Sventola, sul pennone più alto, la bandiera del Napoli. Campione d’Italia per la quarta volta davanti all’Inter, che campione era. L’ultimo capitolo del romanzo ha timbrato l’esito: 2-0 al Maradona a un Cagliari sazio e decimato (sforbiciata omerica di McTominay, cavalcata di Lukaku in versione Lomu); 0-2 a Como, zuccata di De Vrij, rosso varista a Reina (all’ultimo ballo) e stoccata di Correa.
In principio fu Diego Armando. I primi due. Con Ferlaino presidente, Bianchi e Bigon allenatori. Poi Aurelio De Laurentiis e la Grande Bellezza di Spalletti. Il titolo di Conte Dracula appartiene al «volli, e volli sempre, e fortissimamente volli» di alfieriana memoria. Nella mia griglia d’agosto, ‘o Napule figurava subito dietro l’Inter, ma davanti a Milan, Juventus (le solenni delusioni) e Atalanta. Il sorpasso fissa i confini dell’impresa, non del miracolo (non c’è stato, non ce n’era bisogno), come certificano i due scudetti nelle ultime tre stagioni.
Avevo letto: e adesso, senza Giuntoli? Però. Bravo the boss a imprigionare la tracimante gelosia, a scritturare Manna, scuola Juventus, e lasciare il teatro intero, mica banalmente il palcoscenico, al Maschio salentino. L’eccezione fu il decimo, sciagurato posto, del torneo scorso, quello girato attorno alla triade di tecnici (Garcia, Mazzarri, Francesco Calzona), quando Adl si credette unto del Signore, cioè di sé stesso. Basta sbirciare l’archivio dal 2012-2013, da Mazzarri in poi: 2°, 3°, 5°, 2°, 3°, 2°, 2°, 7°, 5°, 3°, 1°, 10°, 1°. Un passo da grande, l’alta quota come nido, e le forature come accidenti.
Sostiene il vecchio Trap che, se il balzo da ottavi a secondi è complicato, il salto da secondo a primo non ha prezzo. Sembra corto: è lunghissimo. L’avventura del Napoli «contigiano» cominciò a Verona, con una sconfitta così secca (0-3) da far traballare i pulpiti e infuriare i loggioni. Fu un crinale valicato in scioltezza. Passa per un dogmatico, Conte, ma non lo è, o non lo è più: chez Madama salpò a bordo del 4-4-2 prima di sbarcare sul 3-5-2 srotolato proprio al Maradona, in un rocambolesco 3-3. Bene: pure a Castel Volturno issò in fretta il vessillo del 3-5-2, ma pur d’inserire Scott-machine McTominay non esitò ad abbracciare il 4-3-3; mossa che si celebrò allo Stadium – guarda, guarda – sull’onda di uno 0-0 squalliduccio.
Il mercato, certo. Lukaku e non più Osimhen. Il bersagliere scozzese e non più Zielinski. Nel cuore del bunker, Buongiorno erede del «fu» Kim Min-jae. Sulle fasce, Neres quale alternativa a Kvaratskhelia e poi, da gennaio, addirittura suo avatar. Perché sì, il trasferimento invernale del georgiano sembrò scavare buche fatali. Nell’assetto tattico – anche per il modesto lignaggio della «crocerossina» Okafor, riserva del Milan – e nei rapporti tra il capo supremo e l’incontinente «Andonio». Nelle casse piovvero 75 milioni. In bacheca, l’ennesimo scudo: voto?
E’ stato un lungo e spossante duello con l’Inter di Inzaghi, la Dea del Gasp ad allertare modiche ronde. I neo-campioni hanno disputato, complessivamente, 41 partite, gli ex campioni 58. La differenza, senza nulla togliere alla cazzimma dei vincitori, aiuta a spiegare l’epilogo, oltre che la trama. Vero, l’Inter aveva due squadre e il Napoli una, ma la road-map verso Monaco e la finale di Champions con il Paris di Kavra, ha succhiato energie, ha preteso cali di tensione.
Il calcio di Conte è un calcio che paga senza toccare picchi guardioleschi. Tutti per uno, uno per tutti, come documentano i gol pesanti del più leggero della banda, Raspadori. La città adora gli eccessi scenici, e il fatto di avere per le mani una «sola» creatura, ne ha spesso solleticato l’ironia e, qua e là , l’hybris. De Laurentiis ora pappone ora istrione, in base alla legge dei risultati, la legge che accomuna, dacché mondo è mondo, i salotti e le mangiatoie.
E’ stato lo scudetto della maturità , dei Volonterosi, della difesa (la migliore, avevate dei dubbi?). Quando ci si impone ai punti, per un punto, uno solo, dopo 38 round, non c’è episodio o attimo che i rispettivi poli non si contenderanno e/o si rinfacceranno. Conte è il primo tecnico, in Italia, a spalmare i suoi scudetti (5) su tre società : Juventus, Inter, Napoli. Ci sarebbe anche Capello, con Milan, Roma e Juventus, ma nel suo caso balla la confisca di Calciopoli.
Per concludere. Il mio podio: 1. McTominay, 2. Lukaku, 3. Lobotka. A parte, ça va sans dire, il mister: salice piangente a ogni stormir di replay, le pupille fisse sul mercato, in un’orgia di «Ammo ’a faticà » e «’Cca nisciuno è fesso». Immagino la goduria di Adl: per una volta si è fidato dei giornali (l’allenatore non è un semplice io, è Dio), ha mollato Kvara agli sceicchi, si è imbertato un tesorone e ha sbugiardato gli scettici. Incluso, clamorosamente, il regista del suo ultimo Oscar.
La Juventus non può cercare allenatori normali,deve prendere Conte Allegri o Guardiola…non capisco.Si ma qui bisogna vincere subito non si può programmare,intanto per vincere subito sono 3 anni che non si vince nulla e si fa pena.
Di costruire costruisce, il problema è quanto regge, soprattutto se le cose non dovessero andare subito bene. Perché la prima volta avevamo fior di campioni (e gli ultimi fuoriclasse italiani) sia pure da recuperare, c’era la carica di un A.Agnelli ancora sobrio e c’era l’entusiasmo dello stadio nuovo, insomma si è percepita subito un’aria differente. Questa volta sarebbe più difficile, secondo me. Per cui bisognerebbe mantenere i nervi saldi e non sbroccare in caso di difficoltà .
Scritto da bit il 24 May 2025 alle ore 17:03
Molto vero.
Però penso che abbiamo parecchi giocatori che hanno espresso pochissimo del loro potenziale quest’anno, per problemi diversi. Koop e DL su tutti. Inoltre abbiamo giocato tutto l’anno con un attacco ridotto ai minimi termini o senza riserve. Auspico che l’anno prossimo si possano avere almeno tre punte in rosa e abili al gioco…
Hurkacz e Djokovic al terzo set dopo un 7-5 per il polacco e un 7-6 per Novak
Lui ha le spalle sufficientemente larghe per raccogliere la sfida, l’importante è non dover ricominciare sempre tutto daccapo.
Di costruire costruisce, il problema è quanto regge, soprattutto se le cose non dovessero andare subito bene. Perché la prima volta avevamo fior di campioni (e gli ultimi fuoriclasse italiani) sia pure da recuperare, c’era la carica di un A.Agnelli ancora sobrio e c’era l’entusiasmo dello stadio nuovo, insomma si è percepita subito un’aria differente. Questa volta sarebbe più difficile, secondo me. Per cui bisognerebbe mantenere i nervi saldi e non sbroccare in caso di difficoltà .
Può darsi mi confonda io, no problem
Non ricordo il commento, anche se mi sembra strano. Forse mi riferivo al fatto che potrebbe non vincere. Boh, non ricordo sinceramente.
Flavietto!!!! Grande!!!
No, non in riferimento al Napoli, per la precisione scrivesti che tra i motivi per i quali non volevi di nuovo Conte, oltre al discorso dei ritorni, c era pure che anche qualora avesse vinto non avrebbe costruito, al che io replicai che quando si vince si costruisce eccome. Se ricordo bene.
Bravissimo Cobolli!!!