Mani(ta) in alto

Roberto Beccantini25 August 2025

Era la prima di Chivu a San Siro: 5-0 al Toro. Difficile resistere alla tentazione di correre all’ultima di Inzaghi, in Baviera: 0-5 con il Paris. In questi casi, lo scarto spalanca la torta dell’analisi alla golosità degli invitati: troppo forti, i vincitori; troppo deboli, i vinti. Come non dar loro ragione: ma perché?

E’ qui che ci si addentra nella giungla del Dna, per fissare – se possibile – le diversità del nuovo dal vecchio. E allora: l’incornata di Bastoni, su angolo di Barella (vice Calha: in regia e dalla bandierina) appartiene al menù della casa. Il raddoppio di Thuram, a un rigurgito di fame, alla tendenza suicida dei granata e alla stoffa di Sucic. Il tris, a un regalone di Gineitis scartato da Lautaro, in scivolata. Il quarto, a un altro piatto della cucina aziendale (cross di Bastoni, crapa di Thuram, benedetto da papà e fratello). Il quinto, all’ennesimo disastro in uscita dei rivali, a un fraseggio corto e al suggello di Bonny.

I cambi degli allenatori, e i ruttini da digestione, hanno impedito che il risultato si librasse verso proporzioni ancora più mortificanti. Non poteva alzarsi meglio dai blocchi, l’Inter. E non poteva decollare peggio, il Toro. Già alle corde contro il Modena, in coppa (e in casa). Baroni, che con la Lazio ne aveva presi sei all’Olimpico, salvo agguantare proprio a Meazza, con Pedro, il 2-2 che avrebbe trasferito lo scudetto al Napoli, ha urgente bisogno di sentinelle meno «smandrippate» e dei muscoli di Zapata, l’unico in grado di garantire quell’idea di coraggio che Cairo, tirchio com’è, fatica a trasmettere.

Mani(ta) in alto. Dunque. La scorsa stagione, il 17 agosto 2024, l’Inter era salpata dal Marassi genoano con un 2-2 che sembrò, lì per lì, una banalissima puntura di zanzara. Chi poteva immaginare che in panchina, il 25 agosto 2025, ci sarebbe stato Chivu?

L’esubero e il talento

Roberto Beccantini24 August 2025

Troppi, tre stopper per un Pellegrino solo. E Kalulu terzino, un ossimoro. E Yildiz incollato a Cambiaso sul fianco mancino, uno spreco. Tudor l’ha capito verso il 56’. Fuori Gatti, Kalulu centrale, Joao Mario a destra. Con Koop al posto di Locatelli. Un caso, non un caso? Assist di Yildiz, esterno destro di David, fin lì spalle alla porta e più servizievole che servito.

Il Parma di Cuesta, 30 anni, si è aggiudicato le schermaglie d’apertura: nel primo tempo, con Lovik («parato» da Cambiaso); e nel secondo con il Pellegrino di cui sopra (murato da Bremer, 326 giorni dopo, una benda a ricordare i capi tribù). Quelle, e basta. Non che la Juventus non avesse avuto occasioni. Anzi: testa di Conceiçao, pugni di Suzuki; tocchi sotto misura di Bremer e David; palo del «portoghesino». Ma è stato quando i suoi hanno alzato un po’ gli (algo)ritmi – e il mister abbassato la cresta – che la trama si è impennata sino alla presa del tabellino.

E dal momento che il calcio è metà arte e metà riffa ecco l’ingresso di Vlahovic, il rosso a Cambiaso-Laocoonte, per sbracciata proterva a quel serpente di Lovik, il contropiede del turco e il sinistro del serbo per un 2-0 che un volo di Di Gregorio avrebbe poi difeso dalla mira di Bernabé, uno dei migliori.

Dunque: a segno i centravanti. L’acquisto e l’esubero. Sarà quel che sarà, ma intanto la realtà è questa. Scadenze o non scadenze. Ingaggi o non ingaggi (tanto, mica li pago io). Allo Stadium, Yildiz. Al Sinigaglia, Nico Paz. La fantasia al potere non stanca mai. La Juventus ha attaccato fin dall’inizio, e non appena rimasta in dieci ha sfoderato la lama di una ripartenza da football senza tempo. La scorsa stagione, con Thiago e Pecchia in panca, era uscito un pareggio: 2-2. Sono paragoni di una notte di mezza estate, e come tali, con Shakespeare, fermiamoci qui.
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Se questo è un Diavolo

Roberto Beccantini23 August 2025

Pronti, via. Molti sono allegri e molti no.

** Sassuolo-Napoli 0-2 (McTominay, De Bruyne). Campioni in scioltezza. Si ricomincia dalla specialità della casa: cross di Politano, testa di McTominay. Poi, nella ripresa, punizione serpentesca di De Bruyne, con il Dna del gol appeso a deviazioni inesistenti come il cavaliere di Calvino (più o meno). A corredo, traversa dello scozzese e palo di Politano. Se «McDomini» fa il libero d’attacco (sinistra-centro), l’ex City ha l’aria del prof che, alla prima lezione nel nuovo istituto, si guarda attorno per capire e farsi capire. Con Lobotka lucchetto sull’uscio e Lucca al posto di Lukaku – non la stessa cosa, ma la stessa fisicità – Conte, non ho dubbi, censurerà le due o tre leggerezze difensive che avrebbero potuto sabotare la trama. Il «Sassuolino» di Grosso, in dieci dal 79’ (espulso Koné, per somma), non graffia e non morde. Troppa differenza: specialmente se sfoderi un tridente – Berardi, Pinamonti, Laurienté – poco incisivo e peggio servito.

** Milan-Cremonese 1-2 (Baschirotto, Pavlovic, Bonazzoli). Al di là della rovesciata, splendida, di Bonazzoli. Un povero Diavolo, al guinzaglio di un Modric mesto, senza Leao, con Ricci e Jashari in panca, Pulisic periferico, tre vagoni deragliati (Estupiñán, Pavlovic, Gimenez) e un Fofana «costretto» a mansioni troppo grandi per il suo condominio. Dicono: le scorie dei «portoghesi». Sarà: era solo il battesimo, ma Allegri si dia una mossa (se ne è ancora capace); e la società, una scossa. Chapeau a Nicola: soffrono i suoi, che discorsi, ma appena possono, pizzicano. E a San Siro, per giunta. Clamorosissimo. A proposito dell’1-1, con Zerbin a terra: il fair play è moto dell’animo, non spillo della legge.

** Roma-Bologna 1-0 (Wesley). D’accordo, un gollonzo: su «assist» involontario di Lucumì. Ma l’esordio del Gasp è pugnale sguainato, palo di Cristante, aggressione, occasioni.
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