La notizia della positività al coronavirus dello juventino Daniele Rugani, primo caso in serie A, entra nella carne del nostro calcio con il sibilo, secco, del pugnale. E la squarcia. Irrompe poco dopo una delle partite più palpitanti di una stagione allo stremo, il Liverpool che in un Anfield pieno zeppo porta l’Atletico ai supplementari, con Wijnaldum, lo «elimina» con Firmino ma poi si fa rimontare dalle forze fresche che il Cholo sguinzaglia dalla panchina, doppietta di Llorente e contropiede di Morata. Sono stati i portieri a orientare il risultato: Oblak, con le sue parate; Adrian, con il goffo rinvio che ha innescato il primo gol. Il Liverpool campione d’Europa, del Mondo e padrone della Premier fuori già agli ottavi di Champions: e così sia.
In un Parco deserto, nel frattempo, il Paris Sg cancellava l’1-2 di Dortmund con le reti di Neymar e Bernat. Vi avrei parlato di un Haaland abbandonato e sterile, del rosso a Emre Can dopo una rissetta con Neymar. Il comunicato della Juventus ci precipita, di peso, nella realtà più dura: quella che, per due ore di evasione, eravamo disposti, il sottoscritto in testa, a barattare con l’emergenza. A volte si pensa che lo sport (il calcio, soprattutto) possa essere un’isola a sé, ma anche i suoi campioni, controllatissimi entro i recinti sacri dell’agonismo, vivono di relazioni, da persone normali, con persone comuni.
Con il ritardo del sognatore – e, spero, non del complice – mi arrendo anch’io. Al diavolo i calendari. Penso a quella salute che gli eroi dello sport ci hanno spesso «aiutato» a immaginare intangibile e contagiosa, felici (noi) di poterla sventolare come bandiera delle nostre crociate quotidiane.
Auguri a Rugani e a tutti i Rugani anziani e giovani del mondo. E a tutti i medici, infermieri e soldati Ryan che per loro combattono e rischiano infinitamente più dei miei polpastrelli.
se aprono bar ristoranti centri comm stadi , insomma…tutti i posti dove c’e’ il rischio assembramento, sono da rinchiudere e buttare la chiave
Riccardo come mai hai abolito la J,stava tanto bene!
Per fortuna la mortalità di questo virus non è alta, perché altrimenti, vista la sua alta contagiosità, ci sarebbero ben altre cifre tra le vittime.
Libertà’ di stampa non significa libertà di scrivere cazzate,campate in aria!Questo Iacoboni ha la fissa contro i russi,è lo stesso che li tirò in mezzo a proposito delle elezioni del marzo 2018.Chissa’ non sia Tafazzoff?
https://www.lastampa.it/esteri/2020/04/04/news/l-italia-avverte-mosca-grati-per-gli-aiuti-ma-il-diritto-di-informazione-non-si-tocca-1.38675633
….
Alle tesi di Dino Zoff non do credito, anche perché aborro i complottismi, tutti, ma che la Russia non sia ancora particolarmente abituata alla libertà di stampa, mi pare evidente. Ammesso che dopo tutto questo pandemonio (sic) il concetto di libertà di stampa abbia ancora un significato.
non mi ritenevo, io.
@Dino zoff
mi ero riproposto di ignorarti.
Farò un’eccezione perché mi tiri in ballo a sproposito e forse inconsapevolmente (ma penso che la tua intera esistenza sia all’insegna dell’inconsapevolezza).
Ero stato io a parlare di riposizionamento del brand, naturalmente non nei termini che tu accenni ad Ezio.
Deformare un concetto, utilizzandolo per secondi fini e rivolgendosi a terze persone cercando infantilmente una sponda ti qualifica …
PS ti avevo già detto che rinunciavo a spiegarti in quanto non mi ritenevi in grado di spiegarti concetti di marketing strategico. Puoi trovarti un corso online, in fondo sei a casa a cazzeggiare…
(di Marco Palombi – Il Fatto Quotidiano) – Che la risposta, anche “industriale”, al coronavirus sia stata lenta e inadeguata tanto a livello centrale che regionale non è un mistero. Nella penuria di attrezzature sanitarie per far fronte all’onda del Covid-19 in queste settimane si è scatenata una polemica quasi continua tra il governo e le Regioni, specie la Lombardia, più esposta al virus e alle polemiche sulla sua gestione. La novità è che i governatori finora hanno fatto la parte degli accusatori, ma ora il gioco potrebbe essersi rovesciato: “Chiedete alle Regioni cosa stanno distribuendo, sarebbe interessante saperlo”, ha detto ieri ai giornalisti il commissario per l’emergenza Domenico Arcuri scatenando, come vedremo, una sorta di guerra con Attilio Fontana e il resto della sua giunta.
Una premessa. L’idea, a Roma, è che ormai la filiera della produzione e degli acquisti dei “dispositivi di protezione” (dalle mascherine in giù) e dei macchinari più complessi sia rodata dopo le iniziali defaillance: per questo da ieri è online una mappa detta “Ada” (Analisi distribuzione aiuti) che giorno per giorno riporta ogni singolo prodotto consegnato dallo Stato alle Regioni nell’ambito dell’emergenza Coronavirus dal 1° marzo in poi. Aggiornato a lunedì, si tratta di circa 50 milioni di “pezzi” di materiale sanitario di vario genere, arrivato ovviamente in larga parte nelle regioni più colpite (oltre il 20% alla Lombardia). La pubblicazione è stata fortemente voluta dal governo e un po’ meno dai presidenti di Regione: a quanto risulta al Fatto, quasi la metà si è dichiarata contraria nella video-conferenza di lunedì. L’idea dell’esecutivo è che ora siano i governatori a dover spiegare cosa hanno fatto col materiale consegnato: il sotto-testo, neanche troppo nascosto, è che in questo mese i livelli locali non si siano invece organizzati a sufficienza per far arrivare i dispositivi medici dove servono. Tanto più che il ruolo dello Stato centrale in questa vicenda non è unico, ma concorrente con le Regioni: “E a volte supplente”, butta lì Arcuri.
La reazione della Giunta lombarda – la cui narrazione finora è ruotata attorno al concetto “è tutta colpa di Roma” – è stata un clamoroso autogol: “Sto leggendo dal sito del governo la lista del materiale che presumono di averci inviato. O si è perso qualcosa tra Roma e Milano o hanno sbagliato l’indirizzo del destinatario”, ha detto in diretta Facebook l’assessore al Bilancio Davide Caparini. Peccato che quella lista di oltre 10 milioni di pezzi – tra cui 6,8 milioni di mascherine di vari tipi e 458 ventilatori per terapia intensiva e sub-intensiva, oltre un terzo di quelli distribuiti – sia stata vidimata dalla stessa Regione: “Evidentemente Caparini non è informato che domenica 29 marzo, alle ore 21.59, la dottoressa Maddalena Branchi (delegata della Regione Lombardia alle relazioni con gli Uffici del commissario) con una mail ha dato conferma dei materiali inviati dal governo nell’intero mese di marzo alla Regione”, gongola Arcuri nella sua nota di risposta. Il paradosso è che, essendoci una differenza sul numero di un prodotto (i monitor), “in via prudenziale” nel sistema sono stati immessi i numeri della Lombardia e non quelli del governo.
Lo scontro tra Roma e la giunta leghista sembra essere ormai totale. Ieri, per dire, Fontana – finito di celebrare l’ospedale costruito alla Fiera di Milano – in Consiglio regionale è tornato a ricordare che lui ha chiesto misure restrittive per settimane, mentre il governo spandeva ottimismo sull’epidemia. La replica del governo, affidata a fonti anonime, testimonia lo stato dei rapporti: oltre a ricordare i materiali sanitari e le decine di medici inviati (russi, albanesi, italiani tanto civili che militari), la costruzione di due ospedali da campo (Crema e Cremona), il trasporto di 73 pazienti gravi fuori regione, dal governo fanno notare “che i presidenti delle Regioni sono stati sempre liberi di intervenire con misure maggiormente restrittive. Il presidente Fontana, se lo riteneva giusto, avrebbe ben potuto adottare misure restrittive anche in passato, senza ridursi alla sera del 21 marzo, nelle stesse ore in cui le agenzie di stampa davano la notizia che il governo stava per annunciare il nuovo decreto per sospendere le attività produttive non essenziali”. In una giornata così non poteva mancare nemmeno la polemica, ormai rituale, sulle mascherine: un’azienda lombarda “può produrre 900 mila mascherine al giorno”, ha detto Fontana, ma il prodotto non ha ancora l’autorizzazione dell’Istituto superiore di sanità. Arcuri però, che pure ha promesso autorizzazioni più rapide, non pare preoccupato dai numeri: “Abbiamo acquisito 300 milioni di mascherine, che arriveranno progressivamente” e in generale “abbiamo una dotazione di dispositivi di protezione individuale che crediamo ci serva per due mesi”.
Immunità di gregge.alla fine pare che Boris avesse ragione solo che ci si deve arrivare progressivamente e non facendo ammalare migliaia di persone tutte insieme vista l’alta mortalità del virus come successo a Bergamo e come pare sia successo a Wuhan,dove si mormora che i decessi siano almeno dieci volte superiori rispetto a quelli annunciati.
Due le speranze:la prima come dice giustamente Ezio e’un farmaco che minimo eviti l’ospedale.
La seconda è il vaccino ma qui la vedo lunga.
https://www.repubblica.it/vaticano/2020/04/03/news/coronavirus_l_appello_del_papa_momento_difficilissimo_siate_generosi_-253064746/?ref=RHPPLF-BH-I253013165-C8-P1-S1.8-T1
Ah si generosi come voi del Vaticano vero!?