Inter d’Arabia. A Riad, terra di molti sceicchi e pochi sceriffi, il Milan si arrende in fretta: sotto di due già al 21’. La squadra di Inzaghi alza, così, la settima Supercoppa della storia, tante quante i cugini, a due dalla Juventus. Debuttava il fuorigioco semi-automatico, arbitrava Maresca, lo stadio proprio pieno non era. E addirittura la teca dove nascondere – per rivendere, naturalmente – la palla del primo gol: «venghino venghino».
Dieci minuti di schermaglie conventuali e, per una ventina di minuti, solo Inter. Quella che aveva sconfitto il Napoli. Feroce. Sul pezzo. Agile. Ispirata. L’episodio che spacca l’equilibrio è una transizione fulminante: Dzeko-Barella (sul filo di Kjaer)-Dimarco. Il raddoppio nasce da una punizione «lontana» di Bastoni che Dzeko, scartato Tonali e complice la ninna-nanna delle altre sentinelle, trasforma in un destro magistrale e micidiale. Poi bombardamento di tiri e di angoli.
Il Milan è fermo, molle e immobile, alla rimonta inflittagli dalla Roma di Mou. Eliminato in coppa da un Toro in dieci, mortificato per un tempo a Lecce dal Lecce. Troppo leggeri, Brahim Diaz e Junior Messias per cozzi così maramaldi. Di Pioli, non ho capito la rinuncia a Saelemaekers, oscuro ma prezioso equilibratore. Avrebbe tenuto d’occhio i blitz di Dimarco, immagino. Theo è l’ombra del gigante che fu, anche perché Barella lo morde sempre e comunque.
Per alcuni, Inzaghino è uno tra i più antichi degli allenatori moderni e uno tra i più moderni degli allenatori antichi. Sarà . Forse perché, nella ripresa, l’Inter arretra e lascia campo al Milan? A casa Onana, però, non arrivano che «telefonate»: l’unica parata seria risale al primo tempo, sull’uno a zero e su sventola di Leao. I cambi sono trafiletti a piè di pagina. E’ un Diavolo sgonfio, quello che finge di cingere d’assedio gli avversari. Così sgonfio che, al 77’, sull’ennesimo arcobaleno dalle retrovie (di Skriniar, stavolta), Lau-Toro, fin lì gregario, si beve Tomori, controlla di sinistro e, d’esterno destro (ve lo raccomando), fulmina Tatarusanu, con Tonali e Bennacer uno dei meno peggio.
Non c’è stata partita, se non nelle intenzioni della propaganda. In questi casi, è sempre azzardato scremare meriti e demeriti. Nell’Inter, tutti dal sette in su: con punte per Dzeko, the best, Barella, Dimarco, Darmian e il «tridente» difensivo. Nel Milan, tutti dal quattro in giù i califfi: da Theo a Leao a Giroud. Per tacere di Tomori, che califfo non è ma ci aveva abituato a ben altro, e di un Kjaer che, al rientro da titolare, è stato più testimone che protagonista.
Inter-Milan 3-0. Per una volta, il risultato è «sposo» fedele della trama.
Gatti e’ veramente un fenomeno.
Arbitrale Mr Bean, ma coi capelli rialzati.
Bel gol!
Miiiii che bel Kean e che cross del cheeseburger!!!
Bravissimi.
FORZA JUVEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!!!!!!!
Visto che la Juventus non è da qualche anno ormai una società seria ed ha lasciato il maestro Sarri (vincitore di quello che, se non arriva Tonio, chissà per quanti anni sarà il nostro ultimo scudetto) in pasto ai giocatori beh, c’è speranza che adesso qualcuno sia più intelligente e sveglio del Monociglio e mandi a fare in culo il Cialtrone, perchè il presente e futuro sono Chiesa e Dusan, non un ribollito che pensa solo al “27 del mese.”
La variabile bianconera è che la società è quotata in borsa…
Scritto da Causio il 19 gennaio 2023 alle ore 17:16
——————————————
Ma dal punto di sportivo non ha nessuna rilevanza.
Ce n’è una invece che è scappata in italia per non pagare un cazzo di nessuno (creditori, fornitori, lo stato) in cina. Alla exor sono dilettanti. Gli zhang invece si professano nullatenenti. E in effetti detengono il NULLA.
Non potete toccarci altrimenti vi facciamo causa per 444 milioni.una societa’che e’ scappata in Olanda per non pagare le tasse in italia .
Il solito sporco ricatto.che da anni attraversa questo paese.