca. E’ una squadra più di lotta che di governo, meno sbilanciata del Barça, ancorché decisamente meno accessoriata. All’attivo, nella storia del club, la finale pandemica del 2020 a Lisbona, contro il Bayern di Flick (toh): 0-1, testolina di Coman. C’erano Mbappé, Neymar e Di Maria. E per Monaco? Non può non essere leggermente favorita chi ha eliminato Kane e Yamal.

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