Però sono cinque. Però il solito braccino

Roberto Beccantini11 novembre 2023Pubblicato in Per sport

Altra musica, quando si deve uscire di casa, abbandonare le trincee, imboccare un sentiero. In una parola: fare gioco. Per tutti, sia chiaro. E’ quello che è successo alla Juventus dopo Firenze. Il Cagliari di Ranieri, l’allenatore della favola Leicester, si è chiuso, sì, ma neppure troppo. Uscito dalla crisi, ha aspettato ed è ripartito, con Viola all’occhiello (per un tempo, almeno) e Luvumbo «lambretta» sulla fascia.

Di fronte a Sua maestà Djokovic, il risultato l’hanno scolpito quelle che a Coverciano, in spregio alle signore, chiamano «palle inattive». Punizione di Kostic, testa di Bremer. Corner di Kostic, petto e ri-petto di Rugani. Angolo di Jankto e crapa di Dossena, con Szczesny un po’ così (ma poi reattivo, complice il palo, sull’ennesima incornata dello stopperone sardo).

Tutto nella ripresa. La fetta più gustosa della torta, anche grazie ai cambi (Oristanio, Shomurodov). Per metà gara, zero tiri nello specchio. Degli uni e degli altri. Una mosceria che non vi dico, culminata nello stop «a inseguire» con il quale Kean dilapidava una chicca di Chiesa. Poi un po’ più di cazzimma, e Chiesa «libero d’attacco» ad agitare la curva. Già il centrocampo non brilla per gamma di varianti, metteteci il mal di schiena di Locatelli, togliete McKennie dalla fascia e avrete lo spirito dello Stadium.
Hanno deciso e segnato i difensori. Kean è il classico pugile che non andrà mai al tappeto ma difficilmente ne manderà qualcuno. Gli ingressi di Vlahovic e Milik non hanno scombinato la trama. Non mi è dispiaciuto Iling Junior in un ruolo non suo (quale? boh). Il 2-0 aveva dato gas a Madama, il 2-1 glielo ha tolto. Dicesi fifa. Lapadula e Pavoletti volteggiavano nei mischioni. Ricapitolando: per attaccare, la Juventus ha attaccato. Ma se Max è quello che è, i piedi dei dipendenti sono quelli che sono. Quanti errori in uscita, quanti sgorbi in rifinitura. Nicolussi Caviglia (classe 2000) fotografa lo scorcio storico: sic transit panchina mundi.

Dall’archivio, fresca fresca: quinta vittoria consecutiva, notte come prima, da prima, e domenica 26 novembre, dopo la sosta, l’Inter. C’è di peggio.

** Lecce-Milan 2-2. Dalla pazza Inter al pazzo Diavolo. Due a zero in scioltezza e in bellezza, con reti di Giroud e Reijnders (al primo squillo), nessuno fa caso al k.o. di Leao, che genio Pioli e che pirla D’Aversa. Intervallo. I cambi, i cambi: Sansone pare Kakà, segna e, dopo il pari di Banda, che sembra Garrincha, coglie un gran palo. Aggiornamento: D’Aversa genio, Pioli pirla. Le tossine di Champions, forse. Agli sgoccioli, entra in scena Abisso: non fischia una punzione dal limite che manda in bestia Giroud, i cui vaffa gli costano il rosso. Piccoli s’inventa un 3-2 che avrebbe portato persino Maignan alla sbarra. L’arbitro lo convalida, ma poi Guida, dal Var, lo richiama e in coppia «scoprono» un falletto (su Thiaw) che mai avrei dato. «Step on foot», gracchiano i maestrini. Non vi dico dove li avrebbe mandati il Paron.

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