A sua insaputa

Roberto Beccantini12 February 2012

Rinviati a giudizio. Il mio.

1) In casa, in vantaggio e con il contropiede a disposizione. Come ha perso l’Udinese contro il Milan? In contropiede.

2) Al di là degli episodi, ribadisco la bontà del mercato invernale di Galliani («a sua insaputa»): niente Tevez, una mina vagante; conferma di Pato, in attesa che recuperi; spazio a Maxi Lopez, un affamato, e a El Shaarawy, un talentuoso. Colpa, anche, di Moratti e dei suoi 25 milioni (?) pro City: Tevez era già del Milan, Pato già del Paris Saint-Germain. Ripeto: che autogol.

3) A Handanovic e Amelia «invertiti», avrebbe vinto l’Udinese.

4) Tutti avrebbero inserito Maxi Lopez, pochi però al posto di Nocerino (e non di Robinho): complimenti ad Allegri.

5) Meglio il rispetto del calendario, soprattutto se la squadra va bene (e la Juventus sta andando bene). Nessun alibi, però.

6) Da Novara a Novara, da Gasperini a Ranieri, da sette vittorie consecutive a un punto in quattro partite: l’Inter si è attorcigliata su se stessa, né Laocoonte, né serpente. Al netto dei pali e dei rigori vaganti, un disastro su tutti i fronti.

7) Novara-Inter sei punti a zero, tre Tesser, tre Mondonico, e poi i gol di Caracciolo, due soli: uno (con il Genoa) alla Juventus, uno all’Inter. Calcio, mistero senza fine: sul serio.

8) Le dimissioni di Capello non mi hanno sorpreso: era dal ko tedesco in Sudafrica che le covava. Fabio ha bisogno di sniffare campo tutti i giorni; e se non vince, si annoia (e annoia).

9) Manchester United-Liverpool, Suarez rifiuta la stretta di mano di Evra, al quale aveva dato del «negro» per ben sette volte, ricavandone una squalifica di otto turni. Gesto ripugnante. Mi auguro che il Liverpool lo sospenda.

10) «Houston, abbiamo un problema». Lo ha avuto anche Whitney. Pace alla voce sua. Mi mancherà tanto.

Poveri noi…

Roberto Beccantini5 February 2012

Nave, neve. Concordia, discordia. Costa, casta.

1) Un Paese così fragile e ripetitivo di fronte alle emergenze non merita di ospitare un’Olimpiade. Prima, meglio che si curi. Possibilmente, presso medici diversi dai soliti Carraro e c.

2) Bologna, Genoa, Cagliari, Siena: quattro pareggi casalinghi, e tutti più o meno identici, ribadiscono come e quanto la Juventus non sia da scudetto. Se poi le altre fanno peggio, cavoli loro.

3) C’era un rigore pro Juve, netto, ma in casa contro il Siena, non al Camp Nou contro Messi: una squadra «vera» avrebbe vinto comunque. Gli alibi allontanano dagli obiettivi.

4) Rinvii, squalifica di Ibra («due turni, non tre»): dopo Beretta, Galliani prega di informare il giudice sportivo. Fatto.

5) Un anno fa, Allegri rimediò all’assenza di Ibra, squalificato dopo Milan-Bari, sguinzagliando Cassano e Pato: stavolta?

6) E’ un campionato afflitto dalla sindrome di Penelope: la Juventus grande con le Grandi, il Milan grande con le Piccole, l’Udinese vince in casa e perde fuori, l’Inter dei sette successi è tornata l’Inter, Roma e Lazio passano da un estremo all’altro, il Napoli ha già collezionato dieci pareggi.

7) Giovinco, Miccoli: il dente batte dove la lingua gode. Nostalgia canaglia di Trezeguet, ma anche di certi «tappi».

8) Sneijder o non Sneijder, l’Inter ha smesso di correre: smettendo di correre a centrocampo, non protegge più la difesa; non proteggendo più la difesa, ciao Pep: otto gol in due partite.

9) Delle prime sette in classifica, ha vinto soltanto la Roma. Un equilibrio così radicale è il prezzo di una mediocrità avvilente. A proposito: Juventus e Milan a secco, quattro 0-0.

10) Se Moggi era «il più bravo di tutti» e Giraudo «come un padre», perché Andrea Agnelli non li invitò al battesimo del nuovo stadio?

Metà schermo, metà scherno

Roberto Beccantini1 February 2012

Dietro ai rinvii di Parma-Juventus, Siena-Catania, Bologna-Fiorentina e Atalanta-Genoa non c’è soltanto l’emergenza neve (emergenza?). C’è la crisi, storica e cronica, di una classe di dirigenti senza classe (Petrucci, Abete, Carraro, Beretta: si salvi chi può), oltre alla bulimia che spinse Silvio Berlusconi a invadere il calcio e trasformarlo in un prodotto funzionale alle sue tele-ambizioni.

Nei bordelli di Las Vegas sono le prostitute che dettano il prezzo. Nei lupanari del pallone, sono i clienti, sono le tv: Sky, Mediaset. Volete una montagna di euro? Bene, fatemi questo, e soprattutto fatemelo a quest’ora. Ci siamo capiti.

Scrivo da anni che la serie A è obesa e che, con il Cavaliere in regia, i salotti sono diventati stadi e gli stadi non sono diventati salotti, tranne uno. Prendete, inoltre, il fatturato 2010 delle tre Grandi: i diritti tv incidevano per il 60% nel Milan, per il 62% nell’Inter e per il 65% nella Juventus. Paragoniamoli con le Grandissime d’Europa: Real Madrid 36%, Barcellona 44%, Manchester United 37%, Arsenal 38%, Chelsea 41%, Liverpool 43%, Bayern Monaco 26% (dati ricavati da «Vincere con il fair play finanziario» di Paolo Ciabattini).

Da noi, la prostituzione non è solo intellettuale (Mourinho dixit), ma soprattutto televisiva: sia in regime di vendita individuale, come in passato, sia in ambito collettivo, come adesso. I calendari sono saturi: Francia, Inghilterra, Italia e Spagna hanno venti squadre, la Germania diciotto.

Su un totale di oltre sette miliardi di diritti televisivi, non un euro – negli ultimi dodici anni – è stato dedicato agli stadi. Non uno. Soltanto la Juventus si è costruita il suo. Anche gli inglesi copulano di sera con Murdoch, ma volete mettere la qualità dei loro talami? Nessuno vuole rinunciare a nulla: nemmeno i giocatori, golosissimi. Metà schermo metà scherno: ecco l’Italia.