«Varum»?

Roberto Beccantini23 giugno 2018Pubblicato in Per sport

Non muoiono mai, i tedeschi, figuriamoci se li si aiuta pure. Ha cominciato Marciniak, rigore negato a Berg e rosso risparmiato a Boateng già al 12’. E la Var? La sudditanza psicologica resiste e persiste, purtroppo. Detto dell’arbitro, diciamo della Svezia: una mano gliel’ha data anche lei, soprattutto alla fine, prima che Kroos, miccia distratta del lob di Toivonen, calibrasse l’arcobaleno del sorpasso. Con il tesoretto del pareggio e il tesorone dell’uomo in più (espulso Boateng all’82’ per cumulo: scelta corretta, iter laboriosissimo), si è smarrita come un piccolo scout nel bosco, un po’ stanca, un po’ indecisa sul modo in cui spendere le ultime gocce di catenaccio. E quel Guidetti: perché telefonare in porta invece di sdraiarsi sul pallone?

E così la Germania, che si era presa quasi tutta la partita, stava per lasciare sul campo il risultato. Esclusi Hummels e Khedira, Loew ha azzeccato l’innesto di Reus, autore del pareggio, e l’ingresso di Gomez che, con Werner all’ala, ha dato più peso a un attacco che, fin lì, aveva prodotto solo mischie, solo carambole. Ho trovato preziosi, come già con il Messico, gli spiccioli di Brandts (per il palo e la birra).

L’Ikea di Andersson la conosciamo bene. Ci eliminò con un autogol e lo stesso muro di Sochi. Le colonne sono state Grandqvist, Ekdal e, fino al dardo fatale (e probabilmente parabile), Olsen. A proposito di portieri: se la Germania è uscita viva dal primo tempo, lo deve anche a Neuer, cruciale sull zuccata di Berg.

La sentenza libera i campioni del Mondo verso gli ottavi (con tutto il rispetto per la Corea del Sud) e condanna gli svedesi allo «spareggio» con il Messico: non proprio due tappe con le stesse montagne. Se la Svezia è sempre questa, un catenaccione semovente, la Germania non è ancora quella. Troppo squilibrata, troppo macchinosa. Però l’ha sfangata. Però respira. E allora, occhio.

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