Palazzi, il troppologo

Roberto Beccantini5 giugno 2011Pubblicato in Calciopoli

Per capirlo, bisogna cominciare dal plurale del cognome. Palazzi. Il singolare, Palazzo, avrebbe avuto tutto un altro senso, tutto un altro impatto. Meglio così, meglio il plurale. Molti, troppi sono i dossier ai quali deve fare fronte, lui, superprocuratore di una Federazione che per presidente ha un albero (Abete) e per poliziotto di riferimento, appunto degli edifici (Palazzi).

Ricapitolo a beneficio del lettore: i miasmi postumi di Calciopoli 2, non lievi e non marginali visto il livello delle telefonate trascurate; l’esposto della Juventus per la revoca dello scudetto revocato e consegnato, a tavolino, all’Inter; la radiazione pendente sul capo di Luciano Moggi & Antonio Giraudo (non solo loro, ma soprattutto loro) da qualcosa come cinque anni, diconsi cinque; l’inchiesta di Premiopoli, tesa a stabilire, come ha ricordato Fulvio Bianchi sul sito di «la Repubblica», se vi siano state certificazioni o autocertificazioni false a coprire i rimborsi per i «premi di carriera e preparazione» dovuti ai club dilettantistici; buon ultimo, il marcio dell’ennesima Scommessopoli (alla quarta puntata, se non sbaglio, dopo l’edizione del 1980, la replica del 1986 e la coda del 2004).

Ecco: tutto questo «mal» di Dio è nelle mani di un uomo solo al comando: Stefano Palazzi. Non sarebbe il caso di dargli una mano e/o affiancargli qualche spalla, posto che le scadenze della giustizia sportiva devono essere – o almeno dovrebbero – frenetiche, efficaci, immediate? Giro la domanda ad Abete e, per la proprietà transitiva del tentennamento, a Petrucci. Già il dottor Palazzi non risulta un modello di velocità (quando non «sente» l’argomento, peggio per l’argomento); se poi aggiungiamo il castello di decisioni che lo attende, poveri noi.

Il tempo stringe Palazzi, Palazzi stringe il tempo: anche questo, se vogliamo, è un referendum.

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