Il circolo Pickford

Roberto Beccantini7 luglio 2018Pubblicato in Per sport

Un po’ Beatles e un po’ cambio della guardia, l’Inghilterra si iscrive ufficialmente alla riffa di un mondo che ha licenziato il Sud America. I leoncini di Southgate si sono facilmente sbarazzati di quella Svezia che gli italiani spiavano dal buco della serratura dell’invidia e della rabbia, fin qui molto Ikea, molto pratica, molto adattabile all’avversario.

Altra pasta, gli inglesi. Hanno deciso le teste di Maguire e Dele Alli, un traliccio e una trottola, ma dal momento che il calcio sale e scende dalle montagne russe il migliore è stato il portiere, Jordan Pickford, autore di tre grandi parate. Non Kane, in una gara quasi mai sfuggita ai radar di Henderson; non Sterling, la cui velocità crea problemi ai rivali e talvolta a se stesso (due palle-gol divorate); e neppure Lingard, prezioso negli strappi e negli assist (quello ad Alli). Il portiere. Già fondamentale contro i colombiani. Molti l’hanno pagato. L’Inghilterra, per ora, lo fa pagare.

Il circolo Pickford è una buona squadra normale, là dove il termine «normale» dovete prenderlo come un inno, non come un rutto. E normalissimo è il suo allenatore, Southgate. Tanto normale da scegliere la difesa a tre, modulo che da Coverciano a Fusignano considerano obsoleto, non in linea con i tempi, ancorato a visione giurassiche, eccetera eccetera.

Mancano due partite al titolo e molto è possibile. Coming home o non coming home, ci sarà pure la Perfida. Escono, gli svedesi, con l’onore delle armi. Mi ha deluso Forsberg: avevo letto dotti trattati sui suoi «poteri», qualcuno potrebbe indicarmeli?

Kane, il capitano, ha giocato da gregario, ma capace anche così di far massa, di far paura. Young, Stones e Trippier hanno toccato un traguardo che sfuggì a Beckham e Rooney, a Lampard e Gerrard. Non è un paradosso. Non è un risarcimento. «E’».

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