Polvere di stelle, polvere da sparo. Sarà anche come il vento, la lontananza, ma il tempo di Sivori non passa mai. Enrique Omar Sivori. Ha tolto il disturbo il 17 febbraio 2005, vinto da un tumore al pancreas. Si era ritirato nella natia San Nicolàs de los Arroyos, San Nicola dei ruscelli, cuore pulsante delle guerre civili argentine. Aveva 69 anni.
Argentino di culla, italiano di sangue. Gli avi erano liguri, di Cavi di Lavagna. Peronista e devoto a Evita fino al midollo, giocava nel River Plate. Arrivò alla Juventus nel 1957, suggerito da Renato Cesarini, quello della «zona» omonima, cinque scudetti dal 1931 al 1935. Tango y tunnel: molti della mia generazione devono a Omar una sorta di big bang emotivo e seduttivo. Boniperti-Charles-Sivori: si diceva trio, all’epoca, non triade come oggi, o trojka come ieri.
La prima Juventus di Sivori scese a Bologna per un’amichevole estiva, ne prese sei (a uno), papà tornò dallo stadio e mi disse di stare tranquillo: Sivori era un genio; la Juventus avrebbe vinto il campionato. Così fu.
Camporese è Omar per lui. Idem Milanetto. Quanti Omar, «figli» di Omar. Sivori è il padre di Maradona («Diego è un buono, va a terra e non reagisce. Io no, ero una carogna») e il nonno di Messi. Tutti uomini di «sinistro». Stava al calcio, Omar, come Fred Buscaglione alla musica leggera dell’epoca. Eri piccola così. Guarda che luna. Whisky facile. Pagato uno sproposito (157 milioni di lire), diventò il cocco di Umberto Agnelli e il vizio dell’Avvocato. Giocava con il dieci tatuato sulla schiena. Uno così, era marcabile ma non omologabile. I suoi gol arrivavano da un minuto di adrenalina che ne sotterrava ottantanove di oppio. Era quello che noi ragazzi avremmo voluto essere: un diverso.
A suo modo anticipò il Sessantotto – l’anno in cui, per pura coincidenza, si sarebbe ritirato – trasformando il mestiere in una sfida, e la sfida in ribellione (agli arbitri, agli schemi). Impossibile non notarlo. I calzettoni giù, una foresta nera per capelli, di qui «cabezòn» (testone), la lingua capace di oltraggi triviali, i bulloni spianati contro gli sbirri deputati alla sua cattura. Mai una volta che abbia porto l’altra guancia. E se per non farsi male doveva farlo, lo faceva. Come, per esempio, a Grani, stopper del Catania. Aveva promesso, costui, che alla prima occasione gli avrebbe rotto un ginocchio. Sivori fu più veloce: piede a martello e ciao legamenti.
La sua specialità era il tunnel, cioè la palla accompagnata con un ringhio dell’anima fra le gambe del cliente. Il massimo della perversione. Una pernacchia dell’alluce. In quell’Italia lì, democristiana, bigotta, laboriosa e ambigua sin dal titolo del telequiz che ne avrebbe addobbato le notti tormentate, «Lascia o raddoppia?», c’era proprio bisogno di un discolo geniale come Omar. Un vizioso che ci viziava, renitente al protocollo e al galateo, con quei tiri sospesi nell’aria e nell’area, parabole corte e provocanti come minigonne. Mancino dal talento disordinato, capace di strappare i sogni e adattarli al suo ancheggiare ciondolante, alla sua hybris possessiva.
Servì le nazionali di Argentina e Italia, fu il primo Pallone d’oro italiano, vinse tre scudetti, tre Coppe Italia e un titolo di capocannoniere. C’era poesia, e non solo isteria, nel suo incedere incantato, incazzoso. Gli angeli della faccia sporca: lui, Maschio, Angelillo. L’idea venne al massaggiatore, subito dopo una partita che la «selecion» aveva giocato nel fango.
La fedina di Sivori avrebbe fatto la sua figura nei commissariati del Bronx, come certificano le 9 espulsioni e le 33 giornate di squalifica. Leggendaria rimane l’ordalia dell’addio alle armi. Era il 1° dicembre 1968, aveva rotto con Heriberto Herrera, il ginnasiarca paraguagio maniaco del «movimiento» e di slogan tipo «Per me Sivori è come Coramini». Aveva scelto Napoli e il Napoli. E la scintilla fu proprio Napoli-Juventus (2-1). Una rissa biblica: Sivori e Favalli, poi Panzanato e Salvadore, persino Chiappella, tecnico dei partenopei. Il giudice sportivo usò la clava: 9 turni a Panzanato, 6 a Sivori, 4 a Salvadore, 2 mesi a Chiappella.
La falce del destino gli portò via Umberto, uno dei tre figli adorati. Omar non ha mai lasciato conti da pagare. Né in campo né fuori. E se devo scegliere un momento, fra i tanti che ne hanno decorato la carriera, scelgo il gol al Chamartin di Madrid, la tana del Real. Quarti di Coppa dei Campioni 1961-’62. All’andata, a Torino, aveva deciso Alfredo Di Stefano, amico di Omar fin dai tempi del River. Al ritorno, ci pensò il cabezòn. Un agguato dei suoi, da bravaccio manzoniano. Fu la prima sconfitta casalinga del Real in Europa. Non bastò: i bianchi si rifecero poi nello spareggio di Parigi (3-1).
L’oblio non lo colse impreparato. Era tornato in Argentina, tra le sue vacche e i suoi cieli, pronto all’ultima recita. Sono passati dieci anni, e non siamo ancora usciti da quel tunnel.
Il buon Sacchi che chiama a testimonianza del fatto che non è razzista, aver avuto Rijkard nella sua squadra, mi fa venire in mente la storia di quella signora che per provare che non era razzista, guardando una bambina di colore esclamo’….bella quella bambina, anche se è nera”.
Il club londinese condanna duramente l’accaduto, affermando in un comunicato che “non c’è spazio per discriminazioni e violenze” tra i sostenitori della squadra e annunciando che, se le persone coinvolte nell’incidente saranno identificate come possessori di abbonamenti allo Stamford Bridge o con qualche legame con la squadra, verranno loro ritirate le tessere e saranno espulse a vita. Condanne arrivano anche da parte dell’associazione dei tifosi del Chelsea, dai media inglesi e dalle organizzazioni che lottano contro il razzismo nello sport.
David Johnstone, direttore del giornale dei tifosi del Chelsea: “A causa delle azioni di mezza dozzina di persone ora tutti i tifosi del Chelsea rischiano di avere la reputazione di razzisti. Sono certo che la maggioranza dei nostri sostenitori siano disgustati da quanto è successo. I 2 mila tifosi al seguito del Chelsea a Parigi fanno il tifo per una squadra che ha un proprietario di origine ebraica e in cui la maggior parte dei giocatori sono neri e stranieri”. Secondo il Daily Mirror, un’esigua minoranza di facinorosi di estrema destra si mescola ancora tra i tifosi del Chelsea ed è fra di loro che vanno cercati i protagonisti della violenza di ieri.
Il Chelsea offre il suo appoggio a qualsiasi azione penale contro gli autori del vergognoso episodio, definendolo “un abominio nello sport e nella società”. ——–>…..come qualsiasi club italiano…….
…anche perché non abbiamo alcun motivo per inutili ricami, tipo quelli di Blatter o di Del Rio, o del mercante Raiola, a cui va benissimo come stanno le cose.
…anche perché non abbiamo alcun motivo per inutili ricami, tipo quelli di Blatter o di Del Rio, o del mercante Raiola, a cui va benissimo come stanno le cose.
Infatti (Dimas e Lovre, ciao) qua è un luogo politicamente scorretto per definizione, e il buon Arrigo lo abbiamo compreso,
#forzalaclinicadelbeck
Dimas
ma quante ne sai!!)))))
D’accordo con lovre sul ns politicamente corretto del cazzo, non se ne può più.
Odio gli antirazzisti di professione quasi quanto i razzisti.
Andare sanamente affanculo tutte e due le categorie.
Il termine “nigger” venne usato da Martin Luther King nel famoso discorso “i have a dream”.
Tutto il resto è noia (cit.)
Intanto je suis Sacchi’,basta con questo moralismo stupido.Si prega di ascoltare quello che Sacchi dice in filmati ufficiali(in rete)poi….solo poi giudicare.Ma no per partito preso,Sacchi ha detto una sacrosanta verità,il nero o negro come vogliamo definirlo?Chesso’:Ominide originario della regione Africana?Ma non facciamo ridere,in Italia non si può dare del sordo a chi non sente,sordo è una parolaccia?Siamo un popolo di bacchettoni sulle minchiate ma sulle ladronerie della politica siamo dei Pecoroni!Tornando al calcio,la Juve di Lippi(primi 2 scudetti)perse clamorosamente in casa con Lazio 0-3 e Udinese(in 10) 0-3;lagnarsi per domenica scorsa fa ridere!!
Probabile che sia in ottica Zaza Berardi (quest’ultimo sembra averceli i colpi…….la testa un po’ meno) come dici tu, vedremo. Poi bentornato a Matri, nella speranza che la butti dentro quando serve.
Scritto da Lex Luthor il 18 febbraio 2015 alle ore 14:27
Sarei comunque sorpreso se due elementi su cinque del reparto d’attacco dell’anno prossimo fossero Zaza e Berardi. Nel senso che lo considererei un azzardo. L’anno scorso avrei puntato con decisione su Berardi, ma quest’anno il ragazzo mi sembra in calo, e come hai detto tu pare ci siano problemi caratteriali. Zaza sembra piu’ pronto, d’altronde é un ’91 e fa 24 anni a giugno (3 in piu’ di Berardi), non é piu’ un bebé.
Per me gli scenari sono due, partendo dal presupposto che uno almeno verrà a Torino:
1) Zaza subito, Berardi riscatato ma ancora un anno in prestito. E’ un’operazione che, pero’, ci costerebbe 30 milioni e che di fatto chuderebbe il mercato, a meno di cessione di Pogba o qualche altro big.
2) Zaza riscattato e Berardi venduto. Operazione neutra (costo del cartellino di Zaza = costo di metà Berardi = 15 milioni). Mercato ancora tutto aperto ma con un Zaza in piu’. Mi pare che questo scenario sia piu’ probabile.
L’attacco sarebbe allora Tevez, Morata, Zaza e due mister X, o uno solo se Llorente resta.
Grazie Mr Beck! Ottimo pezzo……..Saluti RIGOROSAMENTE BIANCONERI. ….da Francesco in particolare a Lex Luthor, Luca G e Joe Seychell dalla Bellissima Malta! …….. per Dumas, ancora non ho letto di una tua recensione sulle performances della Alessandra D’Addario in True Detectives. ..sei concentrato come un pomodoro su I Nibelunghi???!??… ….;))))))….@ Martinello, Ciao, ….ottima l’idea del andar per funghi. ….lo riscrivo. ……
FORZA JUVENTUS SEMPER FIDELIS ☆ ☆ ☆!
Francesco