Il lato B

Roberto Beccantini1 dicembre 2012

Non si parla che di scossa Berlusconi, sui giornali italiani. Perché torna in lizza, perché è tornato a Milanello. Tempi duri per Al-fano e Al-legri. Occupiamoci dell’argomento più importante: il calcio. Da quando Silvio ha ripreso le sue visite pastorali, il Milan ha rimontato il Napoli, espugnato Bruxelles, sconfitto la Juventus, liquidato il Catania. Membro!

Sono tutti in brodo di giuggiole, i trombettieri milanisti. Chi ricorda sommessamente al Cavaliere che il Milan due gol li aveva già rimontati a Palermo e che El Shaarawy, prima che il suo elicottero spazzolasse i prati di Carnago, di reti ne aveva già realizzate otto, rischia la scomunica.

Lontano dagli eccessi – i destri: Meno male che Silvio c’è; i sinistri: Meno Silvio che male c’è – segnalo altre visite, altre scosse, non meno rivoluzionarie del nuovo numero di Boateng e di Montolivo capitano. La visita dell’arbitro Rizzoli a San Siro, contro la capolista, e quella dell’assistente Rosi al Cibali, «totalmente fuori posizione» sul fuorigioco di El Shaarawy (scritto dalla Gazzetta).

Povero Catania: tra Juventus, Milan e Inter non si può dire che, alla fine del trittico, gli errori a favore (!) e a sfavore si siano compensati. Gli resta, per fortuna, il girone di ritorno: per fortuna? Il lato B del Milan sta orientando editoriali, elzeviri, analisi, commenti. Volete mettere la scoperta che Pato è un problema con il rigore ascellare di Isla? Questo fa parte dei giochi; quello fa parte del gioco. E il furtarello del Massimino cosa sarà mai di fronte agli studi danteschi del Cavaliere: «Li miei compagni fec’io sì aguti, con questa orazion picciola, al cammino, che a pena poscia li avrei ritenuti»?.

Domenica, Torino-Milan a vent’anni esatti dal caso Lentini (fondi neri, trasloco di azioni, serie B evitata per «grazie» ricevuto). Immagino che Berlusconi farà un’altra scappata.

Proprio brutta

Roberto Beccantini25 novembre 2012

La moviola cancella il rigore del Milan. Schiena, non braccio di Isla. Stessa porta del gol di Muntari: che memoria, il destino. E’ stato De Marco, il giudice addizionale, a imboccare Rizzoli. Ciò scritto, e confessato che a velocità normale ci sarei cascato anch’io, il Milan ha fatto la sua partita; la Juventus, la partita che il Milan avrebbe pagato che facesse, al di là del proprio impegno e dei propri meriti. La peggior Juventus della stagione, credo. Molle, imprecisa, svogliata: con Vidal e Isla da zero in profitto (vagoni di palle perse, di cross sparati su Constant).

I 17 punti di distacco sono volati via come un aquilone di cui i campioni avessero perso il filo. Martedì, la Juventus aveva smontato il Chelsea; mercoledì, il Milan aveva forato l’Anderlecht. Si (ri)cominciava alla pari. Mi è piaciuto molto De Sciglio, classe 1992. Allegri si è inventato Boateng centravanti finto, a ridosso di Pirlo (come l’Inter, con Palacio). Montolivo e c. hanno atteso al varco la Juventus, per poi pungerla con le volate di El Shaarawy e le serpentine di Robinho.

Tirava aria da zero e zero. Un episodio ha spaccato l’equilibrio.
Fra Inter, Pescara, Lazio e Milan, la Juventus ha vinto solo in Abruzzo. L’Europa è un’esattrice silenziosa, e il catechismo di Conte, senza profondità e ritmo, spreco di energie, sterilità allo stato puro. Persino Sacchi aveva invitato il Milan a chiudersi e ripartire: dire catenaccio e contropiede non si può, non è fine.

Tiri in porta («veri», intendo), due: di Vucinic. Nonostante l’ingresso di Giovinco, nonostante tutta la ripresa, o quasi, nella metà campo del Milan, con Padoin al posto di Isla e Pirlo più avanzato. Peggio che a Firenze, la Juventus: perché questo Milan non vale quella Fiorentina. Voce dal fondo: e il possesso palla? Di una monotonia imbarazzante. Dal Chelsea al Milan: non due partite lontane, due mondi diversi.

1.023 Commenti » Leggi i commenti o scrivi il tuo Pubblicato in Per sport

Juventus d’Europa

Roberto Beccantini20 novembre 2012

Grande Juventus, oh yes. E’ la prima volta che impone il suo calcio anche in Europa, il calcio di Antonio Conte, poco italiano e con pochi campioni, talvolta ripetitivo, ma corale, coraggioso, moderno. In questi casi, il cuore rischia di portarsi via la testa. Il Chelsea era, è, il detentore della Champions. Sta passando dalla sponda dei Lampard, Terry e Drogba alla riva dei Mata, Hazard e Oscar: non è più Polifemo, non è ancora Nureyev. Ma è sempre il Chelsea.

E’ stata una partita tambureggiante, lontana dal pollaio italiano, segnata da pali, gol, parate (sulla linea e non). Penso che la chiave sia stata il 3-3-4, versione volante del 3-5-2, con il quale Conte ha accerchiato gli avversari. Lichtsteiner e Asamoah hanno offerto sponde, spazio, profondità. Quando gioca così, e azzanna così il rivale, la Juventus sa essere più forte degli errori (ogni palla persa, un bagno di sangue) e di un impianto che, immagino, avrà fatto sorridere gli scienziati di Coverciano, tre centrali per zero punte (Mata, Hazard, Oscar non lo sono). «Credo quia absurdum».

Sono vittorie, queste, che gonfiano il petto e vanno al di là del risultato, pure cruciale. Tutti hanno dato tutto. Buffon all’inizio (su Hazard), difesa e centrocampo sempre, Quagliarella al momento giusto. Fortuna e sfortuna hanno duellato a lungo prima di arrendersi. La Juventus è andata oltre le pause di Pirlo e gli sbadigli di Vucinic, non ha snaturato né modulo né spirito. Poi, è chiaro: tira Vidal, devìa Quagliarella e Marchetti diventa Tarzan; tira Pirlo, devìa Quagliarella e Cech rimane Cech.

Buffon ha parlato di segnale forte, all’Europa e per l’Italia. Piano con l’enfasi: a Donetsk serve un punto, e mancherà Marchisio, squalificato. Signora dei campionati, la Juventus aveva bisogno di una notte così. Non l’ha trovata. Se l’è presa. Chapeau.