Mentre la Clinica rotola mestamente verso la chiusura per prescrizione, auguro a tutti i degenti e alle loro famiglie buon campionato. A essere sinceri, non me lo aspetto così tagliato con l’accetta come gli ultimi due, il cui podio distribuì scarti da Nba: Juventus-Roma 102-85 e 87-70.
Se alla squadra che ha conquistato scudetto (il quarto consecutivo), la (decima) Coppa Italia ed è stata finalista di Champions League, togli tre colonne come Tevez, Pirlo e Vidal, quali che siano le ragioni, tale squadra non escludo che grazie ai nuovi innesti possa diventare più forte, o forte quanto basta per ripetersi, ma oggi è di sicuro più debole. La qual cosa non mi impedisce, informato dei fatti, di collocarla ancora in pole. Certo, la «Stiramentopoli» aziendale meriterebbe un’inchiesta, in bilico com’è tra il caso e il casino del fuoco amico (vacanze lunghe, ripresa spinta?), ma siamo in Italia, e allora m’illumino d’incenso. Tranquillo, Allegri: pura iella.
Chi dopo? La Roma, perché finalmente ha preso un centravanti (Dzeko). Al diavolo il falso nueve. Mi intriga la Fiorentina di Paulo Sousa, soprattutto se recupererà i gol di Pepito Rossi e Bernardeschi. Il Napoli è ostaggio dello strappo Sarri, troppo forte per non lasciare tracce comunque. Le milanesi, del tanto che hanno combinato sul mercato. Mancini ha ribaltato l’Inter, d’ora in poi zero alibi. Berlusconi ha affidato alla frusta di Mihajlovic le belve ribellatesi a Inzaghi. E pure qui, con Bacca e Luiz Adriano, bye bye Ménez e falso nueve.
La Lazio del Mauri «palazzinato» dovrà fare i conti con l’Europa, e potrebbe pagarne il fio. Però, quel Keita. Per concludere, uno spunto di riflessione: da Conte ad Allegri, la Juventus ha avuto sempre la miglior difesa, e solo in due casi, dall’avvento di Tevez, il miglior attacco. Si riparte da qui.
ANCHE SE ERA MOGGIOPOLI, E SOLO L’INIZIO!
Ecco altri tre documenti che scoperchiano il sistema-Milan
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Dopo le nuove intercettazioni sul Milan, Galliani si “ribella” contro i giornali ma per la prima volta è preoccupato ed emergono tre nuovi documenti compromettenti. Nella primavera 2005 in almeno tre riprese gli investigatori descrivono il “sistema rossonero” di condizionamento degli arbitri. Oggi l’incontro con Guido Rossi, ma il commissariamento della Lega è nelle mani di Borrelli.
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Se Adriano Galliani venerdì era «incazzato nero» contro certi giornali e sabato preferiva tacere per non esternare la sua «rabbia», ieri mattina, al terzultimo giorno di questo mestissimo raduno degli sponsor del Milan in Costa Smeralda, è esploso. Ma per la prima volta si è cominciato a preoccupare seriamente: ha chiamato l’avvocato Cantamessa, ha dettato un comunicato tonitruante («Il Milan si ribella») e ha iniziato a pensare a mettere su una vera difesa. Per la sua traballante poltrona di presidente di Lega e per il Milan che mai come ora è parso rischiare la retrocessione.
Sono passati appena venti giorni da quando Silvio Berlusconi, trionfante al fianco del suo vice, disse che il Milan pretendeva almeno due scudetti sottratti ai rossoneri dal sistema Moggi. «Siamo le prime vittime» è stato il tormentone di questa settimane. Una affermazione che oggi, alla luce delle indagini dei carabinieri di Roma, appare avventata anche a molti tifosi milanisti.
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Dicevamo di Galliani. Che ieri ha avuto la conferma di aver perso definitivamente anche lo storico appoggio del primo quotidiano italiano, la Gazzetta dello Sport. Dopo l’attacco di sabato dell’ex direttore Candido Cannavò, ieri la rosea è andata giù piatta. La cosa che più ha fatto imbufalire Galliani non è stato l’autorevole fondo con cui il vice direttore Ruggero Palombo ha promosso il Milan al secondo posto della speciale classifica di Calciopoli alle spalle della Juve di Moggi.
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E’ stato un perfido trafiletto, in coda al giornale, nella pagina dei libri, dove un anonimo estensore (il direttore?) lo invitava senza mezzi termini a fare come il “Barone Rampante” di Calvino: salire sulla prima mongolfiera che passa e sparire. Togliersi dai maroni , direbbero dalle sue parti. Mollare la presidenza della Lega. Ma non è finita. La cosa che più lo ha allarmato non è stato il puntuale resoconto in cui il capo dello sport de La Repubblica Fabrizio Bocca ha messo a nudo «il sistemino Milan» ironizzando sul «lato comico della vicenda», ovvero sulla «faccia tosta» di Moggi che dava all’alleato rossonero «qualche bella fregatura».
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E’ stato l’accostamento, che quasi tutti i giornali hanno fatto, fra il suo incontro odierno – programmato da tempo – con Guido Rossi e la presunta convocazione del commissario della Federcalcio per mandarlo a casa. E ancora, fra il suo tentativo di ridimensionare le responsabilità del Milan nonostante le intercettazioni, e la considerazione opposta di Borelli sul fatto che la rete del malaffare del pallone fosse molto estesa.
Ecco, Borrelli. Il nuovo capo dell’Ufficio indagini federale è il vero spettro che agita le notti e i giorni dei dirigenti rossoneri. Non solo perché quando era il procuratore capo di Milano fece vedere i sorci verdi a Silvio Berlusconi.
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Ma perché proprio Borrelli può essere lo strumento che consentirà a Guido Rossi di fare quell’intervento risolutivo che ormai tutti aspettano: commissariare Galliani o almeno, costringerlo ad un passo indietro che consenta ai club di A e B, che pure lo votarono compatti, di scegliersi una guida libera da conflitti di interesse. E soprattutto libera dal peso ingombrante di intercettazioni ed indagini sempre più compromettenti. Tutto dipenderà da come Borelli concluderà le indagini fra meno di due settimane: se il Milan sarà tirato in ballo pesantemente, come pare inevitabile, nessuno potrà salvare Galliani. Che questo lo sa benissimo e si agita in maniera scomposta. Facendo altri danni. Sabato, per smontare l’ipotesi di una combine in Udinese-Milan, ha detto di aver comprato Janculovsky «sei mesi prima»: quando era vietato, ha subito notato Zamparini.
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Ieri, si è fatto schermo di un passaggio dell’informativa dei carabinieri in cui le responsabilità del Milan “sarebbero” inferiori a quelle della Juve di Moggi. Ma che il Milan fosse parte del sistema malato è provato dagli investigatori aldilà di ogni ragionevole dubbio. Il primo documento che inchioda il Milan è datato 29 marzo 2005. E’ una richiesta di proroga delle indagini, in corso ormai da dieci mesi. A proposito del sistema Galliani si legge: «Nello specifico settore le risultanze emergenti dalle attività tecniche in atto e dalle complessive indagini continuano invece a produrre elementi utili a conferma delle attività di controllo del potere arbitrale e delle conseguenti commistioni ed attività di pressione esercitate in particolare sui designatori da parte della società calcistica del Milan.
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Infatti, sulla base degli elementi acquisiti si è riscontrato che, mentre sul piano decisionale-politico del sistema calcio vi sono interessi condivisi tra le due società ed in particolare una sostanziale convergenza, sul piano meramente sportivo, invece, vi è un serrato confronto – in relazione anche all’altalenanza dei risultati sportivi – tra il gruppo guidato da Moggi e quello guidato dai dirigenti del Milan. Entrambi i contendenti, per la parte di competenza, hanno instaurato rapporti di natura commistiva con tutto il sistema arbitrale ed in particolare con i designatori su cui ognuno dei due gruppi fa pressione per giungere al proprio fine. L’attività tecnica sta facendo emergere in maniera chiara che i due poteri forti del calcio italiano, ossia la JUVE ed il MILAN pur se alleati per quanto riguarda le scelte di palazzo, risultano, invece, avversari per quanto riguarda il sistema arbitrale anche se emerge nitidamente una maggiore capacità di dominio e controllo del MOGGI in relazione alle sue potenzialità ».
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Due settimane più tardi, in una nuova richiesta di proroga delle indagini, il passaggio è ancora più netto. «L’attività tecnica in atto continua a produrre conferme ed elementi utili sull’attività di controllo del potere arbitrale da parte del MILAN. Sulla base degli elementi acquisiti si è ancor di più comprovato (…) che l’altro corpo e forte potere del calcio italiano è il MILAN: questi, contrapponendosi sotto alcuni aspetti a quello della Juventus, determina a proprio favore tutta l’attività calcistica, le designazioni arbitrali, nonché le decisioni di questi, senza dimenticare che il Presidente del Milan è anche il Presidente della Lega Calcio».
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Passano altre due settimane e si registra una terza richiesta di proroga: «L’attività tecnica continua a fornire ampie conferme che anche il MILAN – in misura autonoma e comunque non organizzata – riesca ad incidere su alcune decisioni arbitrali».
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ECCO COME L’ADDETTO AGLI ARBITRI ROSSONERO MEANI, CON IL CONSENSO DI GALLIANI, SPINGEVA I SUOI UOMINI AD OCCUPARE LE POLTRONE DI AIA E CAN
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Le spintarelle di Adriano: D’Addato e Marano.
La ramificazione del potere del Milan, secondo le indagini dei carabinieri, si dimostra anche con le pressioni esercitate da Leonardo Meani, con il consenso di Galliani, per piazzare alcuni suoi uomini all’interno dell’Aia e della Can. Sono tre i nomi finiti nel mirino degli investigatori: Pasquale D’Addato,
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Salvatore Marano e Claudio Puglisi. Per i primi due le spintarelle sono andate a buon fine, di quella data al terzo invece non ci sono tracce.
Partiamo da Pasquale D’Addato, 59 anni, di Bisceglie in provincia di Bari. Dirigente provinciale della Confcommercio, già primo direttore del Comune di Bisceglie, è commissario di campo dal 1974, con una lunga trafila dai campionati giovanili fino alla serie A.
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Ha un rapporto molto stretto con Leonardo Meani, lo chiama spesso per avvisarlo anche quando sarà osservatore arbitrale di una partita del Milan (è lui che giudicherà De Santis il 27 febbraio 2005 dopo la vittoria rossonera nel derby con l’Inter, 1-0 rete di Kakà ). Ma è soprattutto nelle fase finale della stagione che D’Addato intensifica il suo rapporto con Meani: telefonate esplicite, in cui raccontava di colloqui avuti con Paparesta e chiedeva all’addetto agli arbitri rossoneri un aiuto per diventare il nuovo presidente Aia della Puglia.
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Meani, come dimostrano delle intercettazioni, raccoglie l’invito e poi chiama Lanese per raccomandarlo. E’ la fine di maggio del 2005, ad agosto D’Addato viene nominato dal presidente della Figc Carraro, su designazione presentata da Lanese, nuovo presidente del Comitato Regionale Arbitri della Puglia, il «primo non originario di Bari» (come dirà lui stesso appena saprà della promozione), al posto di Matteo Solimando, promosso a titolare del servizio di consulenza giuridico amministrativo e fiscale del Comitato Nazionale dell’Aia.
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A D’Addato arriva nelle mani una legione di circa 1600 fischietti, fra i quali, dice D’Addato, «due fuoriclasse come il barese Gianluca Paparesta e il molfettese Nicola Ayroldi». A poco meno di un anno dal suo insediamento, D’Addato è ancora in carica. «Non è in sede, è fuori per lavoro», ci hanno risposto negli ultimi giorni dalla sede Aia pugliese.
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Ma le spintarelle rossonere non si fermano a D’Addato. Un altro a beneficiare della raccomandazione di Meani è Salvatore Marano di Acireale, che grazie all’ok avuto anche da Galliani, entra a far parte della Can di serie C presieduta da Claudio Pieri e composta da Robert Anthony Boggi (Salerno), Martino Ghidoni (Cremona), Luciano Luci (Firenze), Antonio Serrao (Roma 1) e Sergio Zuccolini (Reggio Emilia). «Così abbiamo un pò di controllo anche nelle categorie inferiori, è meglio!», diceva Meani a Galliani. «Spinga pure», rispondeva il presidente di Lega. I risultati si sono visti.
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PER LUI I DESIGNATORI VENIVANO “TRANVATI”
E il “suo” guardalinee debutta ai Mondiali:
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Cristiano Copelli domenica a Messico-Iran con Rosetti, l’arbitro che gli è antipatico, m con il ule il Miln vince quasi sempre. Anche le partite che dovrebbe straperdere!
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Da Pietro Ingargiola a Mahmoud Ahmadinejad. Dagli spogliatoi dello stadio Granillo, dove fu rinchiuso da Moggi il 6 novembre 2005 insieme a Paparesta, a quelli del Franken Stadion. Da Virgilio, piccolo centro di diecimila abitanti in provincia di Mantova, a Norimberga, dove domenica prossima sarà uno dei due assistenti di Messico-Iran, la prima partita del gruppo D dei Mondiali, probabilmente sotto gli occhi del presidente iraniano.
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Cristiano Copelli, 39 anni da compiere il prossimo 14 giugno, assistente internazionale, di professione assicuratore con l’hobby della lettura, è uno degli uomini più vicini al sistema-Milan. Il legame a doppio filo con la società rossonera è dimostrato dalle indagini svolte dal Nucleo operativo dei carabinieri di Roma. Copelli non solo è un confidente di Meani, ma è anche molto protetto dal potentissimo addetto agli arbitri rossonero, che per lui è pronto a «dare tranvatine» ai designatori. Copelli sembra molto addentro alle logiche della società di Via Turati, tanto che Meani arriva a dire «spiegherò a Galliani che questo è un nostro uomo» e che lo stesso Copelli gli risponda in un’occasione «i giochi sono al nostro interno ed al nostro esterno».
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Copelli con Meani ha un rapporto molto intenso, parlano spesso spaziando su molti argomenti. L’addetto agli arbitri arriva anche a dirgli che ha parlato con Carraro, al quale ha detto che nel calcio «c’è troppa merda». Ma insieme analizzano anche il comportamento di Massimo De Santis, quello che si è poi rivelato il fischietto numero uno all’interno della cupola moggiana. «De Santis – dice Meani – si è messo ad arbitrare, secondo me ha capito che deve togliersi il servilismo ed andare per la sua strada, io penso che lui deve aver capito che se fa il servo». E sempre a lui Meani racconta di Moggi che «come dice GALLIANI, quando si incazza, che quello là non può pretendere di comandare il calcio italiano, perché lui dice è troppo comodo allora e Berlusconi, Moratti, in piccolo Zamparini sono tutti coglioni che mettono i soldi mentre lui comanda e fa quel cazzo che vuole».
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Ma è quando si tratta di proteggerlo che Meani dà il meglio di sé. Quando Copelli sbaglia in un Sampdoria-Palermo, concedendo un rigore inesistente ai blucerchiati in pieno recupero, l’addetto agli arbitri rossoneri si mette subito in moto per “salvarlo”. «Mi hanno massacrato – gli racconta Copelli , anche Bergamo (…) Leo ti ringrazio e ringrazio tantissimo Ramaccioni di cuore, perché in questo momento mi stanno, mi stanno arrivando delle legnate addosso che la metà bastano. Io chiamo Bergamo, mi ha distrutto, che probabilmente, anzi sicuramente hanno sbagliato tutto, che io non merito la fiducia…che mi toglie la gara internazionale che devo andare a fare…che probabilmente mi toglie la selezione dei 4 assistenti per…i mondiali…mi è venuto in mente il calcio di rigore…sai continua a dire la volontarietà …ma dico, scusa ma il calcio di rigore dato alla Juve da Ceniccola? Bergamo me ne ha dette di tutti i colori, cioè mi ha…mi ha massacrato!…proprio…cioè mi ha proprio rasato al suolo…io ti tolgo tutte le gare internazionali!». Da Meani gli arrivano subito rassicurazioni: «Ma adesso io gli parlo (a Bergamo, ndr)Adesso fai passare una settimana poi gli arriva…gli arriva una tranvatina nostra, vedi che si raddrizza». Dopo alcune proteste del ds del Palermo Foschi in tv che irritano molto Copelli, da Meani gli arrivano altri conforti: « Tu stai tranquillo! Adesso ci penso io, io appena passa la partita questa qui col Chievo mercoledì, io parlo con Galliani, lui lo sa Galliani, gli dico: senta questo qui è un nostro uomo gli dico io».
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Ma, a sei giorni dal debutto Mondiale uno al fianco dell’altro (la terna di Messico-Iran sarà Rosetti-Stagnoli-Ayroldi), è un’altra conversazione a sconvolgere quella che potrà essere la quiete degli arbitri italiani al Mondiale. Secondo quanto emerge dalle informative, non c’era un buon rapporto fra Copelli e l’arbitro torinese Rosetti. Copelli, infatti, “definisce l’arbitro una persona dalla quale guardarsi bene e fare attenzione, il riferimento è sempre diretto verso la direzione juventina: «Bisogna stare attenti con Roberto, guarda che non è proprio così eh attenzione, attenzione eh adesso, adesso iniziano le battaglie eh attenzione». Con Meani che gli risponde «si stanno muovendo le batterie pesanti», «adesso sono uscite dal gioco le corazzate». Non solo la Nazionale, ci sarà tensione anche fra gli arbitri italiani al Mondiale. (5/6/2006)
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E’ QUESTA LA CREDIBILITA’ DELLO SATATO ITALIANO?
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Regione Carabinieri Lazio, Comando Provinciale di Roma, 13 aprile 2005:
«Sulla base degli elementi acquisiti si è ancor di più comprovato – come già evidenziato nella nota pari numero datata 30 marzo 2005 – che l’altro corpo e forte potere del calcio italiano è il MILAN: questi, contrapponendosi sotto alcuni aspetti a quello della Juventus, determina a proprio favore tutta l’attività calcistica, le designazioni arbitrali, nonché le decisioni di questi, senza dimenticare che il Presidente del Milan è anche il Presidente della Lega Calcio.».
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Dopo l’intervento di Palazo Chiggi, il presunto supplemento d’inchiesta, cambio a 360 gradi del precedente giudizio.
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Regione Carabinieri Lazio, Comando Provinciale di Roma, 21 gennaio 2006:
«gli elementi acquisiti rafforzano il dato investigativo complessivamente emerso circa il consolidato strapotere che Luciano Moggi esercita sull’intero sistema calcistico, ponendo maggiormente in rilievo una situazione resa ancor più allarmante dall’esclusività di un tale potere, al quale non corrisponde un contraltare, non si affianca alcuna forza capace comunque di contrastarlo».
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23/5/2006 – LE RISPOSTE DI BECCANTINI AI SUOI LETTORI
(beccantini li definisce: i miei polli)
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Chiedo scusa per il ritardo, ma potete immaginare il caos e il lavoro di questi giorni. Dunque. Dall’alto in basso.
A beccantini-mentana: bravo Rossi, certo. Non capisco il seguito. A il gobbo di Vinovo: sono pagato dagli Agnelli e, relativamente all’esperienza di “Serie A Mediaset” da Berlusconi. Ciò premesso, non immaginavo che la situazione della Juventus fosse così grave. Ho volutamente lasciato il “Sassolino” sulla giustizia rapida perché è troppo facile parlare, e scrivere, con il senno di poi. Sono coinvolte altre società (Fiorentina, Lazio, Milan), ma quello che ha combinato Moggi è vergognoso e incredibile. I veri juventini dovrebbero essere i primi a prendere le distanze. Il “così fan tutti” non regge: anche perché fino a dove si è spinto Lucianone, non si era spinto nessuno.
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A Big One: rilassati. Ma non bere troppo.
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A beccantini-mentana: dovresti vergognarti delle volgarità che scrivi. Non offendi chi pensi di offendere: offendi la tua intelligenza (che non se la passa bene, a occhio).
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A Franco: perché avrei ciccato il “Sassolino” su Laudi?
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Ad Anonimo: manco io avrei festeggiato a Bari. Scritto e proposto su “La Stampa” di domenica 14 maggio.
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A Big One interista: scusa, ma con chi ce l’hai e perché?
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A Ciccio: concordo. Ma fammelo tu, per favore, un nome al di sopra delle parti.
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A Franco: un po’ d’ironia, meno male.
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A Ciccio: scagli la prima pietra chi è senza peccato. Gli scudetti eventualmente revocati non vanno ri-assegnati.
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A Carlo Liguoro: eccomi. Ho già chiesto scusa per il ritardo. Ripeto: non pensavo che si potesse arrivare a tanto. Nessuno è vergine, in questo mondo, ma ho l’impressione che Moggi e Giraudo abbiano “un attimino” esagerato, non trova?
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A Carlo Liguoro/2: da quello che è uscito, sembra proprio che Moggi, Bergamo, Pairetto e Lanese combinassero le designazioni (non solo per le amichevoli). Temo che ciò possa bastare per prefigurare l’illecito sportivo. Penso anch’io che, in Italia, si faccia un uso indiscriminato e magari illegittimo delle intercettazioni, ma poi si arriva al nodo di tutto: c’è o non c’è reato?
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A Carlo Ventimiglia: che, alla fine, Moggi possa uscire innocente, non ci scommetterei. Su Perugia-Juventus c’è poco da aggiungere. Collina o no, pressioni o no, sarebbe bastato non far segnare Calori. Concordo in pieno sul fatto che, alla fine, perderemo tutti. Sarà la giustizia a stabilire e mettere in fila le varie responsabilità dei protagonisti.
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A Franco: ho sempre pensato al filtro come a una censura. Per questo, l’ho rifiutato. Riconosco, però, che il cervello di alcuni bloghisti è piccolo piccolo. Troppe offese gratuite. Non vorrei essere costretto a metterlo, ‘sto maledetto filtro. Possibile che non si riesca a parlare di calcio in termini duri, magari durissimi, ma civili?
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A Fulvio: Preziosi fu beccato con il sorcio in bocca. Quanto a Moggiopoli, non mi pare che abbia assunto una posizione pilotesca. Se l’impianto accusatorio verrà confermato, la vedo male per Juve, Fiorentina e Lazio. Il Milan è coinvolto, sì, ma meno.
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Ad Anonimo: che bello sarebbe finalmente un campionato senza Juve. Ne è proprio convinto? Al contrario, penso che vi annoiereste tutti. Domanda: se non vi danno un rigore, chi manderete al diavolo?
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A Luigi Faedda: sinceramente, qualche pressione il ct l’avrà pure ricevuta – e non solo da Moggi – ma l’elenco dei 23 per i Mondiali mi sembra al di sopra di ogni sospetto.
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Ad Anonimo: vorrei non uno ma cento Guariniello. Uno per città , per società . Purtroppo, i sogni belli non si avverano mai (Sergio Endrigo, se non ricordo male).
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A Zeman pagliaccio: ebbene sì, sottoscrivo. Fiero di essere juventino, sempre. Dalla A ai dilettanti. A richiesta: chieda al suo edicolante il Libro delle intercettazioni pubblicato da L’Espresso. C’è quasi tutto.
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A Valentino: da Mancini a Cragnotti, ne ho scritto, riscritto e ri-riscritto. Possibile che siate così distratti?
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Ad Alberto: il probleme è che nel praticare il lobbysmo negli Usa ci sono delle regole, in Italia no. Non escludo che a far cadere il Palazzo abbia contribuito la svolta elettorale, il passaggio, cioè, dal centro-destra al centro-sinistra. Poi, magari, qualche vendettuccia trasversale. Importante è che si faccia piazza pulita, senza guardare in faccia nessuno.
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Ad Alberto: non prendo in giro nessuno, temo solo di aver sprecato troppi aggettivi. Tutto qui.
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A Leo: non sono d’accordo. La Juve era forte comunque. Cinque finali europee in 12 anni (4 di Champions, 1 di Uefa) sono un bottino invidiabile, anche se poi solo una è stata vinta. E abbiamo sempre detto, giustamente, che in Europa le “scorte” non ci sono. Calma.
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A il gobbo di torino: dove sono ambiguo? Avanti, spiegamelo.
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A Mario Soldati: clima da ultimi giorni di Pompei? Certo, ma mica è colpa mia. Si legga le intercettazioni.
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A Romano orgoglioso: questione di punti di vista, per carità .
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A Marco R:: purtroppo, non sono solo sospetti.
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A Big One: certo, se tutto viene confermato, via 2 scudetti e retrocessione
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A Franco: letto, il libro. Uno spaccato di Moggi e del Moggismo.
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Ad Anonimo: sono solidale con il suo disappunto per lo striscione pro-Moggi.
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A Marco R.: Forza Juve, sempre. Ma non cadiamo sulla solita buccia del complottismo prevenuto. Nastri cantano.
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A Franco: ingerenze-doping, ecco una tremenda ipotesi da non scartare. A Troppa cattiveria eccetera: a leggere le intercettazioni dei carabinieri, tutte, temo che Moggi sia stato molto più “cattivo” di me.
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A Noi ci ribelliamo: pagherei perché, nella sua demenza, avesse ragione.
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A Marco R.: a quali carte ti riferisci? A quelle torinesi o al resto del malloppo?
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A Ermanno Perrotti: condivido tono e argomento. Chi risarcirà i “veri” tifosi? Complimenti.
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A Renato Baserga: tutti e 28 gli scudetti, proprio no. Ma un paio, ho paura di sì.
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A Zeman Pagliaccio: credo, semplicemente, che la Juventus non aveva bisogno di arbitri come De Santis.
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A Franco: ci sono stati giorni in cui avevamo più notizie noi e giorni in cui ne avevano più altri giornali. Dopo lo sbandamento iniziale, “La Stampa” si è ripresa.
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A Zeman Pagliaccio: ma se Paparesta non ha il coraggio di scrivere sul rapporto di essere stato sequestrato da Moggi e Giraudo… Suvvia.
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A Neutro: sì, il mistero resta. Ma contano i fatti, non le supposizioni. E i fatti, ahimé, non sono esaltanti.
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A interista: un e-mail che puzza, la sua. E non solo di “benza”.
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A Anonimo: calma, interisti. Sul regno di Moggi non tramonterà mai l’ombra, e la Juve per questo pagherà , ma vogliamo parlare del passaporto di Recoba?
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scritto da Roberto Beccantini 23/5/2006 11:55
http://www1.lastampa.it/cmstp/rubriche/commentiRub.asp?page=3&ID_blog=13&ID_articolo=14&ID_sezione=&sezione=
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