Il confine

Roberto Beccantini17 novembre 2012

Fissato dalla traversa di Bonucci e le parate di Marchetti, il confine passa tra gli agganci e i ganci di Giovinco: siamo al limite dell’area; siamo, soprattutto, dentro la storia di una partita a senso unico. Juventus-Lazio vi gira attorno con il suo carico di esigenze e messaggi (il Chelsea martedì, il Tottenham giovedì). Conte è il primo a credere in Giovinco, ma temo che Sebastian sia ormai l’ultimo a credere in sé stesso, nei suoi nervi, nella sua mira.

Pogba non è Pirlo, si sapeva, ma gioca semplice, e ogni tanto lancia (più Asamoah che Isla): meglio, però, quando si lancia. A Petkovic mancano Lulic e Mauri, la Lazio si nasconde sotto il sofà e arma un catenaccio biblico. Da Hernanes e Klose, «zeru» notizie. E’ la Juventus con la bava alla bocca della stagione-scudetto, difesa alta e pressing feroce. Il problema riguarda la lama dei coltelli che vengono sfoderati sotto porta. Non uno che risulti all’altezza delle necessità, neppure il ferro di Quagliarella, devastante a Pescara.

Dopo un’ora, la Juventus sembra placarsi; e la Lazio, affiorare dal divano. Poi, però, tutto torna come prima. A me la Juventus è piaciuta. D’accordo, il dominio schiacciante sarà pure diventato noioso, ma non è colpa di nessuno se l’idea di Conte è superiore agli alluci di alcuni dipendenti, e Milito non abita a Vinovo.

Il ritorno di Pepe, gli ingressi di Matri e Bendtner portano al 3-4-1-2 e a un pugno di mischie. Gli estremi, ripeto, vanno dal molto di Marchetti al nulla di Buffon. E’ il secondo 0-0 dei campioni: a Firenze fu sofferenza, non assedio. Con il Chelsea sarà un’altra partita, nel senso che i blues non rinunceranno al contropiede, ma toccherà ancora alla Juventus sporgersi dal davanzale. Con la Lazio non ha badato a spese, e Vucinic, prossimo al rientro, è una pallina di roulette.

Tirata per i capelli

Roberto Beccantini17 novembre 2012

Caso Conte, ho trovato vaghe e imbarazzanti le motivazioni del Tnas. O illecito o niente, scrissi quando ancora la valanga sembrava un fiocco di neve. Niente, nemmeno l’omessa denuncia, se il bottino è il colloquio Conte-Stellini dell’8 marzo, confessato da Stellini il 29 luglio. E sia chiaro, niente di niente al netto di tutto: che Carobbio, come Masiello, possa essere credibile a circostanze alterne (non è uno scandalo); che Conte abbia attraversato tre società molto chiacchierate (Bari; Atalanta, dove però litigò con Doni; Siena); che Stellini, scelto da Antonio come scudiero, abbia patteggiato e si sia dimesso dalla Juventus; che, in ambito di giustizia sportiva, non si avverta la «necessità di raggiungere la certezza al di là di ogni ragionevole dubbio» (è sempre stato così).

Non escludo che Conte sapesse e non abbia denunciato, ma se le ragioni dei quattro mesi sono quelle certificate dalle dodici cartelle del Tnas, mi ribello. Nei vari gradi di giudizio erano via via caduti l’omessa denuncia di Novara-Siena e l’effetto Mastronunzio. Non restava che l’illecito, acclarato, di Albinoleffe-Siena. L’ipotesi «presuntiva» del collegio giudicante mi è sembrata tirata per i capelli (senza ironia). Se le cose stanno così (da «Tuttosport» del 16 novembre: Stellini gli aveva riferito solo della rissa dopo la partita dell’andata e del modo con cui aveva cercato di pacificare gli animimi in vista del ritorno), siamo molto «al di là» di ogni ragionevole dubbio e molto al di sotto del celeberrimo «si vis pacem para truccum».

Insomma: al posto di Conte starei più attento alla cernita dei collaboratori (e magari, sapendo di aver parlato in un certo modo con il «Bocia» ultrà dell’Atalanta, avrei bacchettato in un certo modo, e magari non in «quello», i giornalisti tifosi del Chelsea), ma spiegati così, i suoi quattro mesi non hanno senso.

Bollicine

Roberto Beccantini14 novembre 2012

Perdere con la Francia brucia sempre, anche quando succede per episodi e non sotto dettatura. La sfida ha vissuto di fuochi piccoli, sì, ma non banali. Prendete i gol. Splendido, di squadra, quello azzurro: lancio di Barzagli, sponda di Balotelli, tocco di Montolivo, taglio di El Shaarawy. Non meno straordinaria, la replica di di Valbuena: tutta sua, dai dribbling propiziatori al tiro. E di raffinata chirurgia, il sorpasso di Gomis.

Balotelli (22 anni) ed El Shaarawy (20) hanno fatto coppia, buon segno. Verratti (20 pure lui) si è sciolto tocco dopo tocco. Credo che Prandelli e Deschamps abbiano avuto le risposte che cercavano: indicative, non certo assolute. Il 4-3-3 ha costretto Marchisio a limitare le incursioni di cui va ghiotto; e Candreva, già che ci siamo, a tenere troppo la destra. Ribéry, lui, mi è sembrato sveglio ma svogliato. Succede, quando la posta in palio è l’onore, la tradizione, il fatto che Italia-Francia non sarà mai un’amichevole, eccetera eccetera.

Ogni volta che vedo Patrice Evra, titolare fisso del Manchester United, penso che piombò in Italia a 17 anni, giocò nel Marsala e a Monza e poi sparì dai radar. Se i cambi hanno sfigurato la partita, le staffette di Deschamps l’hanno decisa, come documenta la rete di Gomis, in capo a un’azione impostata da Menez. E la nostra difesa? Già a nanna. La qualificazione mondiale è in frigo; e il livello medio della Nazionale, dignitoso. Manca la differenza in attacco, nella speranza che la possano fare Balotelli ed El Shaarawy (o Pepito Rossi, in campo a marzo: auguroni); e latita anche un Pirlo con meno rughe.

Non abbiamo avuto fortuna: traversa di Balotelli nel primo tempo, traversa di Giaccherini nel secondo. Delle Grandi, da un novembre all’altro, abbiamo battuto soltanto la Germania. Non Uruguay, Russia, Spagna, Inghilterra, Francia. Problemi di crescita. Resta, e avanza, il secondo posto di Kiev. Per ora.