Come ai vecchi tempi

Roberto Beccantini6 gennaio 2018

Come ai vecchi tempi, quando le moviole si buttavano sugli episodi e li straziavano. Al San Paolo, Verona furibondo per il gol «con aiutino» di Koulibaly. Alla Sardegna Arena, Cagliari imbestialito per la gomitata di Benatia a Pavoletti a monte del gol di Bernardeschi (Calvarese, pessimo, aveva assegnato la norma del vantaggio e nessuno si era fermato, nemmeno Sau) e per un braccio randagio dello stesso Bernardeschi (vedi alla voce «petto» di Mertens a Crotone).

Il Cagliari di Lopez avrebbe meritato almeno il pari. La partita, molto fisica, si allungava da una metà campo all’altra, scolpita dai corpo a corpo tra Romagna e Matuidi. Sembrava tutto facile. La traversa di Dybala su punizione, il palo di Bernardeschi. La Juventus di Bologna, più o meno. Solo che il Cagliari non era il Bologna, «quel» Bologna. Recuperava terreno, prendeva coraggio, Pavoletti e Farias costringevano Szczesny a un paio di miracoli (sul secondo, complice il palo). La regia di Cigarini, gli arrembaggi di Barella e Ionita spremevano i campioni.

Non calava, il Cagliari. Fletteva, viceversa, Madama. Gli infortuni di Dybala e Khedira portavano a un ribaltone tattico. L’intreccio si consegnava, spasmodico, alla lotteria degli episodi, che Allegri si aggiudicava con i «biglietti» di Douglas Costa (suo l’assist del gol) e Mandzukic.

Resta la polvere da sparo di un risultato che, «ignorato» dalla Var, ha moltiplicato la voglia di Var. Il mani-comio è uno dei nervi più scoperti. Il Cagliari era già rimasto scottato a Roma, dal gol di Fazio, tradotto e confermato al video da Damato. Zenga, da Crotone, si era scagliato contro l’enormità dei pettorali di Mertens. Riecco, improvvisa, la sudditanza psicologica. Ne avevano certificato la scomparsa per consunzione. E invece no, è sempre lì a portata di mano (naturalmente).

Gran «Riserva»

Roberto Beccantini30 dicembre 2017

Questa volta Allegri non l’avevo proprio capito. Perché togliere un centrocampista dopo il primo tempo? Non che la Juventus avesse incantato, ma il gol di Matuidi e un paio di parate di Nicolas su Higuain tuttocampista in versione Argentina avevano giustificato uno scarto ben oltre l’1-0.

Per sorreggere Lichtsteiner, in difficoltà su Verde anche per l’assenza di «un» Cuadrado e gli sbadigli di un Dybala minimalista, ha licenziato un mediano Bentancur, sgonfio come Mandzukic, e inserito un’ala (Bernardeschi). Il Verona di Pecchia, fin lì docile ostaggio, non si è dato per vinto e, con uno splendido fulmine di Caceres, uno degli ex, ha incenerito Szczesny. L’azione l’aveva avviata uno dei tanti errori che Madama stava commettendo per delirio di onnipotenza. Proprio Matuidi, che pure era stato tra i più generosi.

Ecco. Molti di voi saranno riandati al finale di Carpi-Juventus, nel campionato della Rimonta. O al liscio di Benatia che, sabato scorso, aveva costretto il polacco a un mezzo miracolo su Schick.

Sono momenti. Per carità, nessuno è perfetto: nemmeno il vostro pigafetta; e persino Dybala. Riserva con Inter e Roma, titolare con il Genoa di coppa e al Bentegodi. Per svariare, svariava. E per passare, passava: tanto da sembrare il Passator cortese di pascoliana memoria. I rivali lo aspettavano al varco. E lui, mani e dribbling in alto, si consegnava.

Fino a quando, su servizio feroce di Lichtsteiner e in capo a uno slalom vecchia maniera, tra «paletti» storditi, non ne ha infilati un paio. Entrambi di destro. Gioco, partita, incontro. E così il trasloco dal 4-3-3 al 4-2-3-1 verrà celebrato come la grande scossa.

Napoli 48, Juventus 47. Sarà duello, come scritto in tempi non sospetti. Almeno questo. Buon anno!

Solita e solida

Roberto Beccantini24 dicembre 2017

Un Natale a corto di fantasia riconsegna al campionato la solita e solida Juventus, ammesso che per certificarlo ci fosse bisogno di scomodare il Babbo più amato. Era nell’aria. Già nello 0-0 con l’Inter c’erano state avvisaglie concrete. La Roma, per la cronaca, non è piaciuta a Nainggolan, un guerriero che avrebbe voluto accerchiare la Juventus dall’inizio, e non solo dopo un’ora e, soprattutto, dopo un paio di lisci che fanno notizia ma, fin lì, non avevano fatto partita.

Gol di Benatia, due grandi parate di Szczesny, errore grave di Schick (su liscio di Benatia): tutti ex, – chi della Roma, chi per pochi giorni della Juventus – tutti a loro modo decisivi. Perché sì, gli episodi rischiano di annacquare le geometrie di Pjanic e l’aggressività dell’impatto. Errore per errore, quelli di Higuain hanno negato il raddoppio. E comunque, sempre meglio il Pipita tuttocampista di uno Dzeko minimalista.

Viviamo un calcio strano, da Zidane che piazza Kovacic su Messi ad Allegri che per la terza volta consecutiva, in campionato, esclude Dybala. Il Real ha perso, la Juventus ha vinto. Il Barça non è la Roma: che discorsi. Mi divertiva la «consecutio» dei paragoni, delle mosse.

Barzagli terzino destro sta ad Allegri, ormai, come il lancio del riso agli sposi. Intanto, otto partite senza gol al passivo (coppe incluse). E la conferma che il centrocampo a tre sembra proprio la chiave di volta, tipo il 4-2-3-1 che, dopo Firenze, portò dritto al sesto scudetto. Capisco la cotta per Mandzukic, capisco meno il caso Dybala, anche se in dodici non si può giocare. Felicissimo di non essere nei panni del mister. Che tira dritto, è sempre a un punto dal Napoli e, stuzzicato da Capello su Dybala, risponde con Del Piero. A proposito di gestioni travagliate. «Chi controlla il passato, controlla il futuro», scriveva Orwell. Non solo quello, per la verità, ma siamo a Natale, basta così. Auguri a todos.