Punto di vista

Roberto Beccantini19 May 2025

Eccomi, gentili pazienti: una domenica così, con tutti contro tutti all’ora di cena, mi mancava. Da quando, ragazzo, andavo allo stadio di Bologna, la pupilla fissa al campo e l’orecchio prigioniero del transistor e del suo gracchiare. In condizioni normali si sarebbe parlato e scritto «solo» dello spalla-a-spalla tra Nico e Solet in Juventus-Udinese. Invece no. Campa cavillo. Il 2-2 di Inter-Lazio e lo 0-0 di Parma-Napoli hanno in pratica consegnato lo scudetto a Conte Dracula. Un punto a una virgola dalla fine. Figuriamoci.

Ho sorriso nel leggere, in assenza di «lei» a rompere le scatole, la baruffette tra parte-nopei e parte-interisti, «sì, c’era fallo a monte dell’agguato a Neres, ma quanti ne hanno dati, di penalty così?»; «il braccio di Bisseck? Al Var, con Di Paolo, c’era Guida, quello che “Non fatemi arbitrare il Napoli perché ho tre figli e voglio poter fare la spesa”». E i giornali. Uhm. Tornando alla pugna di San Siro. Per il Corriere dello Sport-Stadio, «rigore netto»; per la Gazzetta, «restano dubbi». [E riesumando per un attimo il cozzo Nico-Solet: per il Corsport, «più fallo che no»; per Tuttosport, a firma Calvarese, «niente fallo». Aléoooooooh].

Che notte, quella notte. Il rosso a Gimenez, in Roma-Milan, per un gomito simil Beukema (nulla) e simil Kalulu (fuori). Il 18 gennaio 2022 scrivevo che la «mano-grafia di Matthijs De Ligt non è un elenco, è una storia». I mani-comi li aveva aperti Rizzoli nella stagione 2019-2020. Non sono mai stati ri-chiusi del tutto, per tutti e da tutti. Si vive di volume e alla giornata, con l’assistenza del video in balia dei loggioni e delle edicole.

Inzaghino e Baroni, Chivu e Conte: todos espulsi. L’adrenalina, la cazzimma, la voglia di. A naso, non immagino mozioni parlamentari né esami del Dna alla Garlasco. Come sarebbe andata, nel Novecento, senza i tele-cerotti dell’Intelligenza artificiosa? Boh. Come ha scritto Aldo Busi, «Non si mettono le mutande alla parole». E allora, qua la mano (uffa).

Coppa Italia(no)

Roberto Beccantini14 May 2025

Quando decide il migliore, poco da dire. E se risolve addirittura una finale di coppa, molto da celebrare. Il gol di Dan Ndoye – di destro, dal cuore dell’area, lui che è un’ala, su auto-assist di Theo, disturbato da Orsolini – ha premiato il Bologna e bocciato il Milan. Non è stata, sotto il ciuffo di Sinner, una notte di smorzate e slice, di pallonetti e volée. Anzi.

Veniva, Italiano, da tre finali perse, tutte con la Viola (2 di Conference, 1 di Coppa Italia). Passava per un perdente di successo, l’etichetta che piace ai critici di insuccesso. Ereditò da Thiago una squadra da Champions, ma non la stessa rosa, viste le partenze di Calafiori e Zirkzee. In estate si smoccolava. Oggi si canta «Bologna campione» di Dino Sarti e si pensa ai «bei passeroni» ai quali Civ avrebbe dedicato un epinicio dei suoi.

Il problema del Milan era l’aggressività dei rivali. Il problema del Bologna, la difesa dalle punture di Leao. Ha vinto il pressing di Freuler e c. Il cuore ha domato il censo. Un riflesso di Maignan su Castro, un doppio Skorupski su Beukema (!) e Jovic, un equilibrio ispido, fra botte (molte) e botti (rari). La mossa Jovic pagò con l’Inter, non stavolta. Supplente da gennaio, Conceiçao resta così abbarbicato alla Supercoppa di Riad. Temo che non basterà.

Che delusione, i tenori: da Rijnders a Pulisic, da Theo a Leao, piano piano scomparso dai radar (un classico, là dove infuria la tempesta). Un disastro, Joao Felix. Nulli, gli spiccioli di Gimenez, Abraham e Chukwueze. Ha chiuso, Italiano, togliendo l’Orso grigio e piazzando, a destra, Casale e Calabria. Mica fesso. Roma, città santa: il 7 giugno 1964, lo scudetto a spese dell’Inter. Il 14 maggio 2025, la Coppa Italia strappata al Milan, la terza della saga dopo quelle del 1974 (all’Olimpico, sempre) e del 1970. Complimenti ai cuochi. E cameriere, turtlein.

Pressing alto? No: alta pressione

Roberto Beccantini11 May 2025

Alta pressione. Come spiegare, altrimenti, Napoli-Genoa 2-2? Mancano due turni e resta un punto, uno solo. Strano, molto strano, quello che succede al Maradona. McTominay pennella per Lukaku, ma poi traversa di Pinamonti e auto-frittata di Meret su zuccata di Ahanor. Conte (ri)perde subito Lobotka; il Grifo, decimato, graffia. Alla distanza Scott machine arma pure il sinistro di Raspadori (di cui raccomando lo stop a seguire, di destro). Sembra fatta, Siegrist para tutto finché «Andonio» non toglie il fioretto di Raspa per la ciccia e le ante di Billing. Proprio costui perderà Vasquez in area, su un cross, per il bis di testa, e nel finale, sempre di cabeza, sfiorerà l’apoteosi. Senza dimenticare l’ingresso di Venturino (classe 2006), pupillo di Vieira: polvere da sparo, non banalmente polvere.

La mira in alcuni casi, la brillantezza in altri, i disagi di Olivera centrale: i dettagli pesano. Sorprende, se mai, la doppia rimonta subita. Sindrome da braccino corto? Veniva da quattro successi, Conte: ha esaurito i bonus. Avanti con Parma-Napoli e Inter-Lazio: l’abito farà il Monaco, non adesso.

** Torino-Inter 0-2. Sotto un diluvio da arca di Noè, le scorte di Inzaghino bastano e avanzano. Un bel destro a giro di Zalewski (19° uomo a segno) nel primo tempo; un rigore di Asllani, procurato da Taremi, nel secondo. Per provarci, i granata ci hanno provato, ma i confini erano netti, come certificano le occasioni e le parate di Milinkovic-Savic, anche se la più bella, di puro istinto, l’ha effettuata Martinez su capocciata in tuffo di Adams. Annullato agli sgoccioli, per spintarella ad Asllani, un bel gol, in acrobazia, di Masina. Era il 92’. Però.

** Il Clasico. Riepilogando: 4-0 al Bernabeu, 5-2 in Supercoppa a Gedda, 3-2 dts (da 1-2) a Siviglia per la Coppa del Re, 4-3 al Montjuïc (da 0-2). Barcellona-Real rimane un vulcano.
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