La rosa che non colsi

Roberto Beccantini9 dicembre 2017Pubblicato in Per sport

Prendete lo zero a uno di Napoli-Juventus e rovesciatelo. Avrete, più o meno, lo zero a zero di Juventus-Inter. D’accordo, al San Paolo parò più Reina, il portiere della squadra che attaccò, mentre allo Stadium ha parato di più Handanovic, il portiere della squadra che ha fatto catenaccio (nella ripresa). Metteteci anche la traversa di Mandzukic e il senza voto di Szczesny, dettagli che contribuiscono a gonfiare il partito di quelli che ai punti avrebbe vinto la Juventus. Come no.

Resta la morale di una partita bruttarella ma chiara. Allegri ha cercato di vincerla a modo suo, dimenticando a lungo Dybala in panca (e Douglas Costa, sempre). C’è però qualche fanatico che continua a paragonarlo a Messi e Cristiano Ronaldo e allora, quasi quasi, mi viene da parteggiare per il mister. Se mai, non ho capito l’uscita di Pjanic: fin lì uno dei più lucidi.

Spalletti, lui, ha juventinizzato l’Inter. Un ventello a testa alta e poi, piano piano, indietro tutta. Quante volte, in passato, Madama giocava, pareggiava o vinceva così, difesa bloccata, centrocampo fitto, contropiede (alla buon’ora)? Si chiama, in gergo, «prova di maturità».

I peggiori sono stati quelli che consideravamo i migliori: Icardi, Higuain, Perisic, Candreva e gli spiccioli di Dybala. Quando con la miglior difesa imbottigli il miglior attacco, è molto probabile che ciò avvenga perché hai disarmato il centravanti avversario, a costo di abbandonare il tuo. La Juventus, in campionato, segnava da 44 partite. Lo schema di riferimento è stato lancio di Pjanic per Cuadrado, cross di Cuadrado per Mandzukic. Non è bastato.

Il mio pronostico era 1-1. Ci sono andato vicino (ma non Vecino: sa e può far meglio). Spalletti ha ottenuto quello che voleva. Allegri, quasi: la rosa più guarnita non ha fatto la differenza.

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