Così vicini, così diversi

Roberto Beccantini29 gennaio 2012

Avvisi di «garanzia».

1) Nell’ambito di un campionato mediocre, Juventus-Udinese è stata vibrante. Credo che Conte l’abbia domata, al di là dei meriti e degli episodi, grazie a una panchina più lunga di quella di Guidolin, «mutilato» dalla Coppa d’Africa. Un anno fa il Milan capolista aveva 41 punti. La Juve, oggi, ne ha 44. Incredibile.

2) Rete su punizione, assist per Nocerino: Ibrahimovic continua a tenere in piedi il Milan (3-0 a Novara, 3-0 al Cagliari dopo il derby perso). Galliani, vista l’ossessione Tevez, un po’ di paura della Juventus comincia ad averla. Per carità: solo un po’.

3) Cossu: migliore in campo a Torino, peggiore a San Siro. Nainggolan: sta per diventare papà, mettiamola così.

4) Classifica cannonieri senza rigori: 12 reti Klose; 11 Di Natale (-3) e Cavani (-1); 9 Denis (-3), Ibrahimovic (-6) e Matri; 8 Jovetic (-2) e Palacio 8 (-2).

5) Due le parate del week-end: Benassi su Pazzini e Buffon su Armero. Ricordiamoci anche dei portieri, ogni tanto.

6) Sette vittorie, poi il ko di coppa a Napoli e la sconfitta di Lecce. Le rimonte costano, soprattutto se nutrite da un gioco minimalista. Il problema non è l’italianismo di Ranieri, ma il modo di praticarlo. Non ho capito la sostituzione di Sneijder.

7) Napoli a meno quindici. Detto che gli ottavi di Champions giustificano molto, ma non tutto, non vorrei che il comandante Mazzarri venisse declassato a mozzo. Scommettiamo?

8) Senza handicap, l’Atalanta avrebbe 29 punti, gli stessi del Napoli. Complimenti a Stefano Colantuono, allenatore e uomo tutto d’un pezzo (e non tutto d’un prezzo, come molti nei dintorni).

9) Rivisto Amauri in Fiorentina-Siena: sembrava un centravanti.

10) Calciopoli: a giorni saranno rese note le motivazioni delle condanne di primo grado emesse l’8 novembre. Pronti a discuterle.

Ricordare, ricordare, ricordare

Roberto Beccantini27 gennaio 2012

Il 2 aprile del 1997 la Nazionale di Cesare Maldini giocò a Chorzow, contro la Polonia. Fu quel giorno, al mattino, che visitai Auschwitz. Vi entrai con gli occhi obesi e la coscienza piatta, lontana; quando uscii, non ero più io, o forse un altro io. Durò poco, come tutte le esperienze che meriterebbero di durare a lungo, ma mi trasmise un’emozione che non ho mai rimosso, anche se spesso l’ho lasciata poltrire.

Oggi è la giornata della Memoria, la prima da quando ho aperto il Blog. Non chiedo un minuto di silenzio. Sarebbe banale. Semplicemente, chiedo un minuto, uno solo, di pensiero, di ricordo, di speranza. Un minuto vivo, a voce alta, come simbolo e come stimolo, affinché i vostri figli possano crescere sereni al riparo dalle tentazioni e dalle distorsioni della storia, così capricciosa e frettolosa, a volte, da farsi sedurre dal primo che la invita alla «soluzione» finale. Tanto, i prezzi non li paga mica lei: li paga l’umanità. Lei si limita a offrire l’albergo. Auschwitz Birkenau, per esempio.

Lager è diventato termine di facile spaccio, serve ad addobbare metafore, a nutrire similitudini, a gonfiare i muscoli della retorica. Ogni tanto, però, torna a casa e raccoglie dall’armadio gli scheletri del significato originale, teschi e ossa che hanno segnato un secolo, una mattanza, sei milioni di ebrei (e non solo) accompagnati nelle camere a gas, e lì sepolti. «Ad Auschwitz c’era la neve, il fumo saliva lento», cantava l’Equipe 84. Sì, c’era la neve anche quel giorno di aprile in cui il pallone mi fece rotolare tra quelle rotaie e sotto quel filo spinato.

Per sgominare le dittature, non importa se golose di carne o gelose di spirito, non ci resta che ricordare, ricordare, ricordare; e parlarne, parlarne, parlarne. Proviamoci per un minuto, uno solo. Dopodiché, sia fatta la vostra volontà.

Purtroppo

Roberto Beccantini25 gennaio 2012

Apprendo da alcuni pazienti che la telecronaca di Juventus-Roma di Coppa Italia, affidata dalla Rai a Gianni Cerqueti e Fulvio Collovati, sarebbe stata faziosa. Apprendo altresì che, per aver azzerato l’audio, cosa che faccio spesso, mi sono macchiato di un atto di grave insubordinazione: come un banale Schettino, avrei abbandonato il sonoro sul più tragico, quando gli aggettivi stavano per fare strage delle rare scorte di imparzialità rimaste a bordo.

E così, nel giorno in cui mi sarebbe piaciuto parlare con voi del destro a giro di Alessandro Del Piero, una fiammata che ha solcato e illuminato persino il mio salotto, mi tocca soccorrere i soliti «naufraghi» che invocano scialuppe di «Siamounasquadrafortissimi». E’ mai possibile che questa Clinica, la sera della partita, perda la testa, non già dietro a un dribbling o a una rovesciata, ma davanti a un «purtroppo» scivolato di bocca? In fin dei conti, anche Bergamo invitava Rodomonti a guardare «chi sta dietro», mosso, immagino, da un sentimento di generosità. Al telefono, Gianni Cerqueti mi ha precisato quanto segue: «Ho parlato subito di “mani” di Heinze da rigore e di non fuorigioco di Borriello sul gol di Del Piero, in contrasto con Marco Civoli dalla sede centrale. Sinceramente, credevo che le proteste dei romanisti fossero legate all’off-side e non alla ripresa del gioco».

Non c’è ultrà che non salga sul pulpito. Dopo Inter-Lazio, gli interisti hanno dichiarato guerra a Fabio Caressa e Beppe Bergomi. Vi rendete conto: gli interisti. E il Milan escluse Mediaset, cioé una sua costola, dai servizi pre-derby per rappresaglia dopo il «non è rigore» che Gianluca Papà-resta aveva dedicato al contatto Manfredini-Pato a Bergamo.

Suvvia, Pazienti carissimi: «stay hungry, stay foolish». Siate affamati, siate folli. E ricordatevi una cosa, una sola: Juventus tre, Roma zero. Non vi basta?