Uno contro tutti

Roberto Beccantini3 novembre 2013Pubblicato in Per sport

Dalla pancia dello stadio olimpico di Torino è emersa una partita che mi ha riportato ai tempi in cui, all’oratorio, il più dribblomane di noi aspiranti Sivori sfidava tutti gli altri, a cominciare dal proprietario del pallone. Spesso, vinceva proprio lui. Nel calcio moderno vincono, di solito, gli altri. Non sempre, però, Non questa volta, almeno. E allora: Toro uno Roma uno. Prima non vittoria, dopo dieci consecutive, della capolista.

Il dribblomane a me caro è Alessio «Winston» Cerci, 26 anni e finte ondeggianti come i suoi riccioli. In passato, lo avremmo definito un’ala; oggi, è un esterno (per il 4-4-2) o una punta larga (per il 4-3-3). Mi piace il suo coraggio, quella spavalderia di vivere il calcio fuori dagli schemi. Per un tempo, la partita è stata: Cerci contro la Roma. Non poteva che essere in vantaggio la Roma. E difatti lo era. Poi, alla ripresa, qualcuno gli ha dato una mano e proprio Cerci ha pareggiato il gol di Strootman, una via di mezzo tra Emerson e Neeskens.

Mi sono entusiasmato a seguirne i sentieri. Tirava da tutte le parti, Cerci, scartava chiunque gli capitasse a tiro. Sembrava la prolunga, misteriosa e suggestiva, di Gigi Meroni. La fabbrica di Rudi Garcia, già scossa da uno smash di Meggiorini (che parata, De Sanctis!), ha riaperto al volo per gli straordinari, ma non le è bastato. Un calo di tensione, in assenza di Totti e Gervinho. Nulla di drammatico: ci mancherebbe. Il calendario le strizza l’occhio: domenica, Roma-Sassuolo e «spareggio» Juventus-Napoli.

Cerci è uscito nel finale: mai così stremato, mai così applaudito. Il segno distintivo resta il dribbling, i cui influssi diabolici sono invisi a quei curati del pressing alto e del regista basso che raccomandano tonnellate di Pater, Ave e zona. Ci sono società che inseguono uomini di fascia, Alessio è molto ala e poco terzino, ma un pensierino glielo avrei dedicato.

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