I soliti noti

Roberto Beccantini3 aprile 2021Pubblicato in Per sport

E’ stato un derby di episodi, macho ma non carogna, con Davide (Nicola) abbastanza Golia e un 2-2 che serve più al Toro che non alla Juventus. Chiesa, doppietta di Sanabria, poi Cristiano, quando ormai sembrava tutto finito (o mai cominciato, dipende).

La «speranza» è che sia colpa di Pirlo. Serve un capro espiatorio. Eccolo. Sia chiaro: sbaglia a incaponirsi con il quartetto «boh», un modulo che deporta Kulusevski in periferia, ma vogliamo parlare delle ennesime fotte? Eravamo rimasti ad Arthur contro il Benevento, ecco Szczesny due volte e Kulu, sul secondo, nel bis laziale di Correa. Non si tratta di rigare i meriti del Toro; si tratta, se mai, di evitare che il rogo coinvolga solo Pirlo. Credo che, a portieri invertiti, avrebbe vinto Madama, alla luce delle paratone di Sirigu sul marziano e Bentancur, complice il palo, ma va pure detto che, agli sgoccioli, il polacco si è arrampicato su Sanabria, un bomber che sarebbe piaciuto a Boskov (zere idee, solo la porta), e su Baselli.

Ha fatto, il Toro, la partita che mi aspettavo: di catenaccio, di agguati. La Juventus sembrava vispa e poco Teresa ma poi è saltata, strada facendo, sul fuoco amico e su quel maledetto possesso palla che la spinge a fare più rugby che calcio. Si era ancora zero a zero, quando De Ligt è zompato su Belotti: per me, rigore; per Fabbri, no.

La Juventus non ha che uno schema, i cross di Cuadrado. Partire con Ramsey e un 4-3-3 classico: chissà. Se togli Chiesa e Cierre in versione «uffa» ma comunque decisivo, gli altri? L’organico era dissanguato dal conto delle «cene eleganti» (però Bernardeschi, mamma mia), il Toro aveva più fame (evviva Mandragora, finalmente padrone del destino). Mercoledì arriva il Napoli e, dopo nove scudetti, la pigra Juventus non è più nemmeno terza.

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