Una lacrima sul video

Roberto Beccantini1 aprile 2012

Allegri crede che ogni volta che Marotta parla di arbitri, i suddetti tolgano un gol al Milan: buffo, no? Era capitato con Muntari, è ricapitato con Robinho. Nello stesso tempo, Agnelli, Marotta e Conte sono convinti che, dopo Calciopoli, gli arbitri «soffrano» la Juventus: un rigore a favore, uno solo, in ventinove partite. In avvio di campionato, fu l’Inter a lamentarsi per un pacchetto di rigori contro (alcuni dei quali oggettivamente stravaganti): persino Moratti evocò Calciopoli, ma al contrario (ci vogliono far pagare lo scudetto a tavolino). In Spagna, ci sono dossier del Barcellona contro il Real, e dossier del Real contro il Barcellona. A turno, piangono tutti.

Fuorigioco fasulli, rete negata, torneo falsato: il furore e le lacrime di Allegri & Galliani non sono una fotografia: sono un’arma. D’accordo, era tutta un’altra storia, ma avete sentito un cenno di contrizione per il penalty negato a Sanchez in Milan-Barcellona? o per il fuorigioco di Ibrahimovic più gamba testa di El Shaarawy su Heinze prima del rigore di Ibra in Milan-Roma?

I gol sono gol. Urge il supporto tecnologico: sarebbe stata dura anche per i giudici di linea, cari a Platini, decifrare la distanza piede-palla-gesso sul tocco di Marchese. Aperta parentesi: in Catania-Juventus della scorsa stagione, un gol di Quagliarella, nettamente più «dentro» di quello di Robinho, sfuggì ai radar della quaterna. La squadra di Delneri vinse comunque, tre a uno, e l’episodio passò in cavalleria.

Naturalmente, il Catania non se l’è filato nessuno. Di Montella si tornerà a parlare dopo che Galliani avrà sbollito la collera. Il quale Galliani deve essere proprio in crisi (colpa di Barbara?), se continua a stravolgere i risultati: per lui, l’aggregato di Milan-Barcellona della fase a gironi è 4-4, non 4-5. Motivo: il rigore pro Barça era molto generoso. E vai!

Thiago Silvio

Roberto Beccantini29 marzo 2012

Una partita nata grande e finita piccola, noiosa: con la coda di uno zero a zero che, per il Milan, rappresenta il migliore dei risultati peggiori e, per il Barcellona, il peggiore dei risultati migliori. Allegri ha copiato Mourinho: bene nel catenaccio, non altrettanto nel contropiede. Il terreno di San Siro era una chiavica; e, scritto en passant, l’intervento di Abbiati su Sanchez da rigore. Ho dato un’occhiata ai giornali (italiani): censure discrete, orgia di «ci poteva stare». Insomma: a nazionalismo, nazionalismo e mezzo.

Per me, Ibrahimovic e Messi hanno giocato da sei. Dicono di Ibra: troppo isolato. Vero, ma i fuoriclasse sanno uscirne anche quando la squadra, in difficoltà, li abbandona. Ripeto: stiamo parlando di fuori-classe; di campioni, cioè, «fuori» (dal gregge, dalla norma, dal ruolo). Quando non segna Messi, il Barcellona del torello ricamato scende da Marte e si nasconde fra i comuni passanti (e passaggi). Morale: con tutto il rispetto per gli Allegri e i Guardiola, più il livello sale, più la differenza la orientano – nel bene e nel male – i giocatori.

Se l’erba del «vicino» è sempre più verde (ci vuole poco), martedì prossimo il Milan dovrà lavorare di scudo e fioretto. I catalani tendono a rischiare soprattutto in avvio: Pato li morse dopo meno di un minuto, Robinho li ha graziati dopo meno di quattro. Al Meazza è stata la sera dei soldati Ryan, da Antonini a Mascherano, al Camp Nou non potrà non essere la notte dei tenori.

In assenza di Thiago Silva, è sceso in campo Thiago Silvio. Il padrone ha criticato il «non possesso palla» del Milan, l’arma con la quale il suo «vice» Allegri aveva limato le unghie ai campioni d’Europa. Il Cavaliere adora i tagli netti: avanti Savoia e non indietro tutta. In passato, tra Van Basten e Sacchi scelse Van Basten. E in futuro, tra Barbara e Galliani?

Disturbo se parlo di calcio?

Roberto Beccantini28 marzo 2012

Milan-Barcellona, dunque. Orientata, sì, ma non scontata. Li unisce il filone olandese che ne ha sviluppato la storia moderna; da una parte, Arrigo Sacchi, seguace dell’Ajax totale, e il trio Gullit-Van Basten-Rijkaard; dall’altra Johan Cruijff prima giocatore e poi, soprattutto, allenatore. Preferendo Van Bommel a Pirlo – un olandese «solo» di culla al regista prediletto da Cruijff – l’ultimo Milan ha sterzato verso un gioco più machista, scelta ribadita dalla caccia a Ibrahimovic e Boateng.

Paradossalmente, tanto Guardiola quanto Allegri sono ripartiti da Ibra: il primo, svendendolo per liberare il genio di Messi; il secondo, facendone il totem della tribù. Nessun dubbio che, oggi come ieri, il Barcellona incarni la squadra più bella e più forte del mondo, la qual cosa non significa che sia imbattibile. La cura del vivaio va imitata ma non divinizzata: per arrivare a una covata di talenti come Xavi, Iniesta e lo stesso Messi, tanto per citare i più famosi, molto ha speso, la società, e molto ha atteso.

Ibra contro Messi, certo: a patto di non trascurare le altre fette di torta. Il Milan ha perso Thiago Silva e Abate, cioè mezza difesa, ma senza Baresi e Costacurta, nel 1994, si aggiudicò la finale di Champions proprio contro il Barça di Cruijff: e per 4-0, non al pelo. Voce dal fondo: Galli e Maldini, i sostituti, mica erano scarsi. Obiezione accolta.

La partita ruoterà attorno al possesso palla dei catalani. C’è chi consiglia Allegri di attaccare e chi, qorum ego, di farsi attaccare per poi colpire in contropiede. Il Barcellona formato Liga fa acqua in difesa, e sembra meno affamato dello squalo che fu. Altra musica, in Europa. Le mie quote: 60 Barcellona, 40 Milan. Nella fase a gironi, finì 2-2 al Camp Nou e 3-2 per il Barça a San Siro. Da Inter-Barcellona a Milan-Barcellona, da Messi «e» Ibra a Ibra «o» Messi. La vera impresa sarà annoiarsi.