Luna park Europa

Roberto Beccantini2 ottobre 2018

Era la prima senza Cristiano (e senza Marotta: grazie di tutto). Una passeggiata di salute, con l’Omarino sul podio. Quando il gatto non c’è, i topi ballano. E Dybala, là davanti, ha ballato e fatto ballare: tre gol (bellissimo il primo: sinistro al volo su lancio di Bonucci)), un palo, tocchi felpati, rammendi da premiata sartoria. Lo Young Boys ne aveva presi tre, in casa, anche dal Manchester United di Mourinho, uno United non proprio al massimo. Piano, quindi, con lo champagne e le tartine d’incenso.

Il problema di Allegri, ammesso che tale sia, riguarda l’impiego contemporaneo di Cristiano e Dybala. Finora, non è che la separazione dei pani e dei pesci sia stata poi così avara, così spericolata: nove partite, nove vittorie. Si tratta di raffinare l’intesa: labile a Frosinone, ma già meno episodica con Bologna e Napoli.

Mandzukic si è preso un turno di riposo (ne aveva facoltà), mentre Cuadrado attraversa il classico periodo in cui tutto, per il suo destro, diventa la cruna di un ago. Bernardeschi, lui, ha ribadito la vena dei giovani Holden che, al momento del dunque, si lasciano ingolosire dalla porta invece di farsi incuriosire dal compare meglio piazzato. I Boys, fra parentesi, avevano un portiere che non ne teneva una.

La Roma, da parte sua, ha disposto brillantemente del Viktoria Plzen. Il «disgustato» inviato urbi et orbi da Pallotta dopo le nefandezze di Bologna è stato seppellito sotto il 4-0 al Frosinone, il 3-1 nel derby e il 5-0 ai modesti cechi. Come Dybala allo Stadium, tripletta di uno straripante Dzeko. Non timbrava da Torino. Dopodiché: giro-palla verticale e vorticoso, traversa e rete di Under, tapin di Kluivert, grappoli di occasioni e un Pellegrini più testa che tacco, pedina cruciale nella lavagna di Di Francesco.

Cristiano, ma che strano…

Roberto Beccantini3 aprile 2018

C’è un Cristiano che non porge mai l’altra guancia. Gioca nel Real e segna sempre alla Juventus, già nove gol in sei partite. Due stasera: il primo dopo tre minuti, non facile per tutti tranne che per lui, ha indirizzato l’ordalia. Il secondo, in acrobazia, difficile per tutti tranne che per lui, l’ha chiusa. Tutti in piedi, allo Stadium: e un applauso che non finiva più.

Ci mancava solo il rosso a Dybala, un Dybala che, come Higuain, appena l’asticella sale, scende. Non sempre (Barcellona, Tottenham): spesso. In pratica, la Champions della Juventus finisce qui, nei quarti. Troppa differenza: soprattutto a metà campo. Isco, Modric, Casemiro e Kroos contro Bentancur e Khedira (tra i meno peggio) più un’ala che doveva fare il terzino (Douglas Costa) e un terzino che doveva fare l’ala (Alex Sandro). Con Benatia e Pjanic squalificati, nei panni di Allegri avrei battezzato un 4-3-2-1 meno vago (forse), ma dal divano è facile sputare sentenze. Mica devo confrontarmi con Cristiano, io: al massimo, devo dargli il voto. Nove.

C’è poi il discorso delle troppe coccole del campionato, coccole che, al di là dei meriti, trasformano un fortino inespugnabile (16 gol in 30 partite) in un reparto alla portata di troppi (11 gol in 9 gare). La Juventus, «questa» Juventus, ha dato tutto quello che poteva. Ha sfiorato l’1-1 con Higuain (gran parata di Navas), ha giochicchiato, cercando di andare oltre gli errori di Chiellini e gli anni di Buffon e Barzagli. Avrebbe potuto umiliarla, il Real di Zidane, come documentano le traverse di Kroos e Kovacic e, giusto agli sgoccioli, ebbene sì, una licenza poetica di CR7 in persona.

Sei scudetti, forse sette, ma da Cardiff allo Stadium non è cambiato nulla: 1-4, 0-3, crollo alla distanza e poker di Cristiano, con Messi l’unico extraterrestre di questo millennio.

Una domanda su Cristiano

Roberto Beccantini6 marzo 2018

Non che il gol di testa al Paris Saint-Germain cambi molto, ma volevo chiedervi: per voi Cristiano Ronaldo è un extraterrestre come Leo Messi o il primo dei terrestri? Lasciamo perdere il paradosso secondo il quale nella Juventus farebbe, o avrebbe fatto, la riserva di Gonzalo Higuain. Torniamo al nocciolo: è un extraterrestre o no?

Per me sì. Anche se tra i due preferisco la Pulce. Cristiano ha 33 anni e, a proposito di paradossi (ma non tanto), potrebbe tranquillamente giocare «con» Leo. L’argentino, a 30 anni, è un «dieci» di fantasia e di genio, il portoghese un’ala che, di gol in gol e di stacco in tacco, ha assunto le funzioni – e, spesso – il ruolo – del centravanti. Insomma: da CR7 a CR9.

Se devo trovare differenze al netto delle peculiarità fisiche – l’uno, LeBron James; l’altro Stephen Curry – le trovo nel fatto che Cristiano fabbrica emozioni attraverso i gol, mentre Leo produce gol attraverso le emozioni. Non è poco, non è tutto.

Altra cosa: «declassando» Cristiano, si finisce per togliere qualcosa allo stesso Messi. Penso, viceversa, che proprio vicinanze così raffinate e fuori del comune abbiano spinto entrambi a superarsi. Perché sì, sono i grandi avversari a fare grandi i giocatori, le squadre, le conquiste.

La vostra opinione?

Dimenticavo un dettaglio. La panchina del Real a Parigi: Toni Kroos, Luka Modric, Gareth Bale, Isco. Parafrasando Raymond Carver, uno dei mei autori preferiti: di cosa parliamo quando parliamo di calcio.