Il servizio del Napoli. La risposta della Juventus. Il Catania veniva da tre successi; il Chievo di Corini, in casa, era ancora imbattuto. Detto che il Calvarese del San Paolo è stato molto casalingo (nel dubbio, sempre pro Mazzari), ognuno ha vinto con le proprie armi: il Napoli, saltando addosso agli episodi; la Juventus, recuperandoli dalla trama, controllata o dominata per 93 minuti meno dieci.
O risolve Cavani o decide Hamsik o ci pensano entrambi. Sono i giocatori che Conte non ha: il primo, soprattutto. La Juventus è più squadra: si sapeva. Due brutte partite. A Conte e Alessio mancavano fior di titolari. Non dico che la capolista abbia rischiato di subìre la quinta rimonta del 2013, fra campionato e Coppa Italia, ma ha fatto poco per evitare che qualcuno potesse pensarlo. La bussola è stato Vidal, non Pirlo, reduce da infortunio e in palese ritardo. Sul pisolo del secondo tempo, può aver inciso anche la spedizione di martedì, chez Marchetti.
E’ scesa in campo, la Juventus, con il Napoli nel suo «letto». Ha gestito con saggezza le pressioni. Continuo a considerarla favorita, a patto che non ceda all’alibi del complotto: nessuna sconfitta ha dato gas alla concorrenza quanto le isterie post Genoa. Il rigido gennaio è finito e febbraio ha subito segnato il ritorno alla vittoria. Fiorentina, Celtic, Roma: guai ai pallidi.
Vero, la Juventus non azzanna più le partite come la stagione scorsa, ma anche il calendario, con la Champions, non è più lo stesso. Come era nei voti, il mercato invernale non ha portato risorse. I nervi tesi di Conte si spiegano con le illusioni distribuite dalla società , Marotta su tutti (caso Drogba). In attesa che Anelka sia pronto (?), avanti con Matri, autore di uno splendido gol, Vucinic, Quagliarella e il «solito» Giovinco, metà di tutto (fino al momento del tiro) e metà di niente (dopo).
Inesattezza sig. Beccantini, nessun capo d’accusa è caduto. Per mandarci in serie B si sono dovuti inventare un illecito che non esisteva nell’ordinamento sportivo. Quello per cui si altero’ il campionato, senza alterare il risultato di nessuna partita……….ricorda?
Gentile Axl Rose, finalmente: non c’entrano niente, of course. L’ho fatta così, per curiosità : se qualcuno si ricordava la giornata. I rigori e il Napoli. Modestamente, l’unico che hanno preso in stagione, a Pechino, se lo ricordano ancora. Anche noi, vero?
Gentile Riccardo Ric, lei è stato l’unico, oggi, a citare la bracciata di Lichtsteiner sfuggita a Bergonzi, in un’occasione che avrebbe potuto portare al gol. In questo oceano di statistici ad squadram, di alibisti, di senza memoria, la ringrazio a nome di tutto lo staff medico.
……ah no, dimenticavo, lei ci avrebbe mandato in serie C perchè Moggi “ordinava” gli arbitri per le amichevoli e per il “Berlusconi”.
Sig. Beccantini, se era una provocazione, ha raggiunto il suo scopo, ma che c’entrano le ammonizioni di Cannavaro con l’unico rigore, in 61 partite, fischiato contro il Napoli?
Gentile Axl Rose, per fortuna che qualche capo d’accusa è caduto, se no altro che serie C…
ah, era rigore netto, checchè dica Braschi. Ed a dire che non era rigore ha creato un precedente pericolosissimo, quell’incosciente…
Un sogno, un utopia (forse). L’articolo èTratto dal sito del messaggero, l’oggetto è il dopo Italia-Francia del six nations, e, un po’, vivendo a Roma l’ho vissuto direttamente.
ROMA – «Daje!». «Vive la France!». Rocco e Philippe si abbracciano, il cappellino dell’Italia sfiora la parrucca blu bianca e rossa. Non ha colori la festa del rugby, tutti insieme a brindare, vincitori e vinti.L’altra faccia dell’Olimpico: niente fumogeni e poliziotti con i caschi, solo bicchieri di plastica che si toccano e pacche sulle spalle. «Bravi francesi», «no, italiani forti», scambi di complimenti. «Però ridatece la Gioconda», scherza Rocco e gli stranieri sorridono per cortesia senza capire.
Fabienne i colori li indossa tutti, una parrucca italiana e una collana francese, e poco le importa se ha fatto migliaia di chilometri per vedere la sua squadra perdere. Il terzo tempo è una vittoria condivisa, comunque sia andata. «Non c’è accanimento nel rugby, non c’è odio non c’è razzismo. Sugli spalti è bellissimo, si crea una grande familiarità », Michele ha lavorato due giorni per cucire i cilindri con il tricolore dell’Italia per lui e gli amici. «O vinci o perdi sei contento lo stesso e passi due ore a divertirti».
Sfilano Asterix, Obelix, Assurancetourix con le spade, gli elmetti di plastica e le trecce. «Grande partita, l’Italia è stata forte, noi un po’ di meno». E poi i moschettieri, Athos, Porthos e Aramis e D’Artagnan con i mantelli e cappelli piumati, il tifo alla fine è un gioco e anche una sfida può diventare un Carnevale. «Viva il rugby, è lo sport più bello del mondo. E non lo dico perché abbiamo vinto», assicura Pasquale, romanista. «Niente a che vedere con il calcio. Quello è solo business ormai, qui c’è la passione e l’amicizia».
LE FAMIGLIE
E vallo a spiegare a quelli che all’uscita dello stadio sono infuriati o esaltati che ci si può divertire anche così, dimenticando che maglia indossi e mescolando la gioia della vittoria con la delusione della sconfitta per farne una sola festa. Alcuni ragazzi francesi sono seduti a terra, in fila, un italiano alla volta si lancia sul gruppo, una specie di tuffo, atterra sulle mani sollevate. Gli altri lo sorreggono finché non arriva alla coda di quella specie di trenino e via un altro. Foto di gruppo finale e chi passa si mette in mezzo. Simona, Federica e Giulia abbracciate a tre ragazzi francesi.
«Li avevamo incontrati stamattina a piazza del Popolo. Ci prendevano in giro: tanto vinciamo, siamo noi i più forti. Poi li abbiamo incontrati adesso e si sono messi a scherzare con noi. Bello, no?».
Tanto bello che Gianfranco e i suoi amici il tifo per la Roma lo fanno da casa. «Allo stadio veniamo solo a vedere le partite di rugby. Troppa tensione nel calcio, qui c’è solo amore per lo sport e per la bandiera». Sul palco c’è Syria, davanti agli stand del villaggio ci si ferma a bere e chiacchiarare nonostante il freddo. «Queste parrucche le abbiamo comprate a Madrid», quella di Simona è viola e quella di Serena color bronzo, seguono il rugby da tre anni. «E’ un piacere venire alle partite. Ci sono i bambini, le famiglie. Un’atmosfera di grande serenità ». Padri e figli lasciano lo stadio con gli stessi beretti da jolly.
I CAMPIONI
Gli ex azzurri del rugby hanno sfilato in campo. Evelino Aio, due volte campione d’Italia con L’Aquila rugby ha ancora il cappellino della divisa. «Siamo stati forti, soprattutto nel secondo tempo. Prima i francesi erano i professori e noi gli allievi, adesso ci siamo avvicinati e abbiamo dimostrato quanta strada abbiamo fatto». La partita finisce con il fischio dell’arbitro, poi la rivalità diventa festa.
Il calcio è fatto di episodi al limite e controversi, a me piace, anche, per quello. Ma perchè c’è questa smania di dividere tutto tra bianco e nero, tra giusto e sbagliato, tra “era rigore” o “non era rigore”. Ma che du palle….
Ma le parole di Braschi di oggi sono incoscienti, doveva dire. “nell’azione di Grankvist come l’arbitro decide l’azzecca sempre, e sempre sbaglierà .”. Sarebbe stata frase che avrebbe comunque suscitato polemiche, ma almeno avrebbe detto una cosa sana ed istruttiva, oltre a portare rispetto per il calcio….
P.S. tra il chiedere scusa e porgere l’altra guancia c’è un mare di differenza…
Non le intereseranno sig. Beccantini, ma Sandulli (anche ) per quelle ci mando’ in serie B e lei ci avrebbe mandati in serie C……….
Gentile Axl Rose, voi mi rispondete, loro non mi rispondono.