Bologna «champione»

Roberto Beccantini12 maggio 2024

l 7 giugno del 1964, il Bologna si laureava campione d’Italia per la settima e ultima volta. Il 14 ottobre del 1964, a Barcellona, usciva dalla Coppa dei Campioni (si chiamava così, allora), battuto, non dall’Anderlecht, ma da una moneta. Sono passati sessant’anni. Il Bologna è in Champions: per la sconfitta della Roma a Bergamo; soprattutto, per il gioco che ha prodotto, brillante e moderno; e, questo, grazie a un allenatore straordinario, uno dei pochi che hanno aggiunto valore e non propaganda: Thiago «Drago» Motta. Giù il cappello. Complimenti alla società, dal presidente Saputo a Sartori, l’uomo mercato.

Sono felice per la città, per gli amici quaggiù e il Civ lassù. Dedico al Bologna e a Bologna il mio pronostico apparso su «Eurosport» il 18 agosto 2023, all’alba dell’avventura. Troppo comodo, salire sul carro «dopo».

Posizione in griglia, decimo posto. Spiegazione: «Thiago Motta, ai ferri corti con il boss Saputo, ha perso le lune di Arnautovic e il righello corazzato di Schouten. Travi, non pagliuzze. Sotto con l’ondata dei Beukema e Ndoye. Scritto che Orsolini schiavizza le fasce e Dominguez è il «Piave», urge un nove che la butti dentro: Zirkzee? O esplode o implode».

E’ esploso.

La «vera» impresa

Roberto Beccantini12 maggio 2024

Altro che l’Inter della seconda stella. Altro che il magnifico Bologna di «Drago» Motta o la Dea del Gasp che passa ad Anfield, sculaccia il Marsiglia e viene sommersa di coccole persino da «L’Equipe». La vera impresa la stanno realizzando la Juventus e Allegri: non battere in casa manco la Salernitana, con tutto il rispetto. E dover condizionare l’immeritato ingresso in Champions ai risultati della concorrenza. Per carità, gli ultimi saranno i primi, lo dice il vangelo. Il calcio però nasce laico e dovrebbe esserci un limite a tutto, a tutti. Complimenti a Pierozzi – suo il gol di testa che sgonfia lo Stadium, complice uno Szczesny un po’ così – a Colantuono e a una società che, pur retrocessa, sale a Torino e se la gioca. E fortuna «gobba» che il polacco si riscatti su Ikwuemesi, guanto a ghermire la palla. E che, al 97’, Basic alzi sopra la traversa dal cuore di un’area ormai svaligiata.

Quinto pareggio consecutivo. Quarto posto in classifica: come, modestamente, avevo previsto (fidatevi, qualche volta). Scoprire oggi l’Allegri bis è esercizio uggioso, lo stesso dicasi per certi alluci, per certe anime. Per carità, i tre legni (nell’ordine: di Vlahovic, Cambiaso e Miretti) ribadiscono che il destino non ne può più; e che il rasoio di Rabiot, in mischia, non è manna dal cielo: dal campo, se mai.

Lasciamo perdere il gioco, da febbraio crollato ai minimi storici come Wall Street nel 1929 (ma non è che prima…). La finale di coppa con l’Atalanta, mercoledì all’Olimpico, ha suggerito una formazione che, oggettivamente, avrebbe dovuto comunque spezzare le reni «almeno» alla Salernitana (ripeto: chapeau). Invece no. Sono entrati Chiesa, Iling-Junior, Yildiz, Miretti e Milik. L’urgenza e la foga hanno agitato fischi a ogni processione. Sino alla lotteria del 92’.

Dedicato ai trombettieri della Superlega.

Todo el Bernabeu es pais

Roberto Beccantini8 maggio 2024

Ci vorrebbe Salgari, ma dal 1999 è prigioniero del Camp Nou, di Bayern-Manchester United da 1-0 a 1-2, quando ormai tutto sembrava finito. Tutto, davvero. E allora tocca a me. Real-Bayern da 0-1 a 2-1 ha ricalcato – episodio più, episodio meno – quel copione, quel pathos, quel suicidio. L’ha decisa una doppietta di Joselu (8), il classico Sancho Panza che ogni Cervantes vorrebbe offrire ai mulini a vento di Don Chisciotte. E dal momento che il calcio non è una scienza (evviva), il là lo aveva dato il (sin lì) migliore in campo. Neuer. Formidabile in avvio su Vinicius (complice il palo), bravo su Rodrygo, reattivo sempre. Sino all’87’. Il destro di Vinicius (8) era un petardo, non una bomba: confuso il tedesco, feroce lo spagnolo. Normale, in compenso, il sorpasso al 90’: cross di Rudiger e zampata sotto misura. Con le coccole del Var.

Joselu, in campo dall’80’ al posto di Valverde. Un centravanti di ruolo. Finalmente. Ha riempito l’area. Per la cronaca, e per la storia, l’equilibrio lo aveva spaccato, al 67’, Alphonso Davies, pure lui un cambio. E bravo Tuchel. Si era infortunato Gnabry. Fuori una mezza punta, dentro un terzino. Macché terzino: una fionda. Puntuale, sul contropiede raffinato da Kane, a esplodere una lecca micidiale. Al diavolo le etichette: le funzioni, please.

Real padrone, Bayern a pizzicarne gli sbadigli. De Ligt (6,5) spremuto da Vinicius. Musiala (5) e Bellingham (5,5) più sherpa che capi-cordata. Ancelotti va, dunque, per la quindicesima: 1° giugno a Wembley, con il Borussia Dortmund. L’effetto Bernabeu ha scortato i blancos e, verso il 103’, ha «suggerito» un avviso frettoloso di offside e un fischio non meno incauto a Marciniak: un attimo, e De Ligt segnava, con i rivali, quei birichini, già fermi. Dopo la Liga, vinta per distacco, la Champions: al Real le rimonte sono di casa. Carletto trova spesso i fiori per sedurre il destino. I 34 anni di Joselu, stavolta.