La forza del piedino

Roberto Beccantini20 marzo 2014Pubblicato in Per sport

Dalla giostra è sceso improvvisamente Gonzalo Rodriguez. Fallo su Llorente, secondo giallo. Non era una partita di campionato. Era il ritorno degli ottavi di Europa League. Non dirigeva un arbitrucolo qualsiasi. Officiava sua maestà Howard Webb, il cerimoniere dell’ultima finale del Mondiale, a Johannesburg, e della «bella» di Champions tra Inter e Bayern, al Bernabeu. Al di sopra di ogni sospetto. Molto al di sopra.

La prendo larga perché conosco i miei polli, e le galline degli altri. Come se un colpetto di bisturi, corretto, avesse aperto la pancia di una partita piatta, noiosa. La Juventus stava crescendo, costrettavi dalla contabilità, la Fiorentina stava rannicchiandosi attorno allo 0-0 liberatorio. Le grandi squadre sanno cogliere l’attimo. Conte aveva la fissa del terzo scudetto consecutivo, dei cento punti, di tutta quella roba lì. Per i miei gusti, ne aveva parlato sin troppo. Le scelte non si strillano.

Poi, è chiaro, la punizione di Andrea Pirlo, 35 anni a maggio. Dal Genoa alla Fiorentina. Senza bisogno, questa volta, dei riflessi di Buffon per proteggere il gruzzolo. Non proprio la stessa traiettoria: sempre, e comunque, la stessa malizia balistica. Chiedo anche a voi: cosa conta di più, il gioco o i giocatori? Credo di poter immaginare le risposte di Gasperini e Montella.

Juventus nei quarti, dunque, e Fiorentina fuori. Montella ha costruito una squadra d’attacco: Pepito Rossi non c’è, Gomez, il vero Gomez, non c’è ancora. Tirate pure le somme. Palle-gol concesse da Bonucci e c., due: a Gomez subito e poi a Ilicic. Sono altresì convinto che, a saper pesare i risultati, sarabande come quella di Marassi facciano più bene che male. La Juventus conosce i suoi limiti. E’ un pregio, come ha sottolineato Diego Simeone. Soprattutto a primavera, quando la spia del serbatoio comincia a inclinarsi, pericolosamente.

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