Quarti d’Europa, i miei pronostici

Roberto Beccantini1 luglio 2021Pubblicato in Per sport

Agli ultimi Europei, nel 2016, i quarti furono: Polonia-Portogallo, Galles-Belgio, Germania-Italia, Francia-Islanda. Ne sono scomparse sei, addirittura. Tutte, tranne Belgio e Italia. E tre sono i pronostici degli ottavi che ho sbagliato: Francia (ça va sans dire), Olanda e Svezia.

L’Europa è, per tradizione, più democratica dei Mondo. L’albo d’oro racconta di dieci regine in 15 edizioni: Germania e Spagna (3); Francia (2); Unione Sovietica, Italia, Cecoslovacchia, Olanda, Danimarca, Grecia e Portogallo (1). Il Mondiale, viceversa, è molto più tirchio: Brasile (5); Germania e Italia (4); Argentina, Francia e Uruguay (2); Inghilterra e Spagna (1). Ricapitolando: otto padroni nell’arco di 21 rodei. Non credo a un motivo speciale o specifico, ma è così: la Grecia del 2004, che il catenaccio di Otto Rehhagel portò oltre l’alba del Cristianesimo, ne incarna il confine più drastico e romantico.
Dall’analisi tecnico-tattica emerge, per ora, un certo qual piattume. Viceversa, molti i gol e molte le emozioni. Non penso che ci sia contraddizione. Il divertimento è una cosa, lo spettacolo un’altra: non sempre coincidono. Stiamo consumando gli ultimi spiccioli di una stagione zavorrata dalla pandemia. Una stagione infinita sfinente. I centimetri di Arnautovic, la sciocchezza di De Ligt, l’errore di Thomas Muller, il rosso a Danielson: non sono rari gli episodi che, più degli schemi, hanno orientato i risultati.

Ancora. Dalla fase a gironi alle partite secche è come passare dal matrimonio all’adulterio: un po’ di noia ma avanti spesso, un po’ di bollori ma rischio elimination. La costruzione dal basso è stata ridotta e nessuno, dico nessuno, è sceso in piazza. I «dieci» sono stati deportati in fascia (Insigne), parcheggiati in (Grealish) e c’è chi, come Mbappé o Griezmann, ha pagato la spocchia più ancora delle lavagne scostumate di Deschamps.

Sono sempre meno i mediani di rottura, e anche per questo si assiste a fasi livellate, a «transumanze» da una metà campo all’altra. Ci sono squadre che pressano in avanti (l’Italia) e altre, come l’Ucraina, che preferiscono rinculare e disturbare. Di registi classici sono rimasti Jorginho, Xhaka e Busquets. La sorpresa non è l’Inghilterra in quanto tale, ma l’Inghilterra che non ha ancora preso gol.

In generale, molta correttezza e, per questo, arbitraggi facili o comunque corretti da una Var casta, non invasiva, poco «italiana». Se i mani-comi hanno chiuso, è anche merito di braccia più savie.

E adesso, i pronostici dei quarti.

** Svizzera 49% Spagna 51%. Aborro i devoti del fity-fifty. Petkovic e Luis Enrique sono tecnici duttili, che inseguono idee, non mode. La Svizzera che ha rimontato la Francia da 1-3 a 3-3 è una signora équipe. Con ogni rotella al suo posto: portiere (Sommer), stopper (Akanji), radar (Xhaka), centravanti (Seferovic). Un macigno, la squalifica di Xhaka. Ecco: le furie vanno a scosse, con un portiere non proprio di cemento (Simon) e una fase d’attacco che non dà mai l’impressione di essere un rullo e invece 10 gol nelle ultime due partite. Morata, scuola Real, ha un debole per gli atti unici. Li sente, li doma. Anche nei momenti in cui ne sembra schiavo. Perché questo è il suo limite: l’ultimo step.

** Belgio 51% Italia 49%. Sempre che De Bruyne ed Eden Hazard recuperino. In caso contrario, Italia 51% Belgio 49%. Mancini è un visionario, Martinez, tutto tranne che un reazionario. Più gioco, gli azzurri, più giocate e giocatori i belgi (terzi all’ultimo Mondiale, mai dimenticarlo). Lukaku versus Bonucci e Acerbi: una chiave, certo. Ma pure la nostra velocità di crociera: Spinazzola, Di Lorenzo. Inoltre: Berardi che sfianca o Chiesa che spacca? Riproporrei la formula-Austria. Con Locatelli subito e Verratti dopo. Vanno in crisi, i nostri, se presi a spallate, se spinti alle corde. Occhio ai lanci pro Lukaku, attenzione alla fascia sinistra, i fratelli Hazard o Thorgan più Carrasco. La chiave rimane De Bruyne: non ha un recapito, vive sopra i ponti della normalità, ha un calcio che è scintilla. Il Belgio, in compenso, è un po’ datato dietro, un po’ lento, anche se – finora – gli hanno segnato solo i danesi.

** Ucraina 40% Inghilterra 60%. Sulla carta è così, almeno per me. Southgate ha trovato la quadra attraverso il sacrificio di Foden e Mount. Il ritorno di Maguire, il tremendismo di Phillips, Rice e Shaw, la libertà «geografica» di Sterling hanno contribuito ad accentuare quel concetto di fabbrica che farà poco impero ma può portare lontano. Pickford, inoltre, è un portiere, non più una ipotesi. E Harry Kane: in Russia sparò tutte le cartucce al pronti-via, stavolta primo gol negli ottavi, alla Germania. Prezioso, sempre. Decisivo, dipende. Shevchenko, lui, è un tecnico pragmatico: presidierà i valichi, pronto a trasformarli in rampe. Zinchenko e Yarmolenko sono le travi, Shaparenko e/o Malinovskyi pagliuzze in grado di solleticare l’audacia.

** Repubblica Ceca 49% Danimarca 51%. L’ordalia meno attesa. Da una parte, un edificio fondato sul «comunismo» del tutti per uno e uno per tutti, da Soucek a Barak, con Schick terminale altalenante ma coinvolgente. Dall’altra, i candelotti di quella «danish dynamite» che, negli anni Ottanta, fece di Copenaghen l’ombelico di un calcio salgariano, fuori dalla mistica delle favole. Attorno a capitan Kjaer si muove un ricordo, non semplicemente un sogno. Do you remember 1992? Maehle, Braithwaite e Dolberg non sono eredi ma neppure intrusi. Figli della stessa fiamma, tutti. Per tacere dell’affetto (e dell’effetto) Eriksen.

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