I cambi della Dea e gli dei

Roberto Beccantini18 aprile 2021Pubblicato in Per sport

I cambi della Dea e gli dei. Atalanta-Juventus è tutta qui, attorno al sinistro di Malinovskyi e alla carambola di Alex Sandro. Mancavano sei minuti, recupero compreso. E così: gioco, partita, sorpasso. Era una ordalia da zero a zero, molto fisica, giochicchiata da duellanti timidi, attenti più a presidiare che non a osare. Hanno deciso, ripeto, i cambi: Ilicic e Malinovskyi contro Arthur. Un segno dei tempi.

Senza Cristiano e poi senza Chiesa. Parliamo del Fenomeno (che vorrei sempre dall’inizio; al massimo per sostituirlo): se lo spirito della manovra è risultato più «comunista», la carne dell’attacco si è ridotta a un paio di agguati di Morata, mangiato da Palomino. Perché sì, sul piano atletico la Dea sa essere una bestia. Pirlo ripresentava Dybala, titolare dopo 98 giorni. Sul suo ruolo si continuerà a discutere in eterno, come all’epoca dell’ultimo Allegri: tuttocampista quando, viste le scorte di benzina, avrei tenuto un po’ più vicino alla porta. Fermo restando che nulla e nessuno gli vietava di azzeccare un dribbling.

Cuadrado su tutti, per distacco. E’ il regista occulto della squadra, l’unica sorgente alternativa al torello rugbistico (blitz di McKennie a parte). In segno di rispetto, Gasp era tornato alla difesa a tre. Palomino, Dijmsiti e Toloi su un fronte, Chiellini e De Ligt sull’altro hanno dominato le operazioni. Persino Zapata e Muriel sono stati sbattuti alla periferia del ring. Non ha avuto cali, la Juventus, le è mancata la scintilla dell’ultimo passaggio. L’Atalanta non è stata bella: è stata solida, ha affrontato la rivale come se fosse la «solita», quella contro la quale non vinceva da vent’anni. Il destino ha apprezzato il suo impegno, la sua accetta. Madama scivola, così, al quarto posto: se mai non entrerà in Champions, non cerchi a Bergamo le tracce del suicidio.

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