Grazie a tutte, grazie a tutti

Roberto Beccantini20 dicembre 2015

Non ho parole. Si dice sempre così, quando non si sa come scrivere quello che si vorrebbe dire. L’emozione è tanta. I compleanni sono tappe, e più si va avanti, più ci si allontana dai bilanci e ci si avvicina ai ricordi. Gli anni non passano: magari. Gli anni si accumulano. L’ideale sarebbe di aggiungere vita agli anni e non, semplicemente, anni alla vita. Non è facile, ma è bello provarci. Specialmente, quando l’ora del brindisi, più o meno, coincide con la partita della Juventus. La quale Juventus, all’inizio e alla fine, sembrava lei la festeggiata, tanto era distratta e, metafora per metafora, il gomitolo del gatto più che il gatto con il gomitolo.

Grazie a tutte, grazie a tutti i pazienti della Clinica. Grazie, in particolare, a coloro che non la pensano come me: al consenso, non mi stancherò mai di ribadirlo, ha sempre preferito, e sempre preferirò, il confronto.

Grazie a Bonucci (nonostante).

Grazie a Lollo per quella carezza a fine pranzo.

Grazie a Mandzukic, che si chiama Mario come mio papà e continua a minare la nostalgia per Fernando.

Grazie al Carpi per aver lucidato l’artigianato di provincia, essenziale alla storia del calcio, non solo italiano.

Grazie ad Allegri per lo strip di mezzogiorno. I «contigiani» avranno colto, in quella giacca divelta, la «tigna» del loro idolo.

Grazie all’Empoli per lo stesso motivo con cui ho ringraziato il Carpi: con l’aggiunta, nel suo caso, di un gioco così spumeggiante che onora la squadra che lo produce e gli spettatori che ne godono, come documentano gli applausi di Bologna. Quattro vittorie consecutive, tre in meno della Juventus: non so se mi spiego.

Grazie agli schiaffi di Ilicic e Borriello: non se ne riesce a fare a meno neppure a una certa età. E a volte servono, eccome.

Grazie a tutte, grazie a tutti.

Un omaggio

Roberto Beccantini9 dicembre 2015

Un omaggio di tutta la Clinica a un cavaliere d’altri tempi e d’altra tempra: Fernando Llorente. Me lo hanno chiesto molti pazienti, juventini e non. Cantiamolo tutti insieme. Il gol che ha realizzato «contro» la Juventus, non può far dimenticare tutti i gol che ha realizzato «per» la Juventus. Auguri di cuore, Fernando, e figli baschi.

Can you hear the drums, Fernando?
I remember long ago another starry night like this
In the firelight, Fernando

You were humming to yourself and softly strumming your guitar
I could hear the distant drums
And sounds of bugle calls were coming from afar
They were closer now, Fernando

Every hour, every minute, seemed to last eternally
I was so afraid, Fernando
We were young and full of life and none of us prepared to die
And I’m not ashamed to say
The roar of guns and cannons almost made me cry

There was something in the air that night
The stars were bright, Fernando
They were shining there for you and me
For liberty, Fernando
Though I never thought that we could lose
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Ufficio complicazioni

Roberto Beccantini4 novembre 2015

Come complicarsi la vita. Due volte, non una. La prima subito, copia del tribolato incipit di Reggio Emilia: il campo consegnato al Borussia, l’errore di Chiellini (là, due gialli; qui, un liscio), il gol di Johnson. La seconda, dopo la reazione e il pareggio di Lichtsteiner, quando la Juventus stava dominando ed Hernanes si è fatto cacciare per un’entrata a martello su Dominguez, lo sbirro graziato all’andata. Ha esagerato il profeta, non l’arbitro.
E così, da Moenchengladbach, è uscito un pareggio che toglie alla Juventus il primo posto del girone ma l’avvicina agli ottavi. In dieci, aveva giocato meglio con il Sassuolo. Con i tedeschi, non ha mai superato la metà campo. Era stremata (già ai primi di novembre?), l’hanno sorretta il carattere, i guizzi di Buffon, le traverse (due), la modestia dei rivali.
Quando, su sedici partite, per ben otto volte prendi gol in avvio, non può essere un caso. Allegri ha confermato il 4-3-1-2 del derby, con Hernanes regolarmente sorvolato da traiettorie e nervi: due falli, due soli, uno per tempo, da giocatore che vuole dimostrare qualcosa a qualcuno (butto lì: Marotta?) e lo fa con l’unica arma scampata al declino, quel furore scomposto che spesso i tifosi confondono con gli attributi.
Hernanes e Sturaro sono scelte che non hanno premiato Allegri. Lichtsteiner sì. Gli avevano toccato il cuore, ha risposto gettandolo otre l’ostacolo. Ecco: il ritorno dello svizzero e la crescita di Pogba. Il gol è un classico della casa, da Pirlo-Lichtsteiner a Pogba-Lichtsteiner. Il terzino che detta il lancio, il centrocampista che lo scorge e lo serve, il terzino che attacca lo spazio e infila (al volo, addirittura).
Immagino che Dybala abbia capito che aria tira in Europa, con tutti quei Golia che circolano a piede libero. Mi hanno deluso Morata e Marchisio, oltre al Chiellini di questo avventurato scorcio. Sotto di un uomo, il catenaccio era un atto dovuto. Idem l’ingresso di Barzagli. Mi sarei aspettato almeno un contropiede, di o per Cuadrado, ma evidentemente i serbatoi erano vuoti.
Domanda marzulliana: come sarebbe andata a finire se la Juventus fosse rimasta in undici? La partita l’aveva oggettivamente in pugno. Di sicuro, non si sarebbe chiusa a chiave. Ma sono indizi labili, deboli, soprattutto per questa Juventus, un’ombra che si aggira ambigua, nervosa, attorno alle carcasse dei risultati: se la insegui ti fugge, se la fuggi ti insegue.

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