Sembrano tutti dovuti, gli scudetti della Juventus. Come se il censo degli Agnelli bastasse, da solo, a produrli, a giustificarli. Invece no. Ognuno ha la sua storia, il suo fascino. Questo è il trentunesimo, il quarto consecutivo (anche per la Clinica, inaugurata il 7 novembre 2011), il primo di Massimiliano Allegri, sul Conte del quale ero molto scettico. Come nel 1977, in occasione del «battesimo» di Giovanni Trapattoni, la Signora l’ha partorito a Marassi, contro la Sampdoria. Veniva dall’impresa di Bilbao, quella Juventus. Dovrà inventarsene un’altra, «questa»: martedì c’è la Champions, c’è il Real, c’è Cristiano Ronaldo.
Non ci sono parole: si dice sempre così, e poi si vergano lenzuolate. Come simbolo, prendo Carlitos Tevez. Come partita chiave, Lazio-Juventus 0-3. Come aggettivo, paziente. Succede all’imbattibile del primo Conte (zero sconfitte), al martellante del secondo, all’esagerato del terzo (102 punti, record dei record). Paziente (e versatile, aggiungo) nel senso che Allegri, precettato d’urgenza al secondo giorno di raduno, non ha avuto fretta. Ha aperto il 3-5-2 aziendale e vi ha lavorato come uno scaltro Geppetto, senza sfigurarlo ma neppure senza lasciarlo «immobile», fino al 4-3-1-2 che ne ha caratterizzato l’eclettismo morbido della gestione.
Il gol-suggello l’ha firmato Vidal, al 33’33″ del primo tempo: immagino la ola dei Pazienti di fronte a questa orgia di tre. D’accordo, la concorrenza non era straordinaria, ma la Juventus l’ha resa ancora più piccola. Neppure Conte lo aveva vinto alla 34a. E in piedi ci sono ancora le semifinali di Champions e la finale di Coppa Italia.
Soltanto una società «con le palle» poteva passare dal tribolato quadriennio post Calciopoli (terza-seconda-settima-settima) a un’esplosione così fragorosa: prima-prima-prima-prima. Questo scudetto ha confermato, inoltre, la centralità del club (Andrea Agnelli, Beppe Marotta, Fabio Paratici, Pavel Nedved): sembrava che, perso Conte, sarebbe crollato tutto. Non mi risulta.
Spesso, dimentichiamo quello che abbiamo scritto o detto. Ho tanti difetti, non questo. Ecco come presentavo la corsa al titolo sul numero 10 del «Guerin Sportivo» del 2014 (podio: 1 Juventus, 2 Roma, 3 Napoli).
«Si riparte da 102-85, il «risultato» dell’ultimo Juventus-Roma. Scordiamocelo. Sarà un campionato diverso, con meno Juventus, più Roma e la coppia Napoli-Fiorentina in agguato. Mine vaganti, le milanesi. Soprattutto l’Inter. Il passaggio da Conte ad Allegri fissa una frontiera ambigua. Difficile dire, oggi, cosa prevarrà: se i rutti da triplete o non piuttosto la volontà di ricavare nuovi stimoli per buttarsi oltre le colonne d’Ercole (e di Antonio).
Scacco alla regina, dunque. Garcia ci prova. Ha perso Benatia, tenuto Destro, aggiunto Astori, Manolas, Cole e Iturbe a un impianto già solido. Pjanic garantisce la fantasia, merce rara. E poi Gervinho-Totti-Iturbe: ecco qua un tridente che stuzzica l’appetito. I problemi sono l’effetto Champions e l’euforia dell’indotto. La Roma non potrà più nascondersi.
Quando si parla della Juventus, si deve per forza accennare alla pancia piena, ai rapporti Allegri-Pirlo, al dilemma del modulo, a un mercato di assestamento (te lo do io, Falcao), alla conferma di Vidal e Pogba. Conte era un martello, Allegri ha un altro stile: il cambio mi ricorda la staffetta tra Sacchi e Capello, al Milan. Sembrava la fine di un ciclo, ne iniziò un altro. Sulla Champions, patti chiari: con l’aria che tira, arrivare ai quarti sarebbe un successone.
Il Napoli di Benitez ha arredato la rosa senza appendere un Picasso alla parete. Higuain non si discute, ma i ceffoni di Bilbao hanno fatto rumore. La crescita del progetto è legata alle urgenze difensive e all’uscita di Hamsik dal tunnel nel quale si è ficcato. Scampato il pericolo Fellaini, occhio alla giostra dei portiere: Rafael e Andujar non mi sembrano all’altezza di Reina.
Tra gli «acquisti» della Fiorentina ci metto anche Gomez. Non ancora Pepito Rossi: è di nuovo fermo. Quarta operazione al ginocchio destro. La scorsa stagione, patirono infortuni così gravi da ridurre drasticamente l’arsenale d’attacco. E Cuadrado? Lo braccava il Barcellona, Pradé e Montella l’hanno «sedotto». In passato reclutavamo i migliori, adesso si stappa champagne quando ne resta almeno uno.
Non è da scudetto la Fiorentina, e non lo sono neppure le milanesi. Delle due, preferisco l’Inter. Compiuto il trasloco da Moratti e Thohir, non senza colpi sotto la cintura, il secondo anno di Mazzarri promette bene. Era nona, l’Inter che Walter ereditò: sfatta, in balìa di una svolta epocale. L’ha portata al quinto posto e in Europa League. Le basi sono meno fragili. C’è Vidic, c’è la spinta di Dodò, il cemento di M’Vila e Medel, il repertorio esplosivo-implosivo di Osvaldo: ma credo che il salto di qualità dipenderà, soprattutto, da Kovacic e Hernanes.
Così come, sul fronte milanista, l’addio di Balotelli, girato al Liverpool, azzera gli alibi. In un anno, Berlusconi è sceso da Allegri e Seedorf per salire su Inzaghi, la cui fede nel 4-3-3 ha qualcosa di mistico. Menez e Alex sono sfide low cost, l’operazione più suggestiva (e rischiosa) coinvolge «Torres Gump», ennesimo scarto di lusso. Con Bonaventura aumentano i jolly d’attacco. Scommetto su El Shaarawy, meno sulla difesa e Diego Lopez. Non ha coppe europee tra i piedi, il Diavolo: e questo è un vantaggio (ma pure una bestemmia). Inzaghi ha deciso: metà campo blindata e contropiede. Immagino i cortei a Fusignano.
Il resto del plotone è una diapositiva confusa, nebbiosa. Da Reja a Pioli, la Lazio rilancia la propria candidatura a un ruolo di mezzo, che a volte coincide con l’Europa e a volte no. Djordjevic, De Vrij, Basta e Parolo sono innesti di sostanza. La fibra di Klose e i progressi di Keita, classe 1995, orienteranno la marcia».
Prosit.
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IL DOTTORE ALL’INFERMO BECCANTINI: ROBERTO DICA 33 33 33 33 33
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ROBERTO, LA TUA E’ UNA MALATTIA ACUTA CHE SI PORTA APPRESSO DA 60 ANNI! L’ANTIJUVENTINITE, E’ UNA MALATTIA INCURABILE, E’ PRODUCE LITRI DI BILE….BILE ALIMENTATA DALLA VITTORIA CON LE SUE VITTORIE!
IN QUANTO AL CAMPIONATO SEI FREGATO, PERCHE’ LE TUE GUFATE NON HANNO PRODOTTO IL GUASTO! ORA PER NON RISCHIARE DI ANDARE A FARTI ROSOLARE DALL’INFAME TOPO DI FOGNA CATANESE (candido cannavo’), LA SOLA SPERANZA CHE TI RIMANE, E GUFARE CONTRO LA JUVE IN CHAMPIONS.
MA RI-DICA 33 33 33 33 33 E’ POI UNA DOPPIA DOSE DI MALOOX E A NANNA FAR ARIPOSARE IL FEGATO
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Il mio vecchio 33 giri è incantato
3, De pasquale, scheda svizzera, sucateeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee.
Un sentito grazie agli artefici dell’impresa. Prima i dirigenti che assumendo Allegri hanno fatto una scommessa piena d’incognite. Poi l’allenatore molto ben descritto dal Primario. Infine i giocatori, con la loro dedizione, il loro impegno, la lors capacità di fare squadra. Carlito lo metterei la primo posto, anche se una graduatoria viene difficile da esporre. Personalmente sono un grande sostenitore / difensore del guerrero. Ebbene, mi ha fatto molto piacere vedere Che il sigillo delle vittoria é venu tout da un suo gol (il settimo credo). Grande Arturo! Aiutaci a farci sognare ancora un poquito…. Con te un squadra si puo’ !
Abbiamo vinto il quarto titolo di fila. Dédicato a quelli che volevano seppellirci con Farsopoli. Imparate !!
33!
E’ quello prima del 34°
E non è ancora finita….Juventus!
Scudetto numero 33…quarto della nuova era post-calciopoli. Non era scontato ma lo è diventato. Quasi subito, forse dopo Juventus-Roma (3-2) , disfida più che sfida, storie di mani villani, di violini, di centimetri e di vedo non vedo. Una Juve alla Bernard Hinault, alla Miguel Hindurain. Partiva la corsa, scrutavano l’avversario, conoscevano il percorso e colpivano la, dove sapevano che gli altri sarebbero rimasti con la lingua di fuori e senza energie. E il nostro (loro) campionato è stato questo. Non si sa quanto basato sulle reali energie altrui e quanto sulle nostre, ma la forza psicologica (la testa), l’abitudine a respirare l’aria dell’ alta classifica, la consapevolezza della nostra forza ha fatto il resto. Non c’è stato bisogno neanche dei record di punti, o forse si: quello per distacco. Come Hinault , ricordo in una classica di primavera infliggere un distacco di 9 minuti al resto della truppa. Che dire…campionato vinto in scioltezza, avversari tenuti alla larga dalla testa della classifica con un minimo abbaio, forse, veramente troppo poco allenante. Mi dispiace per tutti quei giornalisti-edicolanti (una volta si chiamavano strilloni) che quest’anno non possono applicare il loro “metro” di giudizio, neanche i “loro” centimetri giustificano un distacco chilometrico, così mortificante. Di scorte …neanche a parlarne ne son vuoti i granai. Più di tutti è stato lo scudetto di Carlitos Tevez, mezzo Sivori, mezzo Baggio, e di Gianluigi Buffon, sempre più sulle orme del grande Dino Zoff. Entrambi una spanna su tutti. E’ stato il campionato della consacrazione di Paul “Polpo” Pogba, e di Alvaro Morata, da tenersi stretto a casa, come futuro Ibra. Come Pogba, alla faccia dei centomilioni.
Pensiero a parte va a Massimiliano Allegri. Per una vedova di Conte come me, è stato duro digerire il suo arrivo: la juventinità di Conte, l’antijuventinità di Allegri, i tre scudetti-tre trionfali, non era facile. Invece ha dimostrato di essere uomo umile, di grandissima intelligenza. Mai sopra le righe, self-control adeguato alla critica ed agli elogi. Ha reso facile con pazienza e garbo ciò che sembrava difficile, quasi impossibile. Ha messo in bacheca il quarto scudetto prima di tutto e di tutti. Raggiunto una finale di Coppa Italia che mancava dal 1995 ed è in semi (finale) di Champions League, roba da dodici anni or sono. Toscano come Lippi, viene da Milano come il giovane Trap : troppa grazia conte-Max.
CHE FIGO IL PRIMARIO: con un articolo ne fa due
…and counting!
33!!