Una mezz’oretta, almeno. La traversa di Gatti, i tre gol annullati per fuorigioco (il terzo, di Vlahovic, per un «passetto» di McKennie), il tap-in di Gatti. Non solo: un’aggressività da vecchi tempi, Chiesa e il serbo riforniti e istruiti. Con la Fiorentina rannicchiata e pavida. Allegri sembrava Italiano, Italiano pareva Allegri. Avrebbe meritato di più, Madama, ma i centimetri danno e i centimetri tolgono.
Piano piano, è cominciata un’altra partita. La «solita». La Vecchia sulle sue, gli avversari audaci per forza, se non proprio per scelta. La settimana di coppa aveva portato un successo a testa: la Juventus, martedì, 2-0 alla Lazio. La Fiorentina, mercoledì, 1-0 alla Dea. Cerotti su mappe di cicatrici.
Le staffette hanno avvicinato le differenze e ribaltato la trama. Da Maxime Lopez e Sottil (soprattutto) sono arrivate zanzare fastidiose. Allegri tornava Allegri: indietro Savoia. Italiano, Italiano: un torello che, per quanto sterile, accerchiava il fortino e rendeva spasmodica ogni mischia. Sarebbero serviti, all’ex Tiranna, contropiedi più ficcanti dell’autogol sfiorato da Milenkovic e delle titubanze assortite di Vlahovic. E alla Fiore, banalmente, un centravanti.
Dal 60’ o giù di lì, catenaccio puro. E super Szczesny (più traversa) a negare il legittimo pari a Nico, e poi a Beltran, complice lo scudo umano di Nzola. I lucchetti di Bremer, Gatti e Danilo tenevano botta. Il 75% di possesso aiutava la Viola a crederci, ma non a raggiungere l’obiettivo. Yildiz aveva sostituito Chiesa, Iling-Junior un non malvagio Kostic. Non vinceva, il Minimum Max, dal 25 febbraio: 3-2 al Frosinone. E’ il secondo squillo nelle ultime dieci gare. Sono talmente incavolato per il pari del Liverpool a Old Trafford che la chiudo qui per paura di «innamorarmi» del risultato.
Sono sotto l’incantesimo del fantino. Vorrà dire che noleggeranno un torpedone per andare a vedere le partite al gabbione, con un groppo in gola per il bel calcio pane e salame degli anni cinquanta.
Partita come al solito, intervista come al solito: il nulla totale.
A chi possa piacere una Juve cosí, che quando vince lo fa in capo a sofferenze estenuanti, con un catenaccio mesozoico, proprio non lo capisco. E ancora meno capisco chi vorrebbe andare avanti cosí dopo tre anni di zero kelvin.
Se guardiamo al quinto posto, non è cambiato nulla se non che c’è una partita in meno. Se guardiamo al sesto posto allora sono due punti guadagnati sull’atalanta.
“Non ci siamo riusciti” … il mantra, da Allegri a Locatelli…
Bene dai. Quelle dietro perdono punti, la Juve riesce a vincere ma giocando di merda toglie ogni dubbio, ammesso che ci sia, a chiunque abbia qualcosa tra le orecchie.
Dove si può andare col 25% di possesso palla, non so. Vittoria simile a quelle del periodo buono. Se la rosa,.soprattutto a centrocampo, non è eccelsa, se la panchina non è una risorsa, l’allenatore DEVE compensare. Il calcio è semplice: o no?
Gentile Dario, complimenti vivi.
Due successi in dieci gare.
Cacciatelo
“per paura di «innamorarmi» del risultato.” …rido….si rassegni Beck…e’ già innamorato del risultato, anche se non è molto di moda….
primo