Questo è uno spazio riservato ai giovani, d’età e di spirito. Gli argomenti sono liberi. Un solo limite: ogni articolo non deve superare le 30 righe. Naturalmente, non ci sono vincoli alla fantasia. Una commissione, da me presieduta e da me composta, premierà di settimana in settimana, con l’onore di un aggettivo, il “manufatto migliore” (come direbbe Emma Marcegaglia).
Scrivete, scrivete: qualcosa resterà . E magari anche qualcuno.
È partito. Il campionato che fu il più bello del mondo è cominciato.
Con qualche anziano protagonista in più. Specchio fedele di una nazione che i giovani, dopo averli formati anche in modo eccelso, li accompagna all’uscita. Non è una fuga di cervelli ma cervelli in fuga da un sistema che del merito non sa che farne, prediligendo la conoscenza se non proprio la raccomandazione.
E questo torneo te lo raccomando: avrà pure una pausa per il campionato globale e mondiale degli altri. No, non ci saremo, ad indicare un livello della realtà che i media si rifiutano di riconoscere.
Non ci credete? Chiunque vincerà lo scudetto difficilmente supererà i quarti della Champions. Il torneo dei migliori e più ricchi (e dei più fortunati considerato l’ultimo vincitore).
È la povertà il nostro problema? No, son le priorità : quando hai delle risorse devi saperle investire nelle necessità primarie. Son forse le armi “per gli altri” la nostra priorità ?
Chi compra il Real (che continua a vincere nonostante le spese altrui)? I migliori giovani di prospettiva.
Che campioni arrivano da noi? Over 30 dalla pancia tante volte già piena ma che alla moviola (questi i ritmi nazionali rispetto alla Premier) risultano vincenti e più che dignitosi.
Che vinca la migliore (dei “fu” migliori)
Luglio 1982, il mese che l’Italia diventó Brasile
Le prime due, Argentina e Brasile, al campo estivo dei Salesiani.
Eravamo sessanta ragazzini di undici anni, che non potevano perdersi le partite dell’Italia, fin dal dopo pranzo esisteva solo più quello.
I preti, nascostamente, ma mica poi tanto, facevano il tifo anche loro e avevano allestito la cappella a mo’ di curva da stadio, con il televisore più grande che avevano trovato messo sull’altare.
E noi si urlava, si guardava, si soffriva, si scappava fuori ad imitare gli scatti di Tardelli, le parate di Zoff, ed anche i pestoni e le tirate di maglia di Gentile.
Nell’intervallo ci facevano dire i Vespri, inutile provare a fare rispettare l’orario della cena – ma, del resto, chi aveva fame? – e tutti a pregare che Dio si dimenticasse che i suoi “figli” erano Maradona e Zico e concedesse i suoi favori anche ai ragazzini mingherlini come eravamo noi, e Paolorossi come noi.
Mai nella vita partite più belle, nemmeno la finale, 3 a 1 alla grande Germania, che vidi poi a casa, tornato dalla colonia, con il papà e il nonno. Loro due continuavano a dire che i tedeschi ci avrebbero ripresi, e che il rigore era segno del destino, e che non potevamo farcela, ed io che stavo zitto, ma sapevo che, quel mese, il dio del calcio voleva bene ai ragazzi vestiti di azzurro, anche e soprattutto quelli mingherlini, come Paolorossi.