Coppa Italia(no)

Roberto Beccantini14 May 2025

Quando decide il migliore, poco da dire. E se risolve addirittura una finale di coppa, molto da celebrare. Il gol di Dan Ndoye – di destro, dal cuore dell’area, lui che è un’ala, su auto-assist di Theo, disturbato da Orsolini – ha premiato il Bologna e bocciato il Milan. Non è stata, sotto il ciuffo di Sinner, una notte di smorzate e slice, di pallonetti e volée. Anzi.

Veniva, Italiano, da tre finali perse, tutte con la Viola (2 di Conference, 1 di Coppa Italia). Passava per un perdente di successo, l’etichetta che piace ai critici di insuccesso. Ereditò da Thiago una squadra da Champions, ma non la stessa rosa, viste le partenze di Calafiori e Zirkzee. In estate si smoccolava. Oggi si canta «Bologna campione» di Dino Sarti e si pensa ai «bei passeroni» ai quali Civ avrebbe dedicato un epinicio dei suoi.

Il problema del Milan era l’aggressività dei rivali. Il problema del Bologna, la difesa dalle punture di Leao. Ha vinto il pressing di Freuler e c. Il cuore ha domato il censo. Un riflesso di Maignan su Castro, un doppio Skorupski su Beukema (!) e Jovic, un equilibrio ispido, fra botte (molte) e botti (rari). La mossa Jovic pagò con l’Inter, non stavolta. Supplente da gennaio, Conceiçao resta così abbarbicato alla Supercoppa di Riad. Temo che non basterà.

Che delusione, i tenori: da Rijnders a Pulisic, da Theo a Leao, piano piano scomparso dai radar (un classico, là dove infuria la tempesta). Un disastro, Joao Felix. Nulli, gli spiccioli di Gimenez, Abraham e Chukwueze. Ha chiuso, Italiano, togliendo l’Orso grigio e piazzando, a destra, Casale e Calabria. Mica fesso. Roma, città santa: il 7 giugno 1964, lo scudetto a spese dell’Inter. Il 14 maggio 2025, la Coppa Italia strappata al Milan, la terza della saga dopo quelle del 1974 (all’Olimpico, sempre) e del 1970. Complimenti ai cuochi. E cameriere, turtlein.

Pressing alto? No: alta pressione

Roberto Beccantini11 May 2025

Alta pressione. Come spiegare, altrimenti, Napoli-Genoa 2-2? Mancano due turni e resta un punto, uno solo. Strano, molto strano, quello che succede al Maradona. McTominay pennella per Lukaku, ma poi traversa di Pinamonti e auto-frittata di Meret su zuccata di Ahanor. Conte (ri)perde subito Lobotka; il Grifo, decimato, graffia. Alla distanza Scott machine arma pure il sinistro di Raspadori (di cui raccomando lo stop a seguire, di destro). Sembra fatta, Siegrist para tutto finché «Andonio» non toglie il fioretto di Raspa per la ciccia e le ante di Billing. Proprio costui perderà Vasquez in area, su un cross, per il bis di testa, e nel finale, sempre di cabeza, sfiorerà l’apoteosi. Senza dimenticare l’ingresso di Venturino (classe 2006), pupillo di Vieira: polvere da sparo, non banalmente polvere.

La mira in alcuni casi, la brillantezza in altri, i disagi di Olivera centrale: i dettagli pesano. Sorprende, se mai, la doppia rimonta subita. Sindrome da braccino corto? Veniva da quattro successi, Conte: ha esaurito i bonus. Avanti con Parma-Napoli e Inter-Lazio: l’abito farà il Monaco, non adesso.

** Torino-Inter 0-2. Sotto un diluvio da arca di Noè, le scorte di Inzaghino bastano e avanzano. Un bel destro a giro di Zalewski (19° uomo a segno) nel primo tempo; un rigore di Asllani, procurato da Taremi, nel secondo. Per provarci, i granata ci hanno provato, ma i confini erano netti, come certificano le occasioni e le parate di Milinkovic-Savic, anche se la più bella, di puro istinto, l’ha effettuata Martinez su capocciata in tuffo di Adams. Annullato agli sgoccioli, per spintarella ad Asllani, un bel gol, in acrobazia, di Masina. Era il 92’. Però.

** Il Clasico. Riepilogando: 4-0 al Bernabeu, 5-2 in Supercoppa a Gedda, 3-2 dts (da 1-2) a Siviglia per la Coppa del Re, 4-3 al Montjuïc (da 0-2). Barcellona-Real rimane un vulcano.
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Rosso fuoco

Roberto Beccantini10 May 2025

Un altro spareggio era, e un altro pareggio è stato: 1-1 come a Bologna, e ancora una volta Juventus in vantaggio. Ci aveva provato all’inizio, la Lazio, con Isaksen, ma poi la sfida si era data a un equilibrio subdolo e morboso che la squadra dell’ex Tudor avrebbe cavalcato e sbloccato in avvio di ripresa, con un bel gol di Kolo Muani, su azione Locatelli-McKennie.

Era il 51’ e poco dopo, al 60’, con Thuram e c. in pieno controllo, Kalulu rifilava una sbracciata illegale (ma non mortale) a Castellanos. Svenimento, Var, rosso. Se in dieci Madama non era riuscita a superare la metà campo, allo Stadium, con il Monza, figuriamoci all’Olimpico con l’Aquila. Conceiçao, un disastrino, aveva avvicendato Nico, un disastrone. E Adzic, un Kolo allo stremo. Improvvisamente, quando ormai l’area sembrava Fort Alamo, fuori proprio loro, Cisco e Adzic, dentro Gatti e Vlahovic. Mi arrendo.

Dalla panchina, in compenso, Baroni spendeva – tra gli altri – Pedro, Vecino e Dia. Che costringeva Di Gregorio a un mezzo miracolo (complice il palo), in scia a un rigore (portiere-Taty) assegnato da Massa e «ritirato» per fuorigioco.

Al lazzaretto aziendale s’iscriveva anche Alberto Costa, con Veiga tra i più reattivi. Toccava a Douglas Luiz. Non vince in casa dal 9 febbraio, la Lazio. E non ha vinto neppure oggi. Ma al 96’ o su di lì ha evitato lo smacco: cross, cabeza di Castellanos, altro interventone di Of Gregory, tap-in di Vecino.

Morale. L’ennesima rimonta, il sedicesimo pari e un altro espulso, da Yildiz a Kalulu. Storie tese. La zona Champions rimane una lotteria, come le staffette kafkiane di Igor. La Lazio non è più il Settimo Cavalleggeri d’autunno, ma si è aggrappata alla superiorità numerica, come fece la Juventus all’andata (out Romagnoli), sino all’autogol di Gila. Il resto, pigolii e cigolii.