Bob Dylan aveva, della caccia ai ricordi, un’idea non proprio vaga: «Preferisco vivere il momento che farmi prendere dalla nostalgia, che per me è una droga, una vera droga, di quelle che si iniettano in vena. E’ vergognoso. La gente si fa di nostalgia come se fosse morfina. E io non voglio esserne lo spacciatore».
Però Michel Platini è Michel Platini. E i suoi 70 anni, compiuti oggi, meritano una piccola evasione. Piccola, per carità, visto lo scorcio storico che gli fa da cornice, bombe di qua bombe di là. Eduardo Galeano ha scritto: «Non sono altro che un mendicante di buon calcio. Vado per il mondo col cappello in mano, e negli stadi supplico: una bella giocata, per l’amor di Dio. E quando il buon calcio si manifesta, rendo grazie per il miracolo e non mi importa un fico secco di quale sia il club o il Paese che me lo offre».
Già nel 1968 Enzo Jannacci cantava «Ho visto un re». Noi lo vedemmo negli anni Ottanta. Più fortunati, ne vedemmo un fracco: Michel, Diego Armando, Zico, Falcao. Sembrava già dell’Inter e invece finì a Torino, dall’Avvocato. L’ho pensato nello sbirciare la punizione di Leo Messi al Porto, nel torneo Getta e Usa from America. Ecco: la Pulce di sinistro. Platoche di destro. Parabole regali. E poiché il destino sa essere cinico e caro, dalla più «banale», scivolata tra i guanti dello spagnolo Arconada, ricavò addirittura la corona europea dell’orwelliano 1984.
Ognuno coltiva i suoi penati. Ci mancherebbe. Se Omar Sivori era il «dieci» amante con il quale i tifosi avversari fornicavano di nascosto, Platini è stato l’eleganza fatta carne. Dalla puzza al naso, francese o italiano in base alle lune. Segnato dall’Heysel, mollò a 32 anni, nella pioggia e nel fango del Comunale. Fuoriclasse, dirigente e «prigioniero», chissà cosa farà della sua quarta vita. Intanto, tra calcio champagne e calci nel sedere, auguri.
All’inda Lippi non riuscí a farsi seguire dai giocatori. Perché li era un circo. Un allenatore deve avere la dirigenza dalla sua parte, che entra in gioco non con gli scazzi,a quando lo spogliatoio rema contro.
Moggi gli comprava i campioni. È diverso.
Continuare a dire che Lippi vinceva perché Moggi lo proteggeva è un insulto al lavoro di mister Lippi.
Scritto da Guido il 28 June 2025 alle ore 17:14
Il discorso era “giocatori che remano contro”, non vincere.
Scritto da Alex drastico il 28 June 2025 alle ore 14:27
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Mi dispiace doverti smentire nuovamente…..ci sono abituato.
Fare corpo unico significa essere sullo stesso piano, condividere appieno idee, progetti e visioni.
Ergo non c’è bisogno di protezioni, quando si ha la personalità che avevano Trapattoni, Lippi, e via dicendo….
Lippi all’India ne trasse le conseguenze”
Ooooopppppp!
Piroetta del maiale vigliacco danzante!
Ah ah ah ah ah ah ah!
Cosa fa un mail e che si agita nelle sabbie mobili?
Affonda.
“ Lippi aveva la capacità, il carattere, le ragioni, per farsi seguire dai tanti campioni che ha allenato. ”
“
Io spero di MAI vedere la Juve in mani diverse
Scritto da Riccardo Ric il 28 June 2025 alle ore 13:15
te do’ na’ notizia : di fatto gia’ lo e’…
All’Inter ne trasse le conseguenze.
Moggi gli comprava i campioni. È diverso.
Continuare a dire che Lippi vinceva perché Moggi lo proteggeva è un insulto al lavoro di mister Lippi.
Ecco, Inda esempio perfetto.
È sempre Lippi, è sempre un fuoriclasse, ma lì non riesce a fare con i giocatori le stesse cose che fece alla Juve. Perché li era un circo, e la società non aveva un Moggi che lo proteggesse.
Ah ah ah ah ah ah ah!
Ciao coglione per oggi con te ho finito….ah ah ah ah ah!
Io resto fiducioso del fatto che, prima o poi, Francis si rassegni all’irrilevanza dei suoi ragli a vanvera.